La sanità emiliano-romagnola è in crisi profonda. Purtroppo. E Carradori, de Pascale, Donini ed Errani ci raccontano che tutti i problemi vengono dall’autonomia differenziata che l’attuale Governo vorrebbe introdurre. È successo sabato scorso ad un convegno organizzato a Ravenna. La crisi è autentica ma la storiella che provano a propinarci fa acqua da tutte le parti. Vediamo perché.
Per sgombrare il campo da ogni dubbio diciamo subito che Ravenna in Comune è contraria all’autonomia differenziata. Non da oggi. Abbiamo aderito fin dal suo sorgere al Comitato emiliano-romagnolo contro l’autonomia differenziata. Parliamo di comitato regionale perché il PD, per bocca di Bonaccini e sorretto proprio dagli alti papaveri che sabato hanno raccontato di essere contrari, ha messo l’Emilia Romagna in lista per ottenerla. Esattamente come ha fatto il Veneto e la Lombardia. E questo sulla base di una modifica costituzionale appositamente realizzata per questo scopo, messa in moto durante il I Governo D’Alema ed entrata in vigore più di 20 anni fa. Una modifica profondamente sbagliata proprio per la frammentazione che ha creato nel Paese indipendentemente dall’attuazione dell’autonomia differenziata.
Detto questo, ad oggi, l’autonomia differenziata prevista dall’articolo 116 della Costituzione non c’è. Se vengono ridotte le automediche nella nostra Ausl l’autonomia differenziata non c’entra. Né è responsabile dello sfacelo del nostro Pronto Soccorso. E nemmeno del fatto che 4 posti letto su 10 nella nostra provincia non siano più forniti dal servizio pubblico. Né la si può usare come capro espiatorio per le lunghe liste di attesa in visite ed esami. E nemmeno per i disservizi causati da quel mostro burocratico costituito dall’Auslona Romagna. Neanche per la chiusura di ginecologia come reparto autonomo a Ravenna, per la chiusura dell’unità di terapia intensiva coronarica a Faenza e per quella del punto nascita a Lugo. Eccetera eccetera.
La sanità pubblica in Emilia Romagna e a Ravenna, un tempo di eccellenza, è stata messa in crisi da gente come quella intervenuta al convegno di sabato scorso. Da de Pascale che sostiene convintamente la sanità privata a scapito di quella pubblica. Da Errani, papà di quella mostruosità chiamata Ausl Romagna. Da Donini che regge le sorti della sanità regionale e a cui è rimasto il cerino acceso in mano dopo essersi reso conto che si rischia il commissariamento. Da Carradori, attuale direttore generale dell’Ausl Romagna dopo aver condiviso tutte le scelte demolitorie operate nella sanità regionale negli ultimi trent’anni. E poi naturalmente da Bonaccini che non era al convegno ma che ha sostituito Errani aggravando la situazione fino ad oggi.
Ravenna in Comune denuncia il tentativo del PD e dei suoi notabili (compresi quelli in fase di rientro dopo la farsa di Coraggiosa) di andare in cerca di un capro espiatorio su cui scaricale le proprie colpe. Nella sanità il PD ha le stesse responsabilità e gli stessi obiettivi del Governo: far fare un altro passo in avanti al privato. Eppure, come Ravenna in Comune, lo diciamo da tempo: nella sanità il privato è il problema e non la soluzione. Ma non sarà questa gente a risolverlo, perché è parte del problema.
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L’autonomia differenziata di Calderoli rompe il Servizio Sanitario Nazionale. Coro di no da Donini, Carradori, de Pascale, Errani