HERA FA SOLDI, MA COSA CE NE VIENE IN TASCA?

Salutando l’amministratore delegato di Hera, passato a fare l’AD di SNAM, de Pascale ha ricordato che quella che Venier lascia è «un’azienda che partendo dall’esperienza delle municipalizzate della nostra regione, ha dato vita ad una realtà leader in Italia e assoluta protagonista in Europa nel proprio settore». Per Ravenna in Comune le parole del Sindaco confermano come Hera sia uno dei migliori esempi della politica liberista del PD. Si è eliminata la gestione pubblica a favore di una gestione privata di utenze e servizi. La redditività d’impresa è garantita dal monopolio affidato ad Hera dai Comuni che ne detengono l’azionariato e che, però, hanno progressivamente ridotto il loro controllo sulla multiutility, perdendo la maggioranza. Al 23 marzo scorso i soci pubblici si fermavano al 45,8% delle azioni. Il maggiore azionista, il Comune di Bologna, si ferma sotto al 10%. Ravenna ha devoluto le proprie azioni nella cassaforte di Ravenna Holding che, complessivamente, non arriva al 5% dell’azionariato.

La capacità di condizionare l’operato di Hera da parte dei soci pubblici e dello stesso de Pascale, dunque, è pressoché nulla. Ma la cosa non ha nessuna rilevanza pratica in quanto l’interesse dei soci privati e di quelli pubblici coincide: far utili vendendo servizi all’utenza dei comuni che Hera serve. Che questo possa trovarsi in conflitto con l’esigenza di contenere i costi degli stessi servizi per quelli che, tutto sommato, sono i cittadini dei comuni di riferimento, non sembra aver mai preoccupato in alcun modo i primi cittadini.

Nel comunicato stampa con cui ha annunciato i propri risultati economici per l’anno appena passato, Hera ha detto: «I ricavi 2021 del Gruppo Hera salgono a 10.555,3 milioni di euro, in rialzo del 49,1% rispetto ai 7.079,0 milioni del 2020, in crescita in tutte le aree. In particolare, nei settori energy hanno inciso i maggiori ricavi per le attività di intermediazione, i maggiori volumi venduti di gas e l’aumento dei prezzi delle commodities energetiche, oltre alla crescita dei servizi energia e dei servizi a valore aggiunto per i clienti». Per farla breve, Hera fa i soldi perché i cittadini dei comuni pagano di più per (è sempre Hera a dirlo) «in primis energia, gas e elettrica, e servizi ambientali». Non si tratta di una partita di giro, evidentemente, visto che a godere della cedola di 0,12 euro per azione saranno prevalentemente i privati, come detto.

Se non c’è un ritorno economico, allora, forse i cittadini dalla perdita delle vecchie municipalizzate hanno tratto un vantaggio dal miglioramento dei servizi? Le cronache dei disastri avvenuti, come a San Benedetto del Querceto nel Bolognese, o sfiorati (e qui l’elenco si allunga e si avvicina: da via Sant’Alberto a Via Fiume Abbandonato, a San Bartolo, ecc.) non consente di dirlo per quanto riguarda la distribuzione del gas. Né le lagnanze di questi giorni sul passaggio del porta a porta misto per tentare di abbattere i risultati negativi nella differenziata lasciano speranza sul fronte dei rifiuti. E sul fronte acqua, la mancata pubblicizzazione in spregio al referendum del 2011 parla da sola. A voler tacere delle tubazioni colabrodo.

Le condizioni dei lavoratori, allora? Il sistema degli appalti messo in piedi dalla multiutility di certo non tutela certo i lavoratori delle imprese che lavorano per “la realtà leader in Italia” come l’ha chiamata de Pascale.

Quali sono dunque i vantaggi che effettivamente porta Hera? Ci abbiamo pensato a lungo. Ci sono venute in mente solo le porte girevoli riservate agli uomini del partito del Sindaco. Anche questa volta Ravenna in Comune sarebbe contenta di venire smentita dai fatti o da una circostanziata risposta da parte del Sindaco.

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I conti di Hera fanno ricchi gli azionisti

Fonte: Ravenna24Ore del 25 marzo 2022

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