“Allarme mafie e riciclaggio in Romagna: Ravenna a +64% rispetto al 2020”. Così titola il Corriere Romagna del 7 ottobre. E, inutile dirlo, non è una buona notizia. Ma, purtroppo, non è nemmeno una novità. Si parla del dato numerico relativo alle segnalazioni di riciclaggio in Emilia-Romagna in un confronto tra il primo semestre del 2021 e del 2020. Tra le regioni italiane l’Emilia-Romagna, spiega la Cgil in una sua nota, “si trova al terzo posto sul ‘podio nero’ del numero di segnalazioni fatte nel primo semestre del 2021”, e addirittura “al secondo posto per la percentuale di crescita del riciclaggio segnalato rispetto al primo semestre del 2020”. E poi “le 4.902 segnalazioni partite dalla nostra regione nello scorso semestre, 27 al giorno, vedono alcune province con crescite preoccupanti rispetto allo scorso anno”. In particolare, “Ravenna registra un +64%, Forlì e Reggio Emilia un +53%, Rimini +52%, Parma +37%, Bologna +34%, Ferrara +33%, Piacenza +28% e Modena +25%”. Insomma, la nostra provincia occupa la ben poco invidiabile posizione di testa nella classifica regionale.
Aggiunge la CGIL che: “le ‘forme tecniche’ più diffuse ed utilizzate per il riciclaggio illegale e malavitoso sono bonifici nazionali e transnazionali, operazioni societarie, carte di pagamento e operazioni immobiliari, con però una modalità radicata sullo sfruttamento del lavoro nero ed irregolare, che il report evidenzia con forza, attraverso la costituzione di società fasulle e la compiacenza di consulenti, con versamenti fasulli di contributi pensionistici e sanitari a lavoratori in nero”.
Un anno fa, in un’intervista rilasciata a Ravenna & Dintorni, il nostro consigliere comunale Massimo Manzoli, metteva in guardia sul fatto che “i confini tra cosa sia legalità e illegalità, cosa sia mafia e cosa non lo sia si fanno sempre più labili con le nuove tecnologie. Per esempio, oggi è praticamente impossibile provare l’associazione di stampo mafioso per chi gestisce il gioco d’azzardo online. O per esempio nei casi di caporalato; nel sentire comune si tratta di mafia, ma in realtà non sono quelle le accuse che si possono muovere. Gli stessi reati ambientali, non sono giudicati come reati di mafie, eppure Legambiente parla da tempo di ecomafie”.
Leggiamo sul programma elettorale del vecchio/nuovo Sindaco: “S’intende collaborare con le Associazioni del territorio che si occupano di antimafia, anche per creare un osservatorio contro questo fenomeno che interessa purtroppo anche il territorio ravennate e che la nostra coalizione difenderà con ogni forza e mezzo”.
Come Ravenna in Comune apprezziamo l’intento. D’altra parte, vista la fine fatta dall’Osservatorio per la legalità e la sicurezza del lavoro, un po’ di scetticismo sull’implementazione dello strumento crediamo sia legittimo.
Ci troviamo pertanto del tutto concordi con la conclusione che ne trae la CGIL:
“L’Emilia-Romagna è una realtà economica, produttiva e finanziaria che si sta ancor più inquinando col fare illegale e malavitoso, che allarga gli ingressi mafiosi nella nostra rete aziendale regionale e che impone l’adozione urgente di misure di contrasto e di prevenzione istituzionale e sociale”. Bene anche un osservatorio, dunque, ma una maggiore attenzione alla costruzione dei bandi pubblici, ad esempio, potrebbe forse dare risultati più efficaci. Lo testimoniano le interdittive antimafia che hanno intersecato le vicende del Palazzetto dello sport e degli Uffici Comunali, rallentandone di molto il completamento.
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Allarme mafie e riciclaggio in Romagna: Ravenna a +64% rispetto al 2020