Nel 1913 veniva pubblicato, in inglese, un breve libro su Ravenna: https://archive.org/details/ravenna00ricc . L’autore, Corrado Ricci, in 141 pagine descriveva la storia e presentava i principali monumenti di Ravenna. A quei tempi, l’interesse dei viaggiatori era rappresentato da quel che rendeva uniche le città, ovvero la propria storia. Oggi, il turismo di massa non è composto da storici appassionati ma da visitatori desiderosi di essere introdotti a speciali segreti. Per Ravenna, non solo i significati dei mosaici bizantini quanto gli aspetti genericamente detti come i meno conosciuti della città. L’industria turistica vive così questa contraddizione. Vendere un prodotto standardizzato ad un numero indefinito di persone facendolo credere un’esperienza autentica. Il nostro Comune ha approvato una spesa di 15.860 euro per una tappa del tour “48 ore a …” da parte del partner italiano della Lonely Planet, casa editrice specializzata in guide di viaggio. Cinque persone del team specializzato, produrranno materiali per i social network “con l’obiettivo di ribadirne la bellezza, offrire nuove fonti di ispirazione e incoraggiarne le visite, mostrando sia i luoghi più iconici sia i luoghi meno noti, gli eventi da non perdere.”
Il turismo è un’industria e come tale il prodotto “Ravenna” deve essere promosso presso le agenzie specializzate di settore.
In troppe occasioni capita di ascoltare politici decantare il tal cibo come assoluta eccellenza o la tale azienda come di valore internazionale, il tutto senza che ci siano riscontri imparziali. In questo caso, però, Ravenna rimane una città fuori dall’ordinario. Ad esempio, lo scorso anno è stato pubblicato Ravenna: Capital of Empire, Crucible of Europe
https://www.penguin.co.uk/books/181868/ravenna/9781846144660.html.
L’autrice, l’inglese Judith Herrin, racconta del suo legame con Ravenna. Dopo la guerra, per raccogliere fondi e provvedere al recupero delle distruzioni della guerra, alcune copie dei mosaici ravennati furono inviati all’estero, tra cui l’Inghilterra. La madre dell’autrice ne fu così impressionata che nell’estate 1959 venne con la figlia a visitare la città. A quel tempo, la diciassettenne autrice fu più colpita da un piatto di prosciutto e fichi che non dai mosaici i quali non le furono tuttavia indifferenti.
Questo libro di Judith Herrin è tanto straordinario quanto lo è la nostra città. Altre città italiane potranno comparire nelle guide turistiche e svelare i vicoli stretti dei loro centri storici ma quante altre città italiane possono presentare libri scritti da autori stranieri? Volere promuovere Ravenna come città – ora provinciale – ma con una storia effettivamente fuori dall’ordinario, potrebbe passare proprio da un contributo alla traduzione italiana di libri come questo di Judith Herrin.