Continuiamo a ragionare di impianti suscettibili di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose a Ravenna ai sensi del Decreto Legislativo 26 giugno 2015, n. 105, cosiddetto “Seveso III”.
Divisi per tipologia in provincia abbiamo impianti di: Stoccaggio di combustibili (3), Produzione, stoccaggio e distribuzione di GNL (4, tra cui non figura ancora quello di fronte a Marina di Ravenna con i serbatoi più grandi poiché ancora in costruzione), Pesticidi (5), Fertilizzanti (1), Rifiuti (3), Chimici (10, il gruppo maggiore), Alimentari (5), Raffinerie di idrocarburi (1) ed altri non riassumibili in categorie definite (2). Di questi gli stabilimenti nel Comune sono in tutto 25 di cui solo 2 “sotto soglia” e, salvo qualche rara eccezione, per lo più concentrati tra porto e petrolchimico. I nomi? Da Alma Petroli a Bunge, dalla Cabot al Consorzio Agrario, dall’Eurodocks alle tante società appartenenti al Gruppo ENI o a cui sono state vendute “isole” nel petrolchimico (come Yara, appunto), ma anche Hera, La Petrolifera Italo-Rumena (già ora, in attesa di aggiungere il GNL) e Petra (che poi fa sempre parte del gruppo PIR), ecc.
Tutto questo lo scriviamo per fare dell’allarmismo terroristico? Niente affatto. Per quanto oggi la realizzazione di un mega impianto come il petrolchimico, che comportò la distruzione di un intero ecosistema pinetale, incontrerebbe la nostra ferma opposizione, si tratta di una realtà oramai fortemente radicata nel tessuto economico ravennate. Vorremmo anzi fosse maggiormente considerata dalla maggioranza l’esigenza di lottare contro il progressivo disinvestimento operato da ENI e favorire in tutti i modi la transizione ad una chimica “green”, invece di concentrare tutte le proprie attenzioni sull’off-shore. Mentre la prima, infatti, ha prospettive per un’implementazione, la seconda è destinata a fare la fine dei distretti minerari e andrebbe, quanto prima, incentivata una riconversione.
Scrivevamo già nel 2016: “Ravenna in Comune si impegna dalla parte dei lavoratori per intervenire nelle sedi opportune affinché il Polo chimico venga salvaguardato. Per ottenere questo risultato è necessario rimodernare la produzione facendo quegli investimenti di innovazione da lunghi anni promessi e mai attuati verso la chimica verde e in genere di ultima generazione, in maniera tale da garantire anche una maggiore sostenibilità ambientale della produzione”.
Se ci occupiamo di rischi industriali è però perché deve esserci piena consapevolezza da parte della cittadinanza di tutti gli aspetti che comporta la presenza di un così elevato numero di stabilimenti ad alto rischio tutti concentrati in poco spazio e a breve distanza da luoghi densamente abitati. All’importante ricaduta sul piano economico corrisponde infatti anche una situazione altamente meritevole di attenzione. Dobbiamo rilevare come l’informazione circa i rischi ed i comportamenti da tenersi in caso di emergenza sia del tutto assente a livello di cittadinanza. Così come, nel caso di nuovi insediamenti nell’area del petrolchimico, sia del tutto trascurato a livello di discussione politica il diverso impatto delle scelte di investimento rispetto alla problematica della sicurezza. Lo si è riscontrato, ad esempio, nel recente caso dell’acquisto da parte di Alma Petroli, deposito costiero “sopra soglia”, di un’isola entro il petrolchimico. Ampia informazione è stata fornita nell’occasione sull’ammontare degli investimenti e dei prestiti da parte del settore bancario. Niente, invece, sul fronte dell’incidenza degli sviluppi programmati sull’aspetto dell’incremento (eventuale) di criticità in area “delicata”. Si è letto sulla stampa di incrementare la capacità di stoccaggio di 45.000 mc ma non si è saputo nulla dei prodotti che vi verrebbero stoccati! Tutto questo proprio negli stessi giorni dell’esplosione di Beirut.
Emblematica infatti è proprio l’assenza di qualunque comunicazione istituzionale per dare rassicurazioni informate alla cittadinanza a seguito della vicenda di Beirut. Sarebbe servito, ad esempio, che il Sindaco precisasse che la rischiosità di Yara e la tutela della sicurezza dei cittadini non sono lasciati alla sola iniziativa del privato. Sapere dal Sindaco che esistono piani redatti dall’impresa ma vagliati dalle amministrazioni competenti e che queste ultime effettuano ispezioni proprio relativamente al rispetto di detti piani (l’ultima è del 28 febbraio 2019) è importante proprio per garantire che da parte della cittadinanza vi sia affidamento nei confronti dei rappresentanti politici piuttosto che motivata diffidenza.
Se è vero che il rischio zero non esiste è però opportuno sia fare di tutto per arrivare vicino all’obiettivo che consentire alla collettività di sapere quale sviluppo economico si è scelto per il territorio e quali conseguenze, anche a livello di sicurezza, questo implica.
[nell’immagine: la rappresentazione delle aree di rischio nelle procedure di emergenza elaborate dalla Protezione Civile per la zona di Ravenna]
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Alma Petroli acquisisce l’area industriale Isola 21
Fonte: PortoRavennaNews del 4 agosto 2020 Alma Petroli compra 45.000 mc di stoccaggio