Monte Tondo ed il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola. Usciamo dai confini comunali entro cui ci costringe l’attività in Consiglio Comunale, ma la nostra attività politica non può limitarsi alle sole materie di stretta competenza del Consiglio. Come abbiamo più volte dimostrato nella nostra breve vita di lista di cittadinanza. Dunque, tornando al punto, il Parco tutela e promuove un’area di grande valore, che spicca tra le eccellenze dell’Appennino settentrionale e, in generale, delle montagne italiane, come raro esempio di catena montuosa costituita esclusivamente di cristalli di gesso selenitico. L’area protetta si estende dalla vallata del Fiume Lamone a quella del Torrente Sillaro e interessa il territorio di sei comuni: Brisighella, Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Casola Valsenio, Fontanelice, Riolo Terme. Attraversa due province, Bologna e Ravenna.
Ma… c’è un ma. Nella Vena del Gesso opera la Saint-Gobain, una multinazionale che ha uno dei suoi principali siti produttivi italiani a Casola Valsenio. La società è entrata nella classifica “Derwent Top 100 Global Innovators” per il 2020 ed è la nona volta consecutiva. La classifica è costruita in base ai brevetti depositati e il gruppo ne registra più di 400 ogni anno. I giornali subito hanno titolato «Un’azienda ravennate tra le 100 imprese più innovative al mondo». La stessa Saint-Gobain si autodefinisce così: «impresa leader nell’edilizia sostenibile e nei materiali e soluzioni pensati per il benessere di ciascuno ed il futuro di tutti».
La Saint-Gobain è a Casola Valsenio perché si nutre del gesso della Vena. Lo fa dal 1958. È la più grande cava di gesso dell’intero continente. E ora si è arrivati ad un punto di rottura. La multinazionale chiede di ampliare la cava. Già ora non si sa quando scadrà la concessione. Il limite è nel quantitativo massimo di materiale estraibile, stabilito da ultimo nel 2000 in 4,5 milioni di metri cubi di gesso. La Federazione regionale speleologica, per bocca del suo Presidente (Massimo Ercolani, già Segretario della FILT-CGIL di Ravenna), ha manifestato la sua ferma opposizione in un incontro pubblico a Faenza giovedì scorso. Un ampliamento di una cava, che già si è mangiata gran parte del Monte Tondo costruendo 20 chilometri di gallerie camionabili a fronte di 10 chilometri di grotte naturali, significherebbe la fine di uno dei siti già candidato a Patrimonio Unesco dell’Umanità. Al ritmo attuale, anche senza ulteriori ampliamenti della concessione, la cava funzionerebbe per altri 10/15 anni. Dice Ercolani: «Ci sono insomma i tempi per programmare un futuro occupazionale per la decina di operai cavatori e un piano industriale per lo stabilimento di Casola Valsenio, che impiega circa 80 lavoratori. È quello che la politica avrebbe dovuto fare in questi vent’anni, e che non è stato fatto. Per questo è inammissibile che si proponga l’ampliamento».
La Saint Gobain non è così “sostenibile” come dice di sé stessa, né così diversa dal capitalismo d’assalto di cui è una delle più vecchie rappresentanti (in Francia nasce nel 1665, in Italia arriva nel 1889). L’ambiente è una risorsa da utilizzare fino all’ultimo o comunque finché conviene. A Montenero di Bisaccia si è appena vista sequestrare una cava di gesso e 100.000 metri cubi di terre e rocce di estrazione per irregolarità nella gestione. Aveva riaperto la cava dopo averla chiusa nel 2014. Da noi la cava non è stata chiusa ma aveva progressivamente rallentato il ritmo: “ragioni di mercato” non di tutela ambientale.
Monte Tondo, con le sue grotte, non deve essere distrutto. Non deve essere consentito l’ampliamento e deve subito essere fissata una data definitiva come termine ultimo dei lavori di estrazione per consentire di programmare la riconversione dell’azienda. È una multinazionale che si occupa di tante cose: non sarebbe certo difficile con un’azione politica seria. Siamo assolutamente solidali con la richiesta della Federazione regionale speleologica che facciamo nostra. Promette Ercolani che «la Federazione intende portarla avanti su tutti i tavoli possibili: in Regione, Provincia, Comuni, Soprintendenza, Arpae, Ente parco». E allora come Ravenna in Comune, per quanto residui nella competenza della Provincia, esigiamo un intervento in tal senso dal Sindaco di Ravenna, che della Provincia è Presidente. Se significa qualcosa quel “cambio di passo” che il Sindaco ha più volte evocato parlando di sostenibilità ambientale, la salvaguardia di Monte Tondo è un passaggio ineludibile.
[La foto da “La cava nei gessi di Monte Tondo ovvero documenti e immagini di una montagna che non c’è più”, luglio 2020 a cura della Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna]
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Gli speleologi regionali lanciano l’allarme per la cava di Monte Tondo
Fonte: TR24 del 13 luglio 2020 La federazione degli speleologi contro la Saint Gobain