RAVENNA CITTA’ FOSSILE

Ravenna, dopo 8 anni e mezzo di “cura” de Pascale è una città fossile. In tutti i sensi, verrebbe da dire, ma qui privilegiamo quello energetico. La Ravenna a trazione piddina ha sviluppato un solidissimo rapporto di sudditanza rispetto ad ENI, come noto. E come altrettanto noto questo comporta premere l’acceleratore su tutto quanto fa guadagnare la multinazionale del cane a sei zampe e tenere il freno a mano tirato su tutto quanto il gruppo guidato da Descalzi giudica controproducente per i suoi affari. Parlando chiaro, ENI fa soldi estraendo e rivendendo i prodotti della filiera fossile. Le energie rinnovabili, quelle su cui si dovrebbe convertire la produzione per azzerare le emissioni di gas climalteranti, invece, sono al più uno specchietto per gli allocchi nella propaganda targata Metanopoli.

Le conseguenze sono rese assolutamente evidenti nell’ultima classifica sulla qualità della vita pubblicata da Il Sole 24 Ore. Non ci curiamo della posizione raggiunta in classifica da Ravenna nella presunzione di individuare la qualità della vita degli abitanti di una città attraverso un mix opinabile di piazzamenti in categorie frutto di una precisa scelta politica del giornale. Poco importa, a questo riguardo, che quest’anno Ravenna sia 27esima come lo era stata nel 2021, dopo aver perso posizioni sia lo scorso anno (34esima) che quello prima (30esima), ma nel 2020 era molto meglio di adesso (22esima) e nel 2019 molto peggio (39esima), ricordando che nel lontano 2018 era quasi in top ten (11esima), eccetera eccetera. Fa testo invece per qualificare Ravenna capitale fossile quanto risulta dalla specifica graduatoria delle città che possono vantare la maggior produzione energia elettrica da fonti rinnovabili misurata in base all’incidenza dell’energia ricavata da eolico, fotovoltaico, geotermico e idrico, in % su produzione lorda (Elab. Tagliacarne su dati Gse, 2023). I numeri, in questo caso non sono opinabili ma pesano come macigni: Ravenna si colloca 103esima in una classifica che ha solo 4 città italiane messe peggio.

Certo, non si può essere una città rinnovabile ed al contempo la meta di arrivo di una delle navi rigassificatrici acquistate approfittando del delirio russofobo; così come è agli antipodi la scelta di farne la più grande discarica al mondo di CO2; o l’attraversamento sotterraneo da parte di una pervasiva rete di trasporto del gas; o le trivellazioni sotto costa tipo l’Angela Angelina; o i 6 impianti tipo Calenzano a grandissimo rischio di incidente collocati in porto, ecc. ecc. E magari fosse solo una questione di classifiche…

Il prezzo da pagare lo si vede nella qualità dell’aria, ovvero nell’irrespirabilità certificata quanto meno dal PM10 registrato (poiché gli altri inquinanti non vengono ricercati dalle centraline ARPAE): se la centralina di via Zalamella ha raggiunto il massimo degli sforamenti, quella del porto (San Vitale) li ha visti quasi raddoppiare! Le cause principali sono tutte riconducibili alla combustione del fossile: motori o riscaldamento poco cambia. I dati aggiornati al 2021 delle cause di morte nel nostro territorio certificavano in 421 i decessi dovuti alle malattie del sistema respiratorio in un solo anno. A cui si dovevano aggiungere le 297 morti nello stesso anno per tumore a faringe e laringe, trachea, bronchi e polmoni. 

Poi ci sono i rischi potenziali dovuti ad incidenti di tipo Calenzano e alle morti che si porterebbero dietro. E se a Calenzano sono morte 5 persone, per Ravenna si potrebbe realizzare il ben più terribile scenario previsto da Piero Angela per la «miscela gassosa, invisibile e inodore, che investisse la città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo».

Non meno importanti sono le altre conseguenze che si ripercuotono sul territorio. Da quelle ambientali, a quelle dell’economia della pesca e del turismo e del porto che conseguono all’entrata in funzione del rigassificatore. Da quelle di subsidenza e inquinamento conseguenti alle trivellazioni. Dal consumo di suolo alle fughe di gas che caratterizzano le reti dei gasdotti. Eccetera.

E poi, non meno importanti, ci sono le conseguenze che vanno oltre Ravenna ma che, ovviamente, anche Ravenna colpiscono. Ossia le conseguenze derivanti dalla crisi climatica indotta dall’impiego delle fonti fossili come principale fonte energetica a livello planetario.

Tutto questo si condensa nel semplice fatto di essere uno dei territori meno rinnovabili d’Italia nonostante la crescita registrata lo scorso anno. Una crescita, evidentemente, che ha dentro di sé più una mano di greenwashing all’autentica vocazione fossile della città rispetto ad una sua effettiva consistenza: anni e anni di “cura” fossile non si ribaltano in una stagione, evidentemente. Come Ravenna in Comune ne faremo un tema della prossima campagna elettorale in continuità con la lotta da noi intrapresa dal 2015 in avanti per una reale transizione energetica.

[nell’immagine: classifica Il Sole24Ore “qualità della vita” – Ravenna nella graduatoria delle fonti rinnovabili]

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Ravenna resta una città per bambini e giovani (e anche anziani), ma poco sicura: la classifica sulla Qualità della vita

Fonte: Ravenna Today del 16 dicembre 2024

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