Ieri, venerdì, c’è stato lo sciopero generale proclamato dal Sindacato di Base USB. Il Ministro dei Trasporti aveva deciso di limitare il diritto di sciopero nel settore dei trasporti perché superato dal diritto al Natale. Non è una battuta infelice la nostra ma l’esplicito diktat del Ministro Salvini: «Siamo a 10 giorni da Natale e c’è anche il diritto al lavoro, alla salute e alla mobilità e quindi ho firmato personalmente per ridurre a 4 ore e non a 24 la fermata sui trasporti. Il diritto allo sciopero è di tutti, è in Costituzione, ma sarà opportuno rivedere la normativa. Lo porterò sul tavolo della maggioranza ma nello stesso interesse dei lavoratori e dei sindacati. Se devi fare uno sciopero al giorno, perché da che si è insediato questo governo siamo arrivati a mille scioperi, vuol dire che lo stesso strumento dello sciopero non funziona più». La provocazione è stata respinta al mittente.
Lo sciopero è uno strumento di lotta. Viene dichiarato dalla parte dei lavoratori (non c’è un corrispondente diritto di serrata) in quanto modalità costituzionalmente legittima di attuare il conflitto con il padrone, pubblico o privato che sia. Il TAR ha bocciato Salvini e promosso il Sindacato: «I richiamati disagi discendenti dallo sciopero appaiono riconducibili all’effetto fisiologico proprio di tale forma di astensione dal lavoro, né emergono le motivazioni in base alle quali i disagi eccederebbero tale carattere, tenuto conto della vincolante presenza di fasce orarie di garanzia di pieno servizio».
Alla fine della giornata USB ha tratto le conclusioni: «è nei trasporti che si sono registrate le adesioni più alte allo sciopero generale di venerdì 13 dicembre. Del resto era stato proprio Salvini a pronosticare questo esito quando, nella sua ordinanza successivamente annullata dal TAR, aveva affermato che “si prevede che la partecipazione allo sciopero generale sarà particolarmente consistente”, inserendo questa tra le motivazioni che secondo lui avrebbero giustificato la precettazione.
Il traffico ferroviario è risultato praticamente paralizzato in tutta la penisola con significative adesioni allo sciopero anche in Sicilia. Il trasporto locale ha visto fermarsi metropolitane e autobus di linea in tutte le principali città, con adesioni in alcuni casi quasi bulgare. E poi c’è stata una partecipazione diffusa, anche se certamente con percentuali minori in molti settori, a cominciare dalla grande industria (ILVA, Piaggio, Sevel, GD, Caterpillar, Marcegaglia, Toyota, ecc.), dalla logistica (in particolare nelle filiere nazionali di GLS, SDA e BRT), dai porti, per arrivare ai settori tradizionalmente più deboli come il commercio o le cooperative sociali.
In piazza, sia a Milano che a Roma, c’erano poi i lavoratori del settore pubblico assieme agli studenti e a una folta rappresentanza del mondo migrante, che sta soffrendo un surplus di politiche discriminatorie da parte di questo governo, che si va a sommare all’impoverimento generale che stiamo soffrendo tutti. E poi c’era il movimento di lotta per la casa che denuncia non solo l’attacco al diritto all’abitare ma anche gli effetti che si produrranno con il DDL 1660, che mira a criminalizzare i movimenti e introduce aggravi di pena per chi protesta.
Se c’è un dato che emerge dalla giornata di oggi è che USB è riuscita a materializzare un disagio diffuso che si vive nel paese e che si concentra soprattutto attorno al tema dei bassi salari. Rinnovi contrattuali sotto il tasso di inflazione significano un abbassamento del livello di vita, c’è poco da fare. E questa verità oggi è venuta fuori con forza. Migliaia di lavoratori, decine di migliaia di lavoratori, sono riusciti ad affermare questa verità attraverso l’USB che si è fatta megafono di questa esigenza.
Lo slogan “alzare i salari” si è poi accompagnato, come ormai da quasi due anni, con la richiesta di abbassare le armi: il nesso tra impoverimento del paese e corsa agli armamenti comincia a trapelare nella coscienza di tanta gente.
Qualcuno ha voluto utilizzare questo come pretesto per sostenere l’inverosimile e cioè che le manifestazioni e lo sciopero fossero macchiate di antisemitismo. Una sciocchezza priva di fondamento pari a quanto dichiarato da Netanyahu quando ha definito antisemita l’assemblea delle Nazioni Unite.
Ora, dopo questo segnale inequivocabile che nel Paese c’è un diffuso disagio sociale e che c’è un’organizzazione sindacale che pone questioni serie e concrete, ci aspettiamo che dal governo vengano segnali di disponibilità a tenere conto delle ragioni dei lavoratori. A meno di non voler far allargare ulteriormente la protesta».
Proprio oggi, sabato, si svolge a Roma la manifestazione nazionale, dalle 14, in piazzale del Verano, «per protestare contro l’introduzione del nuovo DDL Sicurezza (DDL 1660), che nei sogni del governo Meloni vorrebbe essere una vera e propria camicia di forza per i movimenti sociali. Il decreto prevede norme “cucite su misura” per bloccare e criminalizzare il conflitto sociale, specialmente nelle sue articolazioni che si sono dimostrate ad oggi più coriacee e combattive come i picchetti della logistica, la lotta contro le grandi opere inutili, le proteste ed i blocchi contro il cambiamento climatico e l’investimento nel fossile. A partire da un’analisi del decreto Sicurezza e dalla decisione di opporvisi, dopo una grande assemblea nazionale a Roma, la Rete a Pieno Regime ha costruito un percorso di coordinamento e dialogo tra decine di realtà politiche, sociali e sindacali per riuscire non solo a dare battaglia al governo sul terreno del futuro decreto legge, ma anche per tornare a mettere in rete esperienze diverse per dare forza ai molteplici percorsi di lotta che attraversano l’Italia». Hanno aderito studenti, sindacati, associazioni e reti sociali territoriali.
Ravenna in Comune ringrazia quante e quanti organizzano e partecipano a questi momenti di lotta, protesta e opposizione. Il momento è critico, in Italia e all’estero, ed anche nella periferica Ravenna è indispensabile opporsi a chi, con la scusa di tutelare un presunto “diritto al Natale”, vuole imporre una cappa repressiva antidemocratica ed autoritaria. Siamo state e stati in Piazza del Popolo il 18 ottobre scorso per partecipare al presidio “Le lotte non si arrestano. Fermiamo il ddl sicurezza”. Ci torneremo presto.
In Parlamento l’iter per l’approvazione della legislazione repressiva sta andando avanti. Andiamo avanti anche noi! Porteremo le istanze contro la repressione dentro la campagna elettorale e poi dentro il Consiglio Comunale!
#RavennainComune #Ravenna #DDL1660 #sciopero
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In piazza contro il Ddl sicurezza: “Un’idea distorta della democrazia”
Fonte: Collettiva del 13 dicembre 2024
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USB megafono di un grande disagio tra i lavoratori. È ora di ascoltare le loro ragioni
Fonte: USB del 13 dicembre 2024