LA MALATTIA DELLA SANITA’ PUBBLICA E’ LA SANITA’ PRIVATA

Gianfranco Spadoni, vicepresidente del consiglio territoriale dell’Area 2 Ravenna Sud, per l’opposizione di centrodestra, è da sempre molto attento ai temi della sanità. Può valersi sul tema di conoscenze che gli derivano dalla azienda ortopedico-sanitaria di famiglia ed i suoi interventi meritano attenzione. Nei giorni scorsi ha ripreso i temi del dibattito che, come Ravenna in Comune, avevamo affrontato il 27 novembre mettendo a confronto (in una serata organizzata assieme ad Italia-Cuba) due diversi modelli di sanità, quello autenticamente pubblico praticato nella Repubblica Cubana, e quello italiano in cui alla dichiarazione di essere anch’esso di natura pubblica non corrisponde la realtà intrisa di privato. Dice Spadoni: «A noi pare difficile porre uno steccato rigido affermando che la sanità o è pubblica o, viceversa, è privata “en travesti” come viene più volte citato da forze politiche che sostengono questa scelta, facendo riferimento anche alle esperienze maturate in altri stati come, ad esempio, nella Repubblica di Cuba. Riteniamo piuttosto che vada superata la concorrenzialità per fare spazio all’integrazione e alla collaborazione, partendo da protocolli e linee guida condivisi». L’intervento di Spadoni va dritto al punto per noi essenziale in quanto per noi proprio della natura del servizio pubblico e del suo rapporto con la sanità privata si dovrebbe discutere per affrontare la malattia mortale della sanità pubblica emiliano-romagnola (e non solo). 

Spesso, invece, il ragionamento sulla sanità si esaurisce nel lamentare il pur grave sottofinanziamento del servizio. La spesa per la sanità affrontata dalla Regione Emilia-Romagna è il principale costo messo a bilancio dall’Ente Regionale. Per il 2023 il Servizio Sanitario regionale, che deve garantire le prestazioni ai/alle cittadini/e, compresivi delle prestazioni fuori Regione, ha pesato sul bilancio consolidato della gestione sanitaria per 11.619.026.309,73 euro, con una riduzione pari -27.489.922 euro rispetto al 2022 (-0,24%) [fonte DGR 1296/2024].

Si tratta indubbiamente di un tema importante anche perché questa carrettata di soldi non basta. Il confronto con le altre sanità nazionali mette in luce le criticità italiane. Nel 2023 l’Italia, per spesa sanitaria pubblica pro-capite, è risultata al 16° posto tra i 27 Paesi europei dell’area OCSE e in ultima posizione tra quelli del G7. Avendo come riferimento il Prodotto Interno Lordo, la spesa sanitaria italiana si è attestata al 6,2% del PIL, ossia di molto inferiore sia rispetto alla media OCSE del 6,9%, che rispetto alla media europea del 6,8%. Impietoso il confronto con Cuba dove la spesa sanitaria è pari all’8,0% del PIL. Negli anni, per tagli e definanziamenti effettuati da tutti i Governi italiani nazionali e regionali, indipendentemente dalla maggioranza di centro destra o di centrosinistra, la distanza con i paesi europei è progressivamente aumentata. Anche perché gli altri Paesi G7 invece di restare stabili nelle spese o addirittura ridurle, hanno scelto di aumentarle. Nel 2023, mentre l’Italia rimane ultima tra i Paesi G7 con una spesa pro-capite di 3.574 dollari, la Germania l’ha più che doppiata raggiungendo i 7.253 dollari. Mantenendo il focus sulla Unione europea, per chi ha fatto il calcolo (Associazione Gimbe), risulta che «Al cambio corrente dollaro/euro il gap con la media dei Paesi europei nel 2023 raggiunge € 807 pro-capite che, tenendo conto di una popolazione residente ISTAT al 1° gennaio 2024 di quasi 59 milioni di abitanti, si traduce nell’esorbitante cifra di oltre € 47,6 miliardi».

Quello del sottofinanziamento nella sanità è il tasto (l’unico) su cui batte il neo Presidente della Regione, lieto di attribuire ogni responsabilità al Governo Meloni e dimentico, invece, del ruolo giocato dal suo partito, il PD sia a livello regionale che nazionale in quella riduzione della spesa pubblica che, come abbiamo detto, prosegue da molti anni e non si esaurisce certo solo nell’ultimo biennio. Sotto il profilo dell’integrazione, chiamiamola così, tra pubblico e privato, Spadoni e de Pascale si trovano sulla stessa sponda. Festeggiando l’acquisto di due cliniche ravennati da parte di un grande gruppo privato, abbiamo sentito de Pascale esaltare la «sanità privata convenzionata, alla quale non possiamo che guardare con attenzione e in maniera costruttiva per integrare l’offerta di servizi nel nostro territorio».

Come Ravenna in Comune ci dispiace che al dibattito da noi innescato abbia partecipato la sola opposizione di centrodestra e non invece la maggioranza (in sede locale) di centrosinistra. Sarebbe stato utile che chi ha fatto seguito ai Bonaccini e prima ancora agli Errani e prima ancora… chi può parlare per il PD, il partito che ha la responsabilità del servizio sanitario regionale, del suo malfunzionamento deliberato e della sua crisi progettata a tavolino, desse conto di cosa vuol dire subordinare il sevizio pubblico ai grandi affari della sanità privata nella sua incarnazione di “privato accreditato”. Poiché l’Emilia Romagna incentra il proprio servizio sanitario regionale proprio sulle prestazioni dei privati convenzionati. Con il sistema cooperativo che si è integrato ben volentieri nel ruolo di privato fornitore di servizi. E con il sindacato che ha contribuito a sdoganare le assicurazioni nel welfare privatizzato all’interno dei contratti di lavoro. Eccetera eccetera. Perché questo è il sistema sanitario finto pubblico e in realtà privato “en travesti” dell’Emilia-Romagna.

Solo un sistema interamente ed effettivamente pubblico, con prestazioni fornite da lavoratrici e lavoratori esclusivamente dipendenti pubblici, secondo il modello attuato a Cuba, è in grado di garantire un futuro sostenibile al perseguimento dei diritti costituzionalmente previsti nel nostro Paese ed invece disattesi, con sempre più emiliano-romagnoli/e che non si curano perché non possono permettersi di ricorrere al privato tout-court dopo che si sono visti/e proporre una visita a mesi o chilometri di distanza. L’aumento delle risorse economiche senza applicare una ricetta di massiccia ripubblicizzazione della sanità significa solo girare carrettate di soldi ai privati senza risolvere il problema, poiché è proprio l’esistenza del problema (che non si vuol risolvere) a motivare il ricorso al privato. Alla sanità pubblica è stata diagnosticata già da tanti anni la grave malattia di cui soffre: un terribile tumore chiamato sanità privata.

[nell’immagine: il rapporto pubblico-privato esemplificato dal gruppo Garofalo che a Ravenna gestisce la Domus Nova e la Clinica San Francesco]

#RavennainComune #Ravenna #sanitàpubblica

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Spadoni: “Si superi la concorrenzialità fra sanità pubblica e sanità privata”

Fonte: Ravenna Web Tv del 30 novembre 2024

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