IL PERICOLO AMBIENTALISTA

Venerdì scorso, come se fosse la cosa più normale di questo mondo, poco meno di cento tra carabinieri, polizia, guardia di finanza, reparto operativo aeronavale, capitaneria di porto, polizia stradale, locale e provinciale, vigili del fuoco e 118 si sono esercitati a fronteggiare un attacco nemico nel porto di Ravenna, alla base operativa ex AGIP di via del Marchesato a Marina di Ravenna (ora Distretto Centro Settentrionale Eni – DICS in affaccio alla Piallassa Piombone). La simulazione prevedeva che il nemico eludesse il presidio della vigilanza privata posta all’ingresso, facesse irruzione nel Centro Direzionale, vi si barricasse e prendesse in ostaggio alcuni dipendenti mentre sabotava gli impianti. L’esercitazione si è conclusa con l’intervento di corpi speciali dell’Arma per catturare gli attentatori.

Una ventina di anni fa il nemico che veniva affrontato nelle simulazioni, messe in atto per testare i piani di security portuale adottati dopo l’11 settembre 2001, era costituito da squadre di terroristi e l’obiettivo delle forze dell’ordine era quello di evitare le stragi. Ora è identificato negli ambientalisti e l’obiettivo è quello di impedire le manifestazioni non violente di protesta. Lo spiega chiaramente il comunicato del Ministero dell’Interno: «Lo scenario simulato prevedeva una manifestazione pacifica all’ingresso dell’impianto che, a causa dell’infiltrazione di alcuni individui, si è trasformata in una situazione delicata». Eppure tutte le manifestazioni ambientaliste sono non violente: prevedono azioni dimostrative come srotolare striscioni di denuncia, ottenere l’attenzione degli organi di informazione pitturando statue con colori lavabili, l’incollaggio dei manifestanti alla sede stradale e simili. L’eventualità che si verifichi una situazione come quella dell’esercitazione di Ravenna è pari a quella che durante la processione della Madonna greca i fedeli prendano d’assedio l’Autorità Portuale, sequestrino il Presidente e sabotino il centro di controllo del porto. Dunque, tra tutti gli scenari irrealistici, perché scegliere proprio gli ambientalisti come bersaglio?

La risposta la dà il Prefetto, che ha coordinato l’esercitazione: «Abbiamo verificato la rapidità delle procedure di intervento e il coordinamento tra pubblico e privato. Un ringraziamento particolare va a Eni per aver collaborato fattivamente al buon esito dell’esercitazione». Gli ambientalisti, infatti, sono percepiti da ENI come il nemico da combattere. E ogni mezzo a disposizione è buono per lo scopo.

A fronte di una causa civile intentata da Greenpeace e ReCommon per mettere il cane a sei zampe di fronte alle responsabilità nell’emissione di gas serra, ENI ha risposto denunciando penalmente il program director di ReCommon. E denunciando pure per diffamazione Greenpeace (e la stessa ReCommon). Così come ENI ha anche denunciato per danneggiamento aggravato, violenza privata e porto di armi o oggetti atti a offendere attivisti di Ultima Generazione a seguito di un “pericoloso” attacco ad una vetrina dell’ENI condotto con pennelli e vernice. E poco cambia che le denunce si concludano in nulla oppure l’intimidazione vada a buon fine: il nemico è ben individuato. Ai padroni del fossile gli ambientalisti fanno molta più paura dei terroristi.

Ed hanno ragione. Non è la politica il nemico per ENI, o almeno non quella al Governo del Paese che si fa condurre in giro per il mondo dall’amministratore di ENI a concludere accordi dove e con chi ad ENI (non al Paese) fa comodo fare affari. Nemmeno quella al Governo degli enti locali che scodinzola felice di ricevere elogi dalla lobby del fossile quando acconsente a rigassificatori, discariche di CO2, piattaforme estrattive sotto costa, metanodotti a tutto busso, ecc. ecc. Invece succede che in un ampio tratto di mare compreso tra le province di Ravenna, Ferrara e Rovigo (comuni di Ravenna, Taglio di Po, Comacchio, Codigoro, Porto Tolle, Ariano nel Polesine, Mesola, Goro e Porto Viro) le attività estrattive marine che avrebbero messo KO tutti i territori costieri sono state fermate da “pericolosi” ambientalisti. Con due sentenze diverse, ma collegate, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha infatti accolto i ricorsi contro i ministeri della Cultura e della Transizione ecologica presentati da associazioni ambientaliste (e anche dall’Ente Parco Delta del Po, ma quello Veneto non quello Emiliano-Romagnolo, e da poche, illuminate, amministrazioni locali bassopolesane, ma non certo dalla Giunta ravennate di de Pascale!) ed ha annullato il decreto ministeriale che dava il via libera al progetto detto “Teodorico” per le trivellazioni in Adriatico finalizzate all’estrazione di idrocarburi sotto il fondale marino.

Le criticità del modello “fossile” sono tante ma il punto centrale su cui hanno battuto i “pericolosi” ambientalisti è stato quello della subsidenza. Un problema che investe tutte le coste e che, se è vero che aggraverebbe la situazione qualora venisse implementato il progetto Teodorico, incide già ora in maniera particolarmente grave sulle località di Lido di Dante e di Lido Adriano. Queste ultime non devono aspettare il Teodorico, però, visto che c’è già l’Angela Angelina a togliere la terra (assieme al gas metano) da sotto i piedi. Che fine hanno fatto le reiterate (e poi rimangiate) promesse di de Pascale di cessare almeno con quelle estrazioni troppo vicine alla costa? I cosiddetti ambientalisti, dunque, altro non sono che l’unica legittima rappresentanza degli interessi delle popolazioni locali che, invece, i politici di centrodestra e centrosinistra subordinano a quelli dei potentati del fossile. Come Ravenna in Comune siamo al fianco delle popolazioni, degli ambientalisti ma anche del legittimo interesse dei lavoratori del settore off-shore a vedere l’avvio di una riconversione dell’industria estrattiva da anni promessa e mai realizzata. Si pensi, come esempio tra tutti, alla tanto declamata energia dalle onde, impianto presentato in pompa magna all’OMC come esempio dell’impegno di ENI a produrre energia rinnovabile. In realtà ennesimo spot greenwashing dell’ENI che ha interrotto ogni implementazione del progetto, mandando in fallimento la start up che pur aveva messo in vetrina all’OMC…

[nell’immagine: le forze dell’ordine si esercitano contro gli ambientalisti all’ex AGIP di Ravenna]

#RavennainComune #Ravenna #OMC #ambientalisti #rinnovabili #fossile

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Ravenna, esercitazione all’Eni: “Da una manifestazione pacifica una frangia di infiltrati che prende in ostaggio dei dipendenti”

Fonte: Corriere Romagna del 29 novembre 2024

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Trivellazioni e subsidenza, il Tar mette fine ad un incubo per il Polesine

Fonte: Rovigo News del 30 novembre 2024

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Torino, verso il fallimento la startup che creava l’energia dal mare. Dalla partnership con Eni alle cause legali

Fonte: Corriere Torino del 30 novembre 2024

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