L’ONU ha dichiarato il 25 novembre giornata internazionale “per l’eliminazione della violenza contro le donne”. È stata una decisione del 1999 in cui si è scelta questa data per commemorare la vita, l’attivismo e soprattutto il coraggio di 3 sorelle: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, dette “mariposas”, ovvero farfalle, che hanno combattuto per la libertà del loro Paese. Durante gli anni ‘40 e ’50 del secolo scorso, la Repubblica Dominicana era stretta nella morsa della dittatura del generale Rafael Trujilo. Le sorelle Mirabal decisero di impegnarsi nell’attivismo politico denunciando gli orrori e i crimini dalla dittatura. Ma il 25 novembre 1960 le tre sorelle “mariposas” vennero torturate e uccise dai sicari di Trujillo e i loro corpi gettati in un dirupo per simulare un incidente. L’indignazione per la loro morte, che nessuno credette accidentale, sollevò un moto di orrore sia in patria che all’estero, ponendo l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura machista che non tollerava di riconoscere alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico.
Il 25 novembre, dunque, riguarda ogni violenza contro le donne scelte come bersaglio in quanto donne. Le donne sono un oggetto di violenza sessuale e sessista per molteplici motivi, spesso tra loro intersecantesi, sviluppati in contesti diversi spazialmente e culturalmente. Ad oggi in Italia, nel 2024, a cento casi di omicidio è stata attribuita l’etichetta di femminicidio. Solo in quest’anno le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza gestiti da Linea Rosa a Ravenna, Russi e Cervia sono state oltre 400.
Quest’anno dedichiamo il 25 novembre a Maryam Abou Daqqa e al genocidio delle donne di Gaza dove vengono deliberatamente prese di mira dall’Esercito Israeliano perché, assieme ai bambini, rappresentano il futuro del popolo palestinese. Se 44mila sono le morti accertate rispetto al numero sensibilmente superiore rimasto sotto le macerie dall’invasione israeliana dell’ottobre 2023, il 70% di questo numero è costituito, appunto, da donne e bambini. Anche per questo Maryam Abou Daqqa ha dichiarato che «Porre fine al genocidio a Gaza è una questione femminista». Le donne sono colpite perché «i movimenti delle donne hanno sempre svolto un ruolo centrale nelle lotte contro l’oppressione, la discriminazione, il colonialismo e il militarismo». Ricordiamo alcune delle altre violenze subite dalle donne palestinesi:
- L’80% dei lavoratori agricoli palestinesi sono donne, e per questo sono loro a costituire la maggior parte delle vittime dei coloni israeliani;
- Le donne soffrono la violenza dell’occupazione come tutti i palestinesi, ma devono anche essere operate di taglio cesareo senza anestesia, vedere i loro bambini morire di freddo, o di fame, senza più latte per nutrirli;
- Nelle carceri israeliane le donne vengono umiliate, perquisite in numerose occasioni, anche da parte di uomini, vengono picchiate, insultate, minacciate sessualmente. Sono stati registrati casi di stupro accertato;
- Nemmeno gli assorbenti sono disponibili.
Domani, nella celebrazione del 25 aprile, all’Università di Torino Maryam Abou Daqqa sarebbe dovuta intervenire nell’ambito di un incontro intitolato “Il femminismo dimenticato”. L’Università di Torino ha cancellato l’incontro proprio per la sua partecipazione. Maryam Abou Daqqa presiede l’Associazione “Palestinian Development Women Studies Associations” (Pdwsa) ed è una dirigente del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), un’organizzazione laica per la liberazione della Palestina sorta nel 1965. Maryam è stata imprigionata per la prima volta dagli Israeliani quando aveva 15 anni (ora ne ha 72) e costretta all’esilio. Nel novembre scorso è stata sottoposta a violenze da parte della polizia francese e successivamente deportata in Egitto. Ora è la volta dell’Italia. Come dice Maryam:
«Sono stata convinta fin da piccola dell’importanza della liberazione di tutte le persone, e anche delle donne. Non è possibile costruire uno Stato senza metà della sua società».
La resistenza delle donne alla violenza non è terrorismo.
[nell’immagine: Maryam Abou Daqqa]
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Torino. L’università vieta la conferenza sulle donne palestinesi con Miriam Abu Daqqa. Le pressioni del ministro Crosetto