Si sono svolte le elezioni per individuare chi rappresenterà la cittadinanza emiliano-romagnola nell’assemblea legislativa regionale nei prossimi cinque anni. Ed anche per la scelta di chi occuperà la casella della Presidenza della Regione. Come ormai noto si è verificato quello che era ritenuto il risultato più probabile sin da prima del voto: sarà Michele de Pascale a sostituire Stefano Bonaccini. Ha ottenuto 922.150 preferenze contro le 650.935 di Elena Ugolini, 31.483 di Federico Serra e 19.831 di Luca Teodori.
Al centrosinistra andranno 34 dei 50 consiglieri che compongono l’Assemblea ed al centrodestra i restanti 16. Con 27 eletti il PD non solo risulta il partito più rappresentato ma detiene la maggioranza assoluta dei voti, ulteriormente incrementata dai 2 seggi occupati dagli eletti nella lista cosiddetta “del Presidente”, oltre, naturalmente, allo stesso de Pascale. Ciò significa che nessuna possibilità di condizionamento delle politiche è nella disponibilità dei partiti minori della coalizione che amministrerà la Regione, cioè l’Alleanza Verdi Sinistra con 3 rappresentanti ed il Movimento 5stelle con 1. Nessun rappresentante hanno eletto i cosiddetti “centristi” raccolti sotto l’insegna Emilia-Romagna Futura, in coalizione con de Pascale, né le uniche due liste non schierate con le due coalizioni maggiori.
Guardando alle percentuali dei votanti, de Pascale nel 2024 ha raccolto il 56,77% contro il 51,42% di Bonaccini nel 2020. Questi numeri, però, sanzionano un divario di quasi 300mila elettori (273.669) tra chi aveva votato Bonaccini alle scorse elezioni (1.195.819 persone) e chi ora ha votato de Pascale. Uno scarto rilevante, così come è consistente l’elettorato ravennate che non ha scelto de Pascale in questa occasione rispetto alle preferenze che come Sindaco aveva raccolto nel 2021. Nel Comune di Ravenna, infatti, hanno votato ora per de Pascale in 34.962, mentre erano stati 39.030 i voti a suo favore alle comunali del 2021: 4.068 voti in meno.
Le cifre del non voto sono terrificanti. Delle 3.576.451 schede che potevano essere inserite nelle urne, ne sono state effettivamente messe dentro solo 1.660.042, ossia il 46,42%. Nel 2020 la percentuale era stata del 67,67%. A Ravenna non è andata molto meglio: ha votato il 48,68% di chi ne avrebbe avuto diritto. Questo significa che la rappresentanza di de Pascale nei confronti della cittadinanza a livello regionale è di poco superiore al 25% (25,78% che a Ravenna arriva al 27,66%). In pratica de Pascale è stato eletto Presidente della Regione ma 3 elettori ed elettrici su 4 non si sentono rappresentati/e da lui.
Le cause? Sicuramente l’alluvione ha giocato un ruolo importante. Gli ha dato tanta pubblicità, rendendolo un volto conosciuto ed il cocco di teleMeloni (e non solo), ma nonostante le sue invettive contro le nutrie e gli ambientalisti non è riuscito a far dimenticare che i territori devastati li amministrava lui da due mandati. Ad esempio a Traversara, un paese che le acque hanno preso a morsi, le schede con la “X” sul suo nome sono state sensibilmente inferiori alla media provinciale. Una ventina di punti percentuali (sui votanti) in meno: 39,52% contro una media del 58,16%. La volontà di dare un segnale esplicito nei modi che la democrazia consente è stata chiarissima. Né ha contribuito a spronare al voto la diffusa percezione che, slogan a parte, quelli che i media hanno presentato come gli unici candidati, de Pascale e Ugolini, altro non fossero che le facce di una stessa medaglia. Quei due, come avevamo sintetizzato, «condividono tutto. Il loro programma economico, le loro idee sui servizi che deve fornire la Regione, la loro sudditanza al grande capitale privato, specie quello finanziario speculativo, perfino il loro orientamento internazionale è lo stesso». E allora perché prendersi il disturbo di andare a votare quando le possibili alternative sono state mediaticamente oscurate durante tutta la campagna elettorale? Qualcuno si sarà perfino stupito di trovare nella scheda la possibilità di esprimere un voto che non fosse per il centrodestra o il centrosinistra. Ma, appunto, avrebbe prima dovuto trovare una ragione per recarsi alle urne per scoprirlo, perché gli organi di informazione hanno dato spazio solo a de Pascale e Ugolini. L’apice si è toccato con la deliberata esclusione di Federico Serra e di Luca Teodori dal dibattito organizzato giovedì al Teatro Duse di Bologna dal maggior quotidiano locale cittadino, con tanto di intervento della Digos al portone…
Sino all’ultima ora di campagna elettorale «come Ravenna in Comune abbiamo denunciato vigorosamente la deriva antidemocratica in atto da parte di un sistema di governo che vede la complicità di centrodestra e centrosinistra per sottrarre all’elettorato ogni possibilità di scelta per un’alternativa al modello neoliberista del pensiero unico». Già l’avevamo detto: «È importante che torni ad essere rappresentata la voce dei non privilegiati, una voce largamente maggioritaria ma che non ha avuto bocche per parlare nell’Assemblea che sta per sciogliersi». Abbiamo considerato che «la complessiva valutazione delle tematiche ci ha fatto ritenere del tutto conforme ai nostri valori il solo programma della lista “Emilia Romagna per la pace, l’ambiente e il lavoro” che candida Federico Serra» e coerentemente per tale lista e candidato abbiamo invitato a votare. L’esito delle votazioni ha mantenuto fuori dall’Assemblea la rappresentanza che auspicavamo riuscisse a superare gli ostacoli frapposti da centrodestra e centrosinistra. Ce ne rammarichiamo, ben sapendo che «questo passaggio, volente o nolente, molto influirà sulla nuova Amministrazione comunale che sorgerà dalle elezioni di primavera».
Federico Serra ha positivamente osservato: «la mia candidatura come alcune candidature di rottura hanno saputo raccogliere un consenso indicativo e molto superiore rispetto al nostro recente passato» anche se è il risultato complessivo è risultato «al di sotto della soglia di sbarramento». Molte delle ragioni sono quelle che abbiamo sin qui esposto ma non ci si può fermare all’antidemocraticità dei liberisti che si dividono il potere tra Roma e Bologna (e, sin qui, a Ravenna) perché altrimenti si ripeterebbero comportamenti politici che riteniamo dannosi e che, se non affrontati, possono continuare a produrre il loro negativo effetto anche a livello comunale.
La dimensione di un comunicato non può ospitare un’analisi completa e serrata di tutto ciò che riteniamo essere mancato in questa occasione elettorale. Tuttavia va almeno ricordato che è sin dall’infausta esperienza della Lista Arcobaleno che mancano il loro obiettivo i cartelli elettorali tra partiti di sinistra che, al di là di come si presentano, non vanno al di là della lista di scopo. È purtroppo più lungo l’elenco che lo spazio disponibile per esporlo, quello dei progetti sorti a ridosso di una scadenza elettorale e tramontati il giorno dopo. Come Ravenna in Comune apprezziamo lo sforzo fatto da Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Partito Comunista Italiano che hanno presentato la lista “Emilia Romagna per la pace, l’ambiente e il lavoro”. Rileviamo che in questo caso la natura a termine della lista era simbolicamente implicita nel contrassegno, costituito dai 3 simboli dei partiti che l’avevano costituita. Né con questo intendiamo dire che un simbolo tutto nuovo sarebbe stato di per sé la soluzione: lo provano altre esperienze nate e tramontate nel breve spazio di una elezione. Né questo limite può essere superato dalla validità delle candidature. Ha ragione Serra a rivendicare come valore in sé la qualità indiscutibile di alcune delle candidature proposte ma questo non basta. Certo, quelle candidate e quei candidati meritano il nostro incondizionato ringraziamento. Va però ricordato che l’elettorato considera una condizione necessaria il fatto che tutte (tutte!) le persone in lista possano essere pienamente rappresentative dei valori espressi, ma ciò non è condizione sufficiente quando non si riesce a comunicare l’esistenza di un progetto comune che non si esaurisce nella pur auspicabile elezione di una rappresentanza esigua o nutrita che sia. La normativa elettorale costringe poi sia nelle elezioni regionali che in quelle comunali ad individuare una persona come Presidente della Regione o come Sindaco/a, ma anche qui non è sufficiente. Non è bastato che Serra fosse persona capace, qualificata, con una storia coerente alle spalle e all’altezza del ruolo per cui è stato candidato. Federico va ringraziato per come e quanto si è speso, ma anche quella della idoneità della candidatura attorno a cui la lista è costruita è una condizione necessaria ma non sufficiente.
Ferme restando le candidature, infatti, essenziale è il progetto che queste dovrebbero portare avanti. Un progetto non estemporaneo, non vincolato al singolo appuntamento elettorale, con un respiro non corto, che non sia nato a ridosso della scadenza elettorale, potendo quindi dimostrare con la propria storia la coerenza con quanto dichiarato e, naturalmente, la chiarezza di un programma che non si presta a compromessi, reso credibile dai passi già compiuti. Queste sono le caratteristiche che appartengono al progetto di Ravenna in Comune.
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De Pascale, ecco i numeri vincenti nella sua Ravenna: “E ora devo lasciare le cose in ordine in Comune”