Ci ritroviamo di nuovo con assurde polemiche sull’esposizione dei simboli della pace. I simboli della pace! Non uno stendardo che promuova una guerra in corso, ma una esortazione alla pace! La vicenda è stata resa nota dalla Casa delle Donne. Si deve ad un’applicazione discutibile di una normativa volta unicamente a stabilire una modalità uniforme nell’esposizione dei vessilli (L. 5 febbraio 1998, n. 22 ed il relativo regolamento D.P.R. 7 aprile 2000, n. 121), la cui natura esclusivamente cerimoniale non prevede, conseguentemente, alcuna sanzione per chi si difformi da essa. E nemmeno nel testo coordinato di altri due decreti (DPCM 14 aprile 2006 e 16 aprile 2008) si trova un riferimento agli striscioni (solo di bandiere si parla). Eppure, a seguito di una segnalazione, la Prefettura avrebbe invitato il Comune a trovare una diversa collocazione per due striscioni di promozione della pace che si trovavano sulla facciata dell’edificio di proprietà comunale ove ha sede la Casa delle Donne. Con pronta diretta esecuzione da parte del Comune che tutto ha tolto via. Come detto la normativa cerimoniale (legge e regolamento e DPCM) non esplicita alcun divieto riguardo l’esposizione degli striscioni della pace. È una FAQ (risposta a domande frequenti) dell’Ufficio del Cerimoniale di Stato a domandarsi: «Si possono esporre negli edifici pubblici bandiere di partito o di associazioni o di movimenti o bandiere della pace, ecc.?». E a rispondersi: «No, perché negli edifici pubblici possono essere esposte soltanto le bandiere pubbliche istituzionali. Ciò per rispettare il carattere di “neutralità” delle sedi istituzionali, che costituisce sacro principio democratico». Subito dopo viene però precisato che comunque si «Può esporre il vessillo rappresentativo del movimento dove vuole, ma non al fianco della bandiera nazionale o europea perché i vessilli e le bandiere dei movimenti non hanno il rango istituzionale che compete alle bandiere ufficiali e quindi non si possono mescolare senza ledere la dignità della bandiera nazionale tutelata dalle norme». Vale la pena di precisare che quanto rimosso non ha mai sventolato sulle aste a fianco delle bandiere “ufficiali”. Gli striscioni sono stati invece prima tolti dalla ringhiera (dove erano stati attaccati alcuni mesi fa) di un balcone, dal quale si innalzano le aste delle bandiere “ufficiali”, e poi rimossi anche dalle finestre che sorgono ai lati dei balconi (dove erano stati spostati). Nessun “mescolamento” ipoteticamente lesivo di qualsivoglia “dignità della bandiera nazionale” è dunque mai stato messo in atto. La Casa delle Donne ha allora interpellato il Comune su quale sia la procedura corretta perché i simboli della pace vengano formalmente autorizzati. Riferisce così l’accaduto: «Dunque per ricapitolare la dinamica: la consigliera Verlicchi chiede, la Prefettura comanda, il Comune obbedisce e fa obbedire. Dal Comune aggiungono che in ogni caso è necessaria l’autorizzazione. Chiediamo a chi bisogna richiederla. La risposta è vaga e incerta del tipo “Provate qui, provate lì”. Bisogna essere autorizzati ma non si sa chi debba autorizzare». Certo che non si sa, aggiungiamo noi, perché nessuna autorizzazione è prevista dalla citata normativa sul cerimoniale: bandiere e striscioni si possono esporre senza necessità di autorizzazione preventiva perfino in un Paese in cui, per consuetudine burocratico-repressiva, non si può nemmeno andare in bagno senza chiedere (e ottenere) prima il permesso!
Sul merito della vicenda Ravenna in Comune si dichiara completamente d’accordo con la Casa delle Donne: «Alla soglia di una guerra mondiale e nucleare il blocco delle bandiere istituzionali non ha più sopportato la vicinanza dell’idea di un mondo di pace. Questo è accaduto. Anzi. È accaduto di più. Il blocco delle bandiere istituzionali non ha neanche sopportato più la vicinanza di quel pezzo di società civile che crede che la pace sia l’unica possibile alternativa capace di garantire l’esistenza e la prosecuzione di questo mondo e di tutte le sue specie. Da qui la necessità di una strategia fortemente repressiva e punitiva che mira all’invisibilizzazione di chi rappresenta un ingombro sulla strada che porta dritti alla prossima guerra mondiale nucleare». Riproduciamo sul nostro sito il comunicato integrale e manifestiamo la nostra più completa solidarietà.
La legge sul cerimoniale, all’articolo 1, ricorda di essere stata emanata in attuazione dell’articolo 12 della Costituzione. Per chi non se lo ricordasse, è l’articolo che inserisce tra i principi costituzionali il tricolore della bandiera. Per chi non se lo ricordasse, viene prima l’articolo 11 della Costituzione, il quale stabilisce senza deroga alcuna che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Con tutto il dovuto rispetto per la retorica cerimoniale dunque, cioè quella che indica l’ordine di apparizione di vessilli e gonfaloni, la pace è un principio costituzionalmente tutelato. È bene che gli uffici che rappresentano il Governo nazionale, così come quelli che rappresentano l’Amministrazione locale, lo tengano bene a mente prima di inviare qualcuno a togliere di mezzo lo striscione multicolore della Pace e quello del Cessate il fuoco.
Un ultimo pensiero va al Sindaco in uscita (prima è e meglio è) vista la sua pronta condiscendenza alle richieste della Prefettura, senza discussione alcuna, anche quando queste avrebbero meritato una risposta articolata, invece di un signorsì a capo chino: mica era un ordine! Sappia allora il Sindaco che, qualora dovesse cedere nuovamente alla tentazione di far sventolare da Palazzo Merlato la bandiera israeliana, ovvero di uno Stato straniero più volte condannato per le sue violazioni del diritto internazionale, attualmente impegnato nel genocidio del popolo palestinese e in atti di terrorismo contro lo stato sovrano libanese, sarà nostra cura segnalarlo alla Prefettura. Del resto, sia il regolamento attuativo della legge sul cerimoniale (art.8), che le FAQ dell’Ufficio del Cerimoniale di Stato, non hanno dubbi: «Un ente o ufficio pubblico può esporre bandiere straniere? NO, salvo l’occasione di incontri internazionali».
Viva la pace e la libera manifestazione del pensiero e viva la Costituzione italiana che entrambe garantisce.
[nell’immagine: in alto la Casa delle Donne con i simboli della pace alle finestre il 20 settembre; in basso dopo la rimozione il 24 settembre]
#RavennainComune #Ravenna #pace #guerra #tricolore #Costituzione
______________________________
Viviamo tempi bui quando la pace disturba i vessilli istituzionali
A questo punto abbiamo bisogno di raccontare la storia di questa fotografia.
Lunedì mattina abbiamo ricevuto una telefonata dal Comune in cui ci dicevano che erano andati nel balcone di Via Maggiore 120, avevano tolto la bandiera della pace e lo striscione Cessate il fuoco. Chiediamo perchè? E perchè proprio adesso, dal momento che bandiera e striscione sono lì dallo scorso ottobre.
Riceviamo risposte confuse e balbettanti, dalle quali capiamo solo che bandiera e striscione non possono stare vicino al blocco delle bandiere istituzionali di Europa, Italia e Comune. Dopo alcune telefonate ci informano che sarebbe arrivata una segnalazione, di cui però non possiamo sapere niente. Facciamo notare che questa volta il Comune agisce con una grande solerzia e che avrebbero anche potuto chiederci di togliere bandiera e striscione invece di avvisarci a fatto compiuto.
Chiediamo se possiamo collocarle alle finestre. Ci dicono di sì perchè le finestre sono di nostra pertinenza (in effetti è di nostra pertinenza anche la pulizia di quelle finestre). Venerdì mettiamo alle finestre bandiera e striscione, come si vede in foto. Sabato pomeriggio riceviamo una telefonata dal Comune in cui ci sollecitano a rispettare la nota della Prefettura che ci inviano. Un altro momento di grande solerzia. Quindi la misteriosa segnalazione era la nota della Prefettura? Non l’abbiamo capito. E la pertinenza non è nostra? Non l’abbiamo capito.
La nota della Prefettura è una lettera datata 19 gennaio 2023, indirizzata al Sindaco del Comune di Ravenna e per conoscenza alla consigliera Veronica Verlicchi Capogruppo consigliare La Pigna, in cui il Prefetto invita il Comune a trovare una diversa collocazione alla bandiera della pace distante dai vessilli istituzionali, in modo da rispettare il rango e la dignità delle bandiere nazionale, europea e comunale.
Dunque per ricapitolare la dinamica: la consigliera Verlicchi chiede, la Prefettura comanda, il Comune obbedisce e fa obbedire. Dal Comune aggiungono che in ogni caso è necessaria l’autorizzazione. Chiediamo a chi bisogna richiederla. La risposta è vaga e incerta del tipo “Provate qui, provate lì”. Bisogna essere autorizzati ma non si sa chi debba autorizzare.
Nei prossimi giorni cercheremo di capirlo, ma il sapore è un po’ quello della misteriosa segnalazione. Rispetto a lunedì c’è una sorta di cortesia. Ci chiedono se andiamo noi a togliere bandiera e striscione o se devono andare loro. Abbiamo tolto bandiera e striscione, che rimangono nella foto, non perchè siamo particolarmente obbedienti ma perchè a questo punto vogliamo aprire una riflessione che però non scivoli nei tecnicismi delle pertinenze e dei centimetri di distanza di una bandiera dall’altra.
Vogliamo aprire una riflessione politica perchè questa vicenda è tutta politica. Alla soglia di una guerra mondiale e nucleare il blocco delle bandiere istituzionali non ha più sopportato la vicinanza dell’idea di un mondo di pace. Questo è accaduto. Anzi. E’ accaduto di più.
Il blocco delle bandiere istituzionali non ha neanche sopportato più la vicinanza di quel pezzo di società civile che crede che la pace sia l’unica possibile alternativa capace di garantire l’esistenza e la prosecuzione di questo mondo e di tutte le sue specie. Da qui la necessità di una strategia fortemente repressiva e punitiva che mira all’invisibilizzazione di chi rappresenta un ingombro sulla strada che porta dritti alla prossima guerra mondiale nucleare.
E del resto è di pochi giorni fa l’approvazione della Camera dei deputati del DDL 1660 che inasprisce con dispositivi violenti e repressivi ogni forma di espressione di dissenso compresa la “propaganda” delle lotte considerata “terrorismo della parola”. Ci viene quindi da pensare che le parole pace e cessate il fuoco siano considerate terrorismo. E ancora siamo sempre state noi a inizio mandato a chiedere al Sindaco come mai proprio negli anni più belligeranti dal dopoguerra non avesse istituito la delega alla pace, che pure esisteva e aveva anche lavorato molto e bene. Non ci fu neanche data la possibilità di incontrarci e ragionare. Solamente leggemmo sui giornali che di pace si sarebbero occupate ben 3 assessore diverse, ma senza una vera e propria istituzione di delega, e il che significava che nessuno si sarebbe occupato di pace. E in parte ci siamo sbagliate, perchè invece di pace qualcuno si è occupato, non per prendersene cura bensì per rimuoverla.
Questa non è una storia che sbuca oggi all’improvviso. E’ una storia che arriva da lontano e che nessuno, nonostante le espresse volontà di aprire una riflessione, ha mai voluto seriamente affrontare. Fino ad arrivare ad oggi quando si decide che, pur di sostenere la guerra e la sua economia, si possono anche rimuovere centinaia di anni di storia del pacifismo, di storia del pensiero della nonviolenza, e di antimilitarismo. Centinaia di anni di cultura.
Tutta questa assurda vicenda accade all’equinozio d’autunno, mentre si sta al mare come d’estate, mentre le persone intorno a noi spalano fango dalle case e dalle strade per la terza volta in 16 mesi, mentre leggiamo una pagina dell’ultimo importantissimo libro di Paola Caridi, “Il gelso di Gerusalemme”, di cui consigliamo la lettura al blocco istituzionale delle bandiere.
“E’ un paesaggio nel quale, per i sicomori, non c’è tanto posto, nonostante i tentativi di recuperare, per loro, uno spazio nell’offerta botanica, sia israeliana, sia palestinese. Di certo, c’è una diversa relazione e interdipendenza tra umano e nonumano, o per meglio dire il rapporto tra gli umani e gli alberi, che ha trasformato persino il nostro senso della sopravvivenza. A guardare la strage di tutto – dagli umani alla terra agli alberi agli animali – durante i bombardamenti in Ucraina, e nelle guerre su Gaza, e prima ancora indietro negli anni ovunque nel pianeta, si percepisce che persino le regole assurde della guerra (perchè è assurdo che una guerra abbia regole e non sia stata ancora bandita dal pianeta) siano state dimenticate e soppiantate dalla distruzione totale”.
Fonte: Casa delle Donne del 22 settembre 2024
___________________________________________
Rimosse le bandiere della Pace dalla sede: «Ora vogliamo una riflessione politica»
Alla base dell’imposizione, una segnalazione sulla scarsa distanza tra gli inni pacifisti e i vessilli istituzionali