Ravenna in Comune ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Dovrebbe essere un’ovvietà, visto che è un principio che la nostra Carta Costituzionale estende a tutta l’Italia (art. 11) ma sempre più è necessario ripeterlo perché la comunicazione monopolizzata dal pensiero unico aggiunge qualcosa che, invece, nella Costituzione non c’è. Quello che a livello mediatico, governativo e dalla pletora di partiti e partitini di centrodestra e centrosinistra si cerca di far passare è che un principio costituzionale può essere disapplicato, che ci sono delle eccezioni, che ci sono dei casi in cui non bisogna guardare così per il sottile, eccetera. Così sarebbe legittimo da parte di imprese italiane continuare a esportare armi che consentono all’esercito israeliano di reprimere la resistenza palestinese e sopprimere civili di ogni genere e età di quella popolazione. Sarebbe legittimo sviluppare accordi di ogni tipo, dalle università ai consorzi militari, con Israele finalizzati allo sviluppo di strumenti bellici utilizzati dall’esercito israeliano per gli stessi scopi appena detti. E così via. Cosa giustifica l’eccezione? Il diritto di Israele di difesa dei territori palestinesi che occupa illegittimamente nonostante le condanne delle Nazioni Unite? In realtà l’eccezione si chiama “occidente”: Israele fa parte dello schieramento occidentale a guida Stati Uniti e questo dovrebbe bastare e avanzare per calpestare diritti e dignità.
Non vale solo per Israele il regime di eccezionalità. Perché anche l’invio di armi all’esercito ucraino sarebbe legittimo secondo gli stessi riscrittori della Costituzione. Addirittura le armi che vengono inviate sono coperte da segreto di Stato. Eppure nessuno può negare che sia in corso un conflitto di natura bellica tra Ucraina e Russia su territori che entrambi i Paesi considerano rientrare entro i rispettivi confini. È giusto e anzi importante, come nel caso di Israele e della Palestina, ricostruire i passi che hanno condotto all’attuale fase di un conflitto che trova le sue origini nella dissoluzione dell’Unione Sovietica, perseguita con successo dal contrapposto blocco occidentale. Così come è giusto e corretto tenere a mente i passaggi storici attraverso cui la popolazione palestinese è stata espulsa a forza dai territori che abitava con il consenso dello stesso blocco occidentale. La comprensione dell’origine dei conflitti e del loro sviluppo è essenziale per consentire che si formi una valutazione di quanto accade non viziata dalla propaganda. È essenziale anche per giungere alla soluzione negoziata dei conflitti che la nostra Costituzione privilegia.
Il principio Costituzionale, però, non ammette eccezioni rispetto al ripudio della guerra. Né consente che si alimentino i conflitti inviando armi perché si è ritenuto che le ragioni di una delle parti siano di maggior valore di quelle dell’altra. L’unica parte che la Costituzione consente di prendere, con le conseguenze che ne derivano, è quella delle organizzazioni internazionali, cioè delle Nazioni Unite, nel loro tentativo di riportare pace e giustizia tra i belligeranti. Da dove nasce dunque l’eccezione ucraina? Anche in questo caso l’Ucraina del dopo Maidan fa parte dello schieramento occidentale a guida Stati Uniti e questo dovrebbe bastare per tacitare la nostra Costituzione.
Nei giorni scorsi sono stati affissi a Ravenna manifesti che invocano la pace tra la popolazione italiana e quella russa e ribadiscono che “i popoli vogliono la pace”. Non chiedono di mandare armi ai Russi in violazione della Costituzione. Né si arrampicano sugli specchi come fanno i riscrittori dell’art.11. Eppure sono scattate le proteste di partiti e associazioni filo-ucraine e perfino una lista civica ha urlato allo scandalo. Addirittura abbiamo dovuto leggere da parte del Sindaco le affermazioni assolutamente non condivisibili che riportiamo di seguito:
«Io stesso provo un forte sentimento di sdegno di fronte ai manifesti oggetto della vostra condivisibile rimostranza, comparsi non solo nella nostra città, ma anche in altre città italiane. I nostri uffici di Ravenna Entrate, fatte le dovute verifiche, ci hanno informato del fatto che prima di concedere l’affissione il manifesto è stato vagliato dalla direzione e non sono state riscontrate le condizioni a norma di legge per negarne l’affissione. Questa amministrazione si dissocia con fermezza dal messaggio di falso pacifismo e di evidente propaganda a sostegno dell’inaccettabile e ingiusta occupazione del territorio ucraino da parte di Putin; da sempre la comunità di Ravenna è promotrice di pace e libertà ed esplicitamente e convintamente al fianco e solidale con il popolo ucraino».
Se ne deduce da quanto da lui stesso affermato che de Pascale, vassallo e megafono del pensiero unico, abbia provato a non far affiggere un manifesto, che riportava unicamente frasi di pace, perché in contrasto con il favore del suo partito per le continue esportazioni di armi, che alimentano un conflitto causa di morti e violenze per le popolazioni che abitano quei territori. Ossia de Pascale si è scusato per non aver contribuito con più efficacia ad occultare la continua violazione di principi costituzionali assoggettati ai ben più rispettati doveri di sudditanza alla NATO. Non essendo andato a buon fine l’intento censorio attraverso un’azione esplicita, c’è chi è arrivato allo stesso risultato nascondendo la mano. Leggiamo la segnalazione di Resistenza Popolare che «ignoti, che poi tanto ignoti forse non sono, hanno imbrattato almeno uno di questi manifesti per stravolgerne il senso». Così continua il comunicato: «Resistenza Popolare ritiene che questo gesto, oltre che ad essere un reato, sia indicativo del clima che si respira in questo paese. Un clima, promosso da tutti i partiti maggiori e da tutti i media più diffusi, volto a far accettare all’opinione pubblica la possibilità che l’Italia prenda parte attiva alla guerra che divampa nell’Europa Orientale». Il comunicato si conclude con un appello: «Resistenza Popolare si attende che la manomissione di questi manifesti venga condannata dall’amministrazione comunale e dai gruppi consiliari che siedono a Palazzo Merlato come pure dalla società civile nelle sue varie articolazioni e dai partiti politici, in particolare quelli che si proclamano seguaci del pensiero di Voltaire e Rousseau. Ricordiamo che, qualche anno fa a Ravenna, venne danneggiato il manifesto di una associazione che difende i diritti civili, giustamente ci fu una levata di scudi generale, un appellarsi all’art. 21 della Costituzione, una gara ad esprimere, doverosamente, generale riprovazione per quel gesto. Resistenza Popolare, ora, si aspetta un atteggiamento analogo».
Ravenna in Comune aderisce alla richiesta di condanna dell’atto censorio con cui si è tentato di zittire una delle poche espressioni discordi dal pensiero unico di propaganda della guerra. Non solo. Ricordiamo il centinaio di ordigni nucleari controllati dagli Stati Uniti sul territorio della Penisola che fanno dell’Italia un obiettivo in qualunque conflitto termonucleare. Chiunque, con qualsiasi mezzo, sia pure un semplice manifesto, promuova la cessazione del conflitto in atto tra un Paese, l’Ucraina, sostenuto da un’organizzazione internazionale dotata di armamenti nucleari, la NATO, ed una Nazione in possesso di analoghi armamenti, la Russia, sta rispettando il dettato della nostra Costituzione antifascista. Chi, all’opposto, promuove incessantemente la continuazione della guerra (ostacolando soluzioni diplomatiche), aderisce pienamente, anche se lo nega, a valori che la nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, bolla inequivocabilmente come fascisti. Teniamolo tutte e tutti bene a mente.
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Resistenza Popolare: «Manifesti “La Russia non è il mio nemico” imbrattati. Inaccettabile»
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art. 21)