LA RESISTENZA NON E’ TERRORISMO – COSE FUORI DAL COMUNE

Oggi, 25 agosto, si commemorano gli 80 anni dall’eccidio del Ponte degli Allocchi a Ravenna che, proprio per questo, è stato ridenominato Ponte dei Martiri. Vennero uccisi dalle Brigate Nere Fasciste “Ettore Muti”: Domenico Di Janni, Augusto Graziani, Mario Montanari, Michele Pascoli, Raniero Ranieri, Umberto Ricci, Aristodemo Sangiorgi, Valsano Sirilli, Natalina Vacchi, Giordano Vallicelli, Edmondo Toschi, Pietro Zotti. All’alba del 25 agosto Umberto e Natalina furono impiccati, Mario fu colpito a morte in un tentativo di fuga e gli altri vennero fucilati vicino agli appesi. Gli assassinati si chiamano martiri perché nel contesto in cui operavano erano consapevoli del rischio in cui mettevano la loro stessa vita partecipando alla Resistenza. Non fu un eccidio, come tanti altri, di persone estranee alla lotta antifascista, ma quelle persone vennero colpite perché identificate dal fascismo come “esseri spregevoli al servizio della tirannia rossa”. Proprio così li definì la Prefettura di Ravenna nel manifesto che fece affiggere dopo le esecuzioni. E la Prefettura, cioè il potere istituzionale, aggiungeva: “Chi non ha perduto il senso morale deve rabbrividire innanzi a queste affermazioni di trionfo della delinquenza e deve necessariamente riconoscere la nostra legittima difesa, giacché è nostro intendimento vivere e far vivere la popolazione nel lavoro e in piena tranquillità. Politicamente si può pensare come si vuole, ma l’assassinio premeditato non può servire l’Idea e quindi non si può confondere come si tenta di fare il delinquente con l’idealista”. Secondo la Prefettura l’esecuzione aveva riguardato persone assoggettate al “comunismo come concezione materialista e bestiale che abbassa l’uomo al di sotto di ogni livello morale. La legittima difesa è, quindi, pienamente giustificata e continuerà”.

In una situazione di guerra, con l’Italia spaccata in due, l’Emilia-Romagna si trova sotto occupazione tedesca. I rastrellamenti sono pratica corrente e riguardano sia persone condotte ai campi di lavoro che derrate alimentari prelevate dalle campagne. Le squadracce fasciste, coperte dalla protezione militare tedesca, compiono direttamente atti criminali nei confronti della popolazione inerme: sequestrano, taglieggiano, uccidono, rubano, picchiano e partecipano a pieno titolo alle rappresaglie nel caso di atti di Resistenza sia nei confronti degli autori degli atti che di loro famigliari o vicini di casa o di persone a caso. È l’attuazione pratica dei bandi emanati dal generale e criminale di guerra Albert Kesselring, comandante in capo delle forze militari tedesche che occupano l’Italia:

1) Iniziare nella forma più energica l’azione contro le bande armate di ribelli, contro i sabotatori ed i criminali che comunque con la loro opera deleteria intralciano la condotta della guerra e turbano l’ordine e la sicurezza pubblica.

2) Costituire una percentuale di ostaggi in quelle località dove risultano esistere bande armate e passare per le armi i detti ostaggi tutte le volte che nelle località stesse si verificassero atti di sabotaggio.

3) Compiere atti di rappresaglia fino a bruciare le abitazioni poste nelle zone da dove siano stati sparati colpi da arma da fuoco contro reparti o singoli militari germanici.

4) Impiccare nelle pubbliche piazze quegli elementi riconosciuti responsabili di omicidi o capi di bande armate.

5) Rendere responsabili gli abitanti di quei paesi dove si verificassero interruzioni di linee telegrafiche o telefoniche, nonché atti di sabotaggio relativi alla circolazione stradale (spargimento di rottami di vetro, chiodi o altro sui piani stradali, danneggiamento di ponti, ostruzioni delle strade)”. [Da Il Resto del Carlino del 30 luglio 1944].

Le direttive impartite dal CUMER, il comando unico militare della Resistenza in Emilia-Romagna, l’organizzazione militare antifascista che coordinava la lotta armata in Regione, operativo dal 1944 erano del resto speculari alle contromisure dei nazi-fascisti: incitavano ad intensificare le azioni di sabotaggio, generalizzare la lotta contro l’occupante e uccidere gli invasori.

Il 25 agosto 1944, dopo aver portato a termine l’eccidio, l’ufficio politico investigativo del comando provinciale di Ravenna della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR, la formazione militarizzata al servizio della Repubblica Sociale fascista nella lotta contro la Resistenza) inviava un rapporto riservato al comando generale:

la mattina del 25 agosto verso le 5, nello stesso luogo ove era stato ucciso Leonida Bedeschi è stato giustiziato con impiccagione Ricci Umberto, colpevole e Lina Vacchi, di circa 30 anni, sovversiva, più dieci elementi sovversivi tenuti in ostaggio e fucilati”.

L’eccidio, infatti, è la “risposta” all’uccisione di Leonida Bedeschi, uno squadrista della “Ettore Muti”, un feroce assassino conosciuto come “Cativeria”, da parte di un giovane partigiano della Brigata Garibaldi, Umberto Ricci (nome di battaglia “Napoleone”). L’obiettivo gli viene indicato da Lina Vacchi, capo servizio sanitario della Brigata Garibaldi. Al momento della cattura Umberto ha in tasca un biglietto con il nome di Bedeschi e di altri due fascisti da colpire. Nei giorni successivi la “Ettore Muti” compie moltissime perquisizioni e arresti: quasi quattrocento persone finiscono in carcere. L’ordine è di catturare più persone possibile note come antifasciste o come tali sospettate. Sono gli “ostaggi di Kesselring”. Oltre che per la morte di Bedeschi devono “pagare” per quella di altri 6 fascisti giustiziati dagli antifascisti nei giorni precedenti.

Qui si conclude questa storia, per quanto molto parziale e partigiana, di quei fatti e di quei giorni. Oggi, 25 agosto 2024, gonfaloni e banda li ricorderanno con tanto di discorso del Sindaco in cui si ripeteranno parole come “sacrificio” e “lotta per un mondo migliore”. Non si ricorderà invece che la lotta era armata perché in quei tempi e in quelle circostanze non c’era altro modo di far prevalere la Repubblica costituzionale in cui viviamo. E non si dirà nemmeno che se non ci fosse stata la lotta partigiana probabilmente oggi vivremmo in uno Stato monarchico disciplinato dallo Statuto Albertino, come gran parte dei cosiddetti “Alleati” avrebbero di gran lunga preferito. Eppure è fondamentale ricordarlo, così come ricordare che il fascismo non fa sempre la cortesia di presentarsi in camicia nera, salutando romanamente, per farsi riconoscere. Ci sono più fascismi, godono di ottima salute e prosperano in Italia e nel Mondo. In Italia si trova chi pensa ed agisce in maniera fascista sia nel centrodestra che nel centrosinistra, anche se i segni esteriori li indossa solo la destra. Nel mondo i simboli sono diversi da quelli che conosciamo in Italia. I fascisti e i nazisti, però, si riconoscono dai loro comportamenti, dalla loro ideologia, dal razzismo, dalla repressione violenta e dall’autoritarismo prima ancora che dall’ostentazione dei fasci littori e delle croci uncinate. E chi vanta tra gli antenati qualcuno che ha subito la violenza fascista e nazista non è immune dal rischio di esercitare a sua volta la stessa violenza fascista e nazista. Come ampiamente dimostrato dal genocidio del popolo palestinese attuato dall’Esercito israeliano.

La Carta delle Nazioni Unite è stata stilata dopo la sconfitta del nazi-fascismo nel secondo conflitto mondiale. La Carta chiama così il diritto di Resistenza: “diritto naturale di autotutela individuale o collettiva” (art. 51). È il diritto dei popoli a resistere, anche con la forza, quando la comunità internazionale non interviene in loro soccorso contro chi li aggredisce. È bene ricordarsene quando la pubblica informazione, che veicola il pensiero unico del liberismo dominante, attribuisce con leggerezza la patente di “terrorista” a chi, in tanti Paesi del Mondo, rifiuta di sottomettersi alla violenza fascista e nazista di cui è fatto oggetto. Oggi, se non vuole che il suo discorso sia vuoto e retorico, quel Sindaco, che a Ravenna ha fatto sventolare da Palazzo Merlato la bandiera di uno Stato nazi-fascista, dovrebbe decidersi a pronunciare la parola Palestina. E subito dopo condannare l’aggressore nazi-fascista israeliano e esprimere solidarietà all’aggredito palestinese. È dal 7 ottobre 2023 che stiamo aspettando.

Ora e sempre Resistenza.  

#RavennainComune #Ravenna #Resistenza #ponteAllocchi #antifascismo

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Episodio del ponte degli Allocchi, Ravenna, 25.08.1944

Fonte: Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia 

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L’ottantesimo anniversario dell’eccidio di Ponte dei Martiri, il programma della cerimonia

Fonte: RavennaToday del 24 agosto 2024

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Day 323 in Gaza: 40,334 Palestinians killed, 93,356 injured

Fonte: Al Mayadeen del 24 agosto 2024

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