Uccide e quando non ci riesce colpisce comunque duro. Non è il claim di un nuovo film su 007. A colpire è il lavoro e a certificarlo è l’INAIL. Al 30 giugno di quest’anno aveva ricevuto 469 denunce per morte sul lavoro con un aumento del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Più contenuto l’aumento delle denunce di infortunio, incrementate “soltanto” dello 0,9% rispetto al primo semestre dello scorso anno. Il numero complessivo, però, fa accapponare la pelle: quasi 300mila infortuni in soli sei mesi (299.303)! Crescono anche le denunce di patologia professionale che in sei mesi sono passate da 27.833 a 33.739, quindi con un aumento del 21,2%. Purtroppo la parzialità dei dati ne mina l’attendibilità: le cose vanno molto peggio di così. Essendo riferiti solo alle denunce pervenute all’istituto, infatti, restano fuori tutti i casi non pervenuti all’INAIL perché concernenti settori lavorativi esclusi dall’assicurazione o, semplicemente, accaduti entro quella voragine chiamata lavoro nero. Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, che tiene monitorate anche le morti che “sfuggono” all’INAIL, al 28 di luglio i deceduti erano 843, di cui 610 sui luoghi di lavoro e gli altri in itinere.
Come Ravenna in Comune ne conosciamo bene la causa: si chiama capitalismo e ha a che fare con la spremitura del lavoro per ricavarci più denaro possibile. Nella spremitura è quasi naturale che lavoratrici e lavoratori rischino di farsi male. L’unico modo di evitarlo è eliminare il capitalismo. In attesa della rivoluzione si può almeno provare a ridurlo regolamentando la sottrazione di quello che Marx chiamava plusvalore. Non ci sono processi lavorativi per i quali non sia possibile individuare preventivamente i rischi e le procedure per impedire il loro concretizzarsi. Ma l’ingordigia della spremitura porta il padrone ad eliminare quanto rallenta la spremitura stessa o riduce il plusvalore aumentando i costi da sostenere per la salvaguardia di lavoratrici e lavoratori. Dunque sono indispensabili controlli, frequenti ed efficaci, e sanzioni effettive che colpiscano il padrone, quello vero, oltre ai manager interposti a schermarlo.
Meloni dice: «Il Governo intende fare la propria parte. Siamo convinti che la strategia da seguire sia quella di prevedere controlli molto più stringenti, pene più severe per chi non rispetta le norme sulla sicurezza sul lavoro e una sempre più diffusa cultura della prevenzione». Si è presa la direzione giusta, allora? Niente affatto. È appena entrato in vigore il D. Lgs. 12 luglio 2024, n. 103 che piace tanto a Confindustria: «Il provvedimento nelle sue intenzioni mira a ridurre il carico burocratico e regolatorio che appesantisce il mondo produttivo cercando di eliminare gli oneri eccessivi o non necessari che derivano dai controlli e dalle ispezioni e che impattano direttamente sulle attività economiche, quindi, anche eliminare le duplicazioni e le interferenze tra le diverse tipologie di ispezioni». E ci crediamo che gli piace!
Tutto converge ad impoverire i controlli, a renderli meno frequenti possibile e a sminuirne le conseguenze. Vale a dire che nel caso di mancate violazioni il successivo controllo non può intervenire prima di dieci mesi. Prima di fare un controllo il padrone va avvisato per tempo (10 giorni) con la scusa di dargli modo di predisporre la documentazione. E dopo il controllo, se per caso ci fosse qualche irregolarità, invece di una sanzione, che sarebbe brutto, il padrone viene invitato a mettere a posto le cose a posteriori così da evitare conseguenze. C’è anche la possibilità di certificare il livello di gestione del rischio a cui ogni padrone è associato. Un compito del controllore? Per carità! Il padrone paga e trova qualche altro privato che certifica che il suo rischio è basso, in modo da diminuire ulteriormente la probabilità di un controllo. Se poi, per caso, nonostante tutto ciò, suonassero alla porta del padrone due volte, allora si blocca tutto. Infatti non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sullo stesso padrone contemporaneamente. Ci sono eccezioni e formalità da rispettare, ovviamente, ma il messaggio è ben chiaro e per questo l’organizzazione padronale gradisce. E il messaggio è: continuate a spremere come vi pare e faremo in modo che nessuno vi disturbi qualunque cosa accada.
Dunque, come prevedibile, il governo di centrodestra racconta la storiella che ci sta provando ma in realtà è totalmente dalla parte del padrone qualunque cosa faccia? Sì e no. Sì, nel senso che è il braccio armato del padrone come da che mondo e mondo le destre hanno sempre fatto. No, nel senso che il D. Lgs. 103/2024 emanato dal Governo Meloni non fa altro che attuare la delega prevista dall’art. 27, co.1, L. 5 agosto 2022, n. 118. Ossia una legge voluta dal precedente Governo Draghi con l’appoggio di centrodestra e centrosinistra…
Per questo non crediamo al centrodestra ma neanche al centrosinistra. Nessuna differenza significativa tra le loro posizioni se non nelle parole che usano apposta per sembrare diversi. Per questo Schlein può offrire collaborazione a Meloni: sostanzialmente vogliono la stessa cosa. E allora, per una volta, come Ravenna in Comune diciamo di preferire la trasparenza di de Pascale che, invece, di far finta di appoggiare la posizione di lavoratrici e lavoratori, come racconta Schlein, ha detto chiaramente che si rifiuta di appoggiare il referendum per eliminare il Jobs Act. Così come a suo tempo ha boicottato in ogni modo l’Osservatorio per la legalità e la sicurezza del lavoro che Ravenna in Comune aveva conquistato con le sue battaglie in Consiglio Comunale. Torneremo a dirlo, avvicinandosi il momento elettorale, perché quella delle elettrici (che sono anche lavoratrici) e degli elettori (che sono anche lavoratori) sia una scelta consapevole: Meloni o Schlein, Ugolini o de Pascale, per loro non cambierà niente e si continuerà a morire come e più di prima.
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Ispezioni sui luoghi di lavoro, entra in vigore il decreto che abbuona le sanzioni, certifica il “rischio basso” e avvisa dei controlli