Ieri era il giorno di festa per la ricorrenza di Sant’Apollinare. E tutta la stampa ha riportato le “meraviglie” di quei fuochi d’artificio che pur avevamo invitato il Sindaco a non far esplodere informandone la stessa stampa. L’Assessore in procinto di chiudere anticipatamente il mandato con delega al Turismo, Giacomo Costantini, non ha avuto vergogna a tirar fuori parole a caso. Quella degli spari, secondo lui, sarebbe «un’occasione unica per immergersi in un’atmosfera di meraviglia, riscoprendo le bellezze dei nostri lidi. Un’opportunità di vivere un’esperienza autentica, che mette in luce le nostre radici e il calore dell’accoglienza locale. È un momento di gioia condivisa, che valorizza la nostra identità e promuove il nostro patrimonio naturale, rendendo questa serata un appuntamento imperdibile nel calendario degli eventi annuali». Lo riporta con molta puntualità la stampa. Cosa c’entrino «le nostre radici» (che sempre più spesso centrodestra e centrosinistra citano a sproposito) con i “bengala” e le “girandole”, i “botti” e i “raudi” deve averlo rivelato in sogno direttamente Apollinare al “buon” Costantini, perché altre fonti non lo rivelano.
Purtroppo nessuna informazione è stata data dagli organi di informazione sulle conseguenze negative per la salute di uomini e animali e sull’inappropriatezza etica di quello che per l’Assessore è un «evento consolidato». Eppure su questo, invece, le fonti scientifiche e di cronaca abbondano. Ogni “spettacolo” dà un importante contributo in termini di polveri sottili. E non ce ne sarebbe davvero bisogno: sino alla notte degli “spari” i dati di ARPA già registravano 43 sforamenti dei limiti massimi per i valori di PM10 nella stazione di rilevamento più vicina alla costa (la San Vitale). Il limite massimo previsto per 12 mesi è di 35 e abbiamo appena varcato la metà dell’anno… Non basta. Durante gli spari sono emesse in aria altre sostanze. Roba come lo stronzio, lo zolfo, il titanio e il piombo che nessun medico consiglierebbe di respirare. Va aggiunto che gli involucri di polimeri sintetici che racchiudono le polveri esplosive vanno a finire in mare contribuendo a quell’inquinamento a base di plastica che si racconta di voler evitare. E poi c’è l’inquinamento acustico, quello che viene abitualmente irriso dalle Istituzioni, e che colpisce i soggetti più fragili della specie umana (specie bambini e anziani) e degli altri animali. Stress nei casi migliori. Morte in conseguenza dello spavento quando va male. Tutto questo senza contare che quella dei “botti” è una vera e propria fabbrica di incidenti spesso mortali. Esattamente nove anni fa, il 24 luglio 2015, ci fu un’autentica strage a Modugno, in provincia di Bari: dieci morti. Purtroppo non è stato un caso unico: ogni anno le fabbriche dei fuochi accumulano morti e feriti come se fossero scarti di lavorazione. Anche quest’anno gli organi di informazione sono stati debitamente informati degli appelli che alcune associazioni hanno indirizzato al Sindaco, nella sua veste di autorità sanitaria locale, perché evitasse di dar corso agli spettacoli pirotecnici. Anche quest’anno gli organi di informazione sono stati debitamente informati della segnalazione che le stesse associazioni hanno inviato alla Procura della Repubblica circa il configurarsi di un apposito reato stante la pericolosità dell’evento pirotecnico. Non ne abbiamo letto da nessuna parte e nulla ne avremmo saputo se Ravenna in Comune non ne avesse a sua volta ricevuto notizia. Se qualcosa di quanto sopra detto fosse effettivamente uscito sulla stampa su carta o online e ci è sfuggito, chiediamo anticipatamente scusa, ma…
Come Ravenna in Comune invitiamo chi legge ad usare questa storia, piccola o grande che la si ritenga, come cartina di tornasole per verificare come normalmente ci vengono fornite le notizie da molti organi di informazione. Gli articoli sono troppo spesso né più né meno che degli equivalenti delle veline passate dall’ufficio stampa comunale. O dall’Autorità Portuale. O dall’ufficio stampa della grande azienda. Insomma da qualcuno che decide cosa verrà letto e a cui, con qualche importante eccezione, nessun giornalista contribuisce con due righe di informazione integrativa capace di stimolare il pensiero critico del lettore. Una volta il termine “velina” era offensivo per un giornalista. Non perché faccia anche riferimento ad una determinata trasmissione televisiva che sta al giornalismo come i bastoncini findus al pesce. Quanto piuttosto perché il suo significato originale è quello di “comunicazione inviata dalle autorità alla stampa allo scopo di condizionarne l’attività”. Erano le note di servizio che negli anni “30 del secolo scorso venivano distribuite alla stampa dopo essere state dattiloscritte su carta velina in quanto era il modo più semplice per realizzarne più copie contemporaneamente. Le “autorità” si aspettavano che i giornali riproducessero i testi letteralmente senza integrazioni o informazioni alternative. E ciò che si aspettavano si realizzava puntualmente. A proposito: le “autorità” che inviavano le veline erano quelle fasciste, naturalmente.
Come Ravenna in Comune speriamo che qualche giornalista che magari si sente chiamato in causa torni ad offendersi. E magari torni anche a fare il giornalista. Dopo tutto fra breve verranno autorizzati anche gli spari di Ferragosto e, comunque, le veline non sono certo un’esclusiva dei botti…
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Spettacolo in cielo: i fuochi d’artificio di Sant’Apollinare illuminano la costa. In tantissimi lunedì sera si sono soffermati nei lidi ravennati per ammirare lo spettacolo di fuochi d’artificio dedicato al patrono della città, Sant’Apollinare