Il porto prende un’altra botta. O meglio, visto che il porto è un luogo di attività che camminano sulle gambe di persone in carne ed ossa, scompare dalla scena un altro operatore ravennate. È stato appena annunciato ufficialmente da Legacoop, infatti, la conclusione dell’impegno assunto come centrale cooperativa nell’ambito del quale: «nella piena consapevolezza della gravità della crisi attraversata da Cofari, ha accompagnato la cooperativa alla ricerca di partner che rilevassero l’attività storica di facchinaggio. Dopo varie interlocuzioni, nell’impossibilità di reperire realtà del territorio interessate, è stata individuata un’azienda lombarda, la Elle Emme Logistica, che fornisce tutte le garanzie di solidità e legalità. Nel complesso, di fronte a una crisi aziendale ormai irreversibile, è stato raggiunto un obiettivo importante, garantendo la salvaguardia dell’occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori».
Di quello che era Cofari, ceduto il ramo facchinaggio che impiegava un centinaio di lavoratori e cessata l’attività dei traslochi (con una decina di addetti), resta solo l’attività dei depositi per terzi in zona Bassette. Fondata nel 1974 aveva appena soffiato sulle 50 candeline. Il centro principale delle attività è stato quello portuale approfittando del fatto che il porto moderno è stato appositamente realizzato lasciando tutta la proprietà di piazzali e magazzini in mano ai privati terminalisti, diversamente dagli altri porti italiani “normali”. Quella che a Ravenna è stata definita come “la felice anomalia” (felice per i padroni, naturalmente) ha consentito infatti di abbandonare alla magia della “mano invisibile del privato” tutte quelle attività di movimentazione, deposito e facchinaggio, svolte negli spazi coperti e scoperti dietro le banchine, che appunto nei porti “normali” sono soggette ad autorizzazione dell’Ente pubblico di regolazione (Autorità Portuale) previa valutazione della capacità tecnica ed organizzativa di svolgerle, nonché del rispetto del contratto nazionale dei porti. Dunque dagli anni “70 del secolo scorso Cofari, che pur figura fra i pochi soggetti autorizzati anche all’esercizio sulle banchine, si è trovata a lavorare negli ampi spazi privati dove nessuna autorizzazione è richiesta e nessuno, a parte il privato committente, esamina qualità e capacità dell’appaltatore.
Il comunicato di Legacoop aggiunge: «La crisi di Cofari deve rappresentare un monito per tutto il sistema logistico del territorio emiliano-romagnolo e in particolare per quello portuale. Come è noto, il comparto del facchinaggio negli ultimi decenni si è destrutturato, con l’ingresso nell’area portuale di aziende che operano con tariffe non sostenibili da società cooperative come Cofari, che hanno sempre lavorato nella piena legalità, investendo in sicurezza e formazione e applicando i contratti firmati dalle parti sociali più rappresentative». A consentire questa destrutturazione è stata proprio “la felice anomalia” di rendere possibile ai padroni di strizzare ai minimi termini le condizioni di lavoro, di favorire subappalti all’infinito, di frammentare i lavoratori in categorie e sottocategorie diversamente rappresentate, tutelate e contrattualizzate.
Ora “la felice anomalia” presenta il conto. Ravenna in Comune ha già avuto modo di rappresentare che stanno sparendo tutte le storiche famiglie padronali (pardon, “imprenditoriali”) ravennati. L’elenco dei venditori è lungo: Bezzi, Cirilli, Poggiali, Ravaioli, Rosetti, Trombini, Vitiello solo per dire i primi che vengono in mente senza onere di completezza. Tocca alle cooperative adesso? Cofari dopo CMC. Ad acquistare non sono altri ravennati. I nuovi padroni vengono da fuori regione quando non dall’estero. In alcuni casi fondi internazionali.
L’Amministrazione de Pascale (che alcune voci danno in anticipata conclusione) nomina uno dei tre membri del comitato di gestione dell’ente porto. E poi tramite Ravenna Holding detiene una grossa fetta di SAPIR, cioè del più grosso proprietario “terriero” dello scalo nonché il più grande operatore sia come singolo che come gruppo. Eppure il Sindaco non ha mai coltivato un pensiero proprio sul porto, recependo in tutto e per tutto i voleri dei privati. Ed anche di questo, ora, si paga il prezzo.
Legacoop, come si fa sempre nei coccodrilli, dipinge il caro estinto come la miglior persona al mondo: «Nell’arco della sua attività Cofari ha garantito crescita sociale e buona occupazione nel pieno rispetto delle normative a generazioni di lavoratori, caratterizzandosi come un presidio di legalità». Già questo avrebbe potuto rappresentare un obiettivo di politica portuale da perseguire esteso a tutto lo scalo per de Pascale & co. Oramai è troppo tardi. Come Ravenna in Comune non vediamo l’ora di stendere il necrologio dell’attuale maggioranza. Nella speranza di non dover leggere prima di altre perdite in quello che è probabilmente il più importante fattore di potenziale sviluppo dell’economia ravennate.
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Cofari in crisi: ceduto il ramo facchinaggio e cessata l’attività traslochi
L’azienda lombarda Elle Emme Logistica ha rilevato l’attività di facchinaggio della Cofari di Ravenna che conta un centinaio di lavoratori. Legacoop: «Al porto ci sono aziende che operano con tariffe non sostenibili da società cooperative come Cofari, che hanno sempre lavorato nella piena legalità»