100 anni fa, il 10 giugno 1924, un gruppo di assassini fascisti eseguiva l’ordine di Mussolini di far tacere Giacomo Matteotti, detto “Tempesta”, segretario del Partito Socialista Unitario. Tante le ragioni per sopprimerlo: dalle continue denunce delle violenze fasciste, alla pubblicazione del suo scritto “Un anno di dominazione fascista” (poi, pochi mesi dopo la sua morte, ripubblicato in traduzione in inglese: “The Fascists exposed; a year of Fascist Domination”), all’ultimo discorso alla Camera di denuncia dei brogli elettorali con richiesta di invalida delle elezioni, al discorso mai pronunciato (previsto per il giorno successivo al suo assassinio) in cui avrebbe dovuto denunciare la corruzione dei fascisti più vicini a Mussolini nelle scandalo dei petroli…
Oggi in tanti cercano di intestarsi il santino Matteotti: lo ha fatto Meloni nella commemorazione in Parlamento, lo ha fatto Schlein nell’ultimo discorso pre-elettorale… Meloni è alla guida di un partito che tiene la fiamma tricolore nel simbolo, preso a prestito da quel Movimento Sociale Italiano erede del Partito Nazionale Fascista di cui si considera legittimo successore. Schlein è alla guida di un partito che ha volontariamente espunto dal simbolo ogni riferimento al socialismo. Eppure entrambe hanno la faccia tosta di dimenticare che Matteotti è stato un leader socialista assassinato dai fascisti. Eppure entrambe portano addosso il voto favorevole dei rappresentanti di Fratelli d’Italia e Partito Democratico nel parlamento europeo alla mozione di equiparazione del comunismo al nazismo. Fratelli d’Italia quando parla di lavoro pensa a come dar soldi alle imprese; il Partito Democratico quando parla di lavoro pensa a come dar soldi alle imprese…
Invece Matteotti dichiarava: «Quando i lavoratori non avevano conquistato ancora coscienza di classe invano essi attendevano sorte migliore. Non dalla grazia di un tiranno, ma unicamente dall’acquisto della coscienza di cittadino e di lavoratore potrà la classe lavoratrice italiana aspettare la salvezza. È tempo che i dormienti si sveglino, le schiene si drizzino e le libere coscienze si uniscano per restituire l’Italia alla civiltà» [Per non dormire, da “La Giustizia”, 23 settembre 1923]
Per togliere ogni legittimità a chi, indegnamente, cerca di appropriarsi della memoria di un convinto socialista, dalla parte di lavoratrici e lavoratori, pubblichiamo integralmente uno scritto di Matteotti uscito ad inizi 1923, pochi mesi dopo la marcia su Roma e l’affidamento del Governo a Mussolini da parte del Re.
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Una volta in Italia gli operai erano pagati a 50 cent., il giorno, i contadini a 430, e parecchi impiegati e maestri a meno di una lira al giorno. Essi si presentavano a uno a uno ai padroni, che così disponevano quasi della loro vita. I socialisti insegnarono ai lavoratori a organizzarsi, per avere più pane, più libertà e più istruzione. Per ammettere i lavoratori alle loro associazioni, nessuno chiedeva a che partito appartenesse o quale religione professasse. Tutti i lavoratori liberamente partecipavano all’associazione. Ma appunto bastò che i lavoratori fossero riuniti in associazione, che il contratto, la difesa del loro salario e della loro dignità, fosse fatto collettivamente e con solidarietà, perché le loro organizzazioni compissero di fatto opera socialista, di elevamento del proletariato contro il parassitismo capitalista. Lo Stato reazionario cercò nel ’94, nel ’98, nel ’99, di rompere poliziescamente le organizzazioni, ma non vi riuscì, per la difesa democratica della libertà. Tentarono poi i clericali di dividere i lavoratori, istituendo organizzazioni a parte per quelli che si intitolavano “i cattolici”, ma che in realtà dovevano fare i krumiri. Il trucco era evidente: i clericali non si erano mai sognati prima d’allora di organizzare i lavoratori, e non si sono mai sognati di distinguere un’associazione di padroni cattolici, di agrari cattolici, d’industriali cattolici; vi doveva essere l’organizzazione solo dei “lavoratori cattolici” per dividerle in due schiere avverse e facilitare la resistenza dei padroni. Ma anche codesto tentativo non riuscì, i lavoratori e gli organizzatori cattolici in buona fede, per il solo fatto di essersi associati, cominciarono a esercitare anch’essi un’azione equi-valente a quella delle organizzazioni libere non confessionali. Tutte le associazioni di lavoratori andavano così uniformandosi istintivamente alla azione socialista. Non vi sarebbe mai stato bisogno che le associazioni si dichiarassero socialiste o alleate. Bastava il fatto della organizzazione e della libertà, perché esse esercitassero la benefica azione socialista di miglioramento e di elevazione; attenuando a poco a poco i primi egoismi di categoria e le esagerazioni. Ora viene il Governo fascista. Lascia sciogliere con la violenza le organizzazioni libere di lavoratori. Non scioglie nessuna organizzazione di capitalisti, neppure se ladra del pubblico denaro. Lascia occupare le sedi dei lavoratori organizzati e distruggere le loro cose. Non occupa e non distrugge nessuna organizzazione di padroni, neppure se ladri del tempo di guerra o della Patria. Afferma che non devono più esistere organizzazioni di lavoratori sul terreno della lotta di classe. Ma nel suo stesso comunicato ufficiale del 12 gennaio, riconosce e si mette in rapporto con le organizzazioni padronali classiste. Ha istituito organizzazioni di lavoratori fasciste, ma non ha istituito organizzazioni di padroni fasciste. Perché? O perché i padroni organizzati, resistendo alle domande dei lavoratori, già esercitano azione cara al Governo, contraria all’elevamento della ” vile massa”? o perché solo i lavoratori non devono liberamente organizzarsi, col pericolo di diminuire il profitto capitalistico e aumentare quello del lavoro? Gli infiniti Governi fascisti d’Italia non mettono becco nelle Agrarie e nelle Confederazioni Industriali, ma proibiscono agli operai di aderire ad altra organizzazione che non sia quella fascista, boicottano, come dei volgari bolscevichi, gli operai che non si inscrivono ai fasci; perseguitano fino nelle loro case gli inscritti alle libere organizzazioni. Le Agrarie e le Confederazioni dell’industria, deliberano nelle loro sedi quello che vogliono, e trattano a tu per tu col Governo. I liberi sindacati non possono riunirsi. Gli stessi sindacati operai fascisti non si riuniscono in libere assemblee, ma debbono eseguire ciò che ordina il club politico fascista. Alla proprietà, il comunicato del Gran Consiglio fascista garantisce “la libera e proficua esplicazione”. Al lavoro non è concessa che l’obbedienza agli ordini, e a eque condizioni se rinunzia alla sua libertà politica. Ripetiamo. Il principio della organizzazione dei lavoratori manuali o intellettuali è principio eminentemente socialista, e condizione indispensabile del loro elevamento. I lavoratori liberamente organizzati esercitano automaticamente opera socialista. Per ciò i socialisti non chiedono organizzazioni socialiste, ma libere a tutti i lavoratori. Non chiedono al lavoratore di intitolarsi socialista per potersi associare, ma di essere soltanto un organizzato disciplinato. La libertà e l’esperienza sono le grandi maestre. I socialisti dedicano la loro opera ad allargare la visione degli organizzati, dagli egoistici interessi di categoria a quelli più larghi di classe, cioè a beneficio di tutti coloro che lavorano. I reazionari di tutti i colori di una volta e di oggi, dedicano invece la loro opera a dividere le organizzazioni operaie, a distruggerle o ad asservirle, a togliere loro la libertà, soffocandole in una vernice gialla, bianca, rossa e verde, nell’interesse della speculazione e della plutocrazia.
Giacomo Matteotti
[da “La Giustizia”, 28 gennaio 1923]
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