SALVARE LE TORRI HAMON PER SOGNARE UN FUTURO DIVERSO

Torri Hamon. I fratelli Achille e Fernard Hamon si rivolteranno nella tomba a sentire le motivazioni che spingono a distruggere le torri che da loro hanno preso il nome e che sono un tratto distintivo della nostra archeologia industriale: non si vogliono tirar fuori i quattrini per la loro manutenzione. «Non stiamo parlando delle piramidi, ma di beni non vincolati in zona industriale». Così il Presidente dell’Ente Porto ravennate. Questione di punti di vista? Italia Nostra ne dà un’immagine totalmente diversa che sentiamo più corretta, più vicina a tutte e tutti coloro che hanno la capacità di guardare oltre l’orizzonte del portafoglio: «spazi inimmaginabili e mozzafiato, di una bellezza che lascia attoniti per l’imponente maestosità e la perfezione della forma ad iperboloide, definita da una superficie di blocchi armati di soli 30 centimetri di spessore che svetta fino all’altezza di 55 metri».

Lo anticipavamo ieri: «Sono 20 anni che ENI cerca di fare sparire le torri Hamon e da altrettanto tempo il Presidente volta a volta insediato al vertice dell’Ente Porto presenta progetti preordinati a giustificarne l’annichilimento. All’epoca era Giuseppe Parrello a fare da sponda ai desideri di abbattimento covati dal cane a sei zampe presentando la spianatura come indispensabile nell’ambito di un ambizioso progetto per la realizzazione di una Cittadella della Nautica. Ora è invece Daniele Rossi a fornire lo spunto al colosso di Metanopoli con l’ipotesi ben più modesta di una distesa di pannelli solari». Così per Parrello, le torri non erano altro che «un manufatto in disuso, un ostacolo allo sviluppo dell’area». E minacciava: «se la Soprintendenza metterà il vincolo su quelle torri, l’accordo con Eni, proprietaria dell’area, è destinato a saltare». E per Rossi, oggi, vale che «Da parte del nostro ente c’è il dovere di acquisire beni su cui non insistano problemi di sicurezza. Se Eni afferma che le condizioni delle torri Hamon sono precarie, lo fa certamente a ragione».

Intanto sono arrivati già sul posto, in tutta fretta, i mezzi per una celere demolizione: una volta che sarà tutto distrutto, devono pensare ENI e l’Autorità Portuale, le discussioni finiranno in discarica come le macerie. Bene ha dunque fatto Italia Nostra ad inviare «diffida ad Autorità Portuale, Comune, Soprintendenza ed ENI a procedere alla demolizione almeno finché non sarà resa pubblica l’autorizzazione paesaggistica, in questo caso certamente necessaria in quanto l’intervento modifica in modo sostanziale il paesaggio. L’autorizzazione esiste e com’è motivata?». E, aggiungiamo come Ravenna in Comune, perché il Comune se ne frega come se non lo riguardasse? Proprio oggi, intervistato sul tema, l’ex Sindaco Mercatali ha confermato il cambio di rotta da parte di de Pascale: «La procedura di smantellamento degli impianti cui fu dato corso escludeva l’abbattimento delle due torri. Ricordo che si decise di lasciarle per il momento in piedi e di rimandare qualsiasi valutazione in un secondo tempo. E nel contempo, con lo smantellamento procedeva la bonifica dei terreni». Un mancato abbattimento immediato giustificato dalla loro importanza storica ed emblematica? «Esattamente. Rappresentavano un simbolo, la testimonianza concreta della crescita industriale di Ravenna dopo la guerra, il superamento dell’economia agricola in quel periodo di fine anni Quaranta e avvio dei Cinquanta».

Ravenna in Comune ricorda all’Amministrazione Comunale che ha una precisa responsabilità che impedisce al Sindaco di girarsi dall’altra parte mentre avviene l’ineluttabile. È lo stesso Regolamento di Polizia Urbana all’articolo 7 ad impedirglielo. Glielo ricordavamo ieri: «ENI doveva provvedere al mantenimento delle torri ed il Sindaco avrebbe dovuto a sua volta imporglielo. In mancanza di ottemperanza l’Amministrazione Comunale avrebbe dovuto direttamente farsi carico degli interventi, ovviamente ponendo i costi a carico di ENI. La disposizione prevede inoltre una sanzione in caso di inosservanza». Cos’ha da dire il Comune? Niente? E allora forse ha ragione la Direzione del Festival Internazionale di Musica d’Organo di San Vitale: «Una città che si fa tirare (molto forte) le orecchie dall’Antimafia di Salerno per odor di riciclaggio sull’ennesimo, inutile palazzetto dello sport, si accanisce sullo skyline della propria storia: i pini secolari sono il nemico da abbattere, e adesso l’ex Sarom. Avanti tutta coi centri commerciali».

Italia Nostra ha lanciato una manifestazione di sensibilizzazione, per chiedere la tutela delle torri di raffreddamento “Hamon” dell’ex SAROM, domenica 7 aprile, dalle ore 16.00 alle 18.00 presso la Darsena di Città in testata Candiano a Ravenna. Ravenna in Comune aderisce ed invita la cittadinanza a partecipare numerosa. Perché una città che permette venga cancellato il proprio passato è una città senza possibilità di sognare un proprio futuro. Un futuro con un orizzonte diverso da quello ingombro solo di centri commerciali che si sta realizzando.

[L’immagine è una rielaborazione da una fotografia di Adriano Zanni]

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Ravenna, già pronte le gru per abbattere le torri Hamon, ma Italia Nostra diffida: “Prima l’autorizzazione paesaggistica”

Fonte: Corriere Romagna del 29 marzo 2024

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