Un anno fa, durante la notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, un’imbarcazione proveniente dalla Turchia, con quasi duecento persone a bordo, si schiantò davanti alla riva di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, affondando assieme al suo carico umano. Il bilancio fu di 94 morti, di cui furono recuperati i corpi, più altri 20 di cui non furono mai restituiti dal mare i resti. Solo a una minoranza degli imbarcati, 81 persone, riuscì di sopravvivere alla strage. Fu cronaca di morte annunciata visto che il Summer Love, così si chiamava l’imbarcazione, era già stata avvistata e segnalata con considerevole anticipo, così come era noto lo stato del mare in burrasca. Nonostante questo la Guardia Costiera non venne fatta intervenire.
Tra ieri, oggi e domani si terranno manifestazioni organizzate dall’associazione Rete 26 febbraio. In occasione dell’anniversario arriveranno a Cutro 52 persone, in gran parte familiari dei morti, da Francia, Svizzera, Olanda, Finlandia, Svezia, Stati Uniti e Germania. E proprio dalla Germania riusciranno a raggiungere Cutro anche 9 superstiti del naufragio superando non poche difficoltà. Scrive infatti l’Avvenire che «il governo tedesco ritarda nella regolarizzazione di poche decine di persone, che già tanto hanno sofferto e il governo italiano sembra aver dimenticato quanto promesso alcuni giorni dopo la strage quando la premier Giorgia Meloni, ricevendo a Palazzo Chigi alcuni sopravvissuti e alcuni familiari, che non aveva incontrato a Cutro, assicurò che sarebbe stato garantito il ricongiungimento coi parenti rimasti nei campi in Turchia e Pakistan. Ma non è successo niente, anzi il cosiddetto “decreto Cutro”, approvato proprio poco dopo la strage, ha reso tutto più difficile se non impossibile. Così ci sono uomini che si sono salvati ma non riescono a farsi raggiungere da mogli e figli, anche piccoli, in gran parte per poi raggiungere altri Paesi europei. La morte li ha sfiorati ma dopo tante belle parole dei primi giorni ora è calato l’oblio e, come sempre, sono solo le associazioni del volontariato a occuparsi di loro».
Quello delle migrazioni è un aspetto legato a stretto giro all’umanità. Fin dal paleolitico ci spostiamo da un continente all’altro per le ragioni più diverse: cambiamenti climatici, guerre, epidemie o, semplicemente, alla ricerca di una vita migliore. Questo per dire che parliamo di fenomeni che sono abbondantemente al di là della possibilità di una soluzione definitiva affidata alle decisioni di una singola comunità, come quella organizzata nello Stato Italiano o, anche, di una serie di comunità, come quella che si autodefinisce, con molta enfasi ma poco senso della realtà, Unione Europea. Questo non significa disconoscere che l’Europa e l’Italia non abbiano fatto niente per gestire i flussi migratori. Qualcosa hanno fatto. Prima hanno creato problemi con il colonialismo e le pratiche neocoloniali e, poi, hanno sensibilmente aggravato le condizioni di chi migra. L’Italia, in special modo, si è distinta per una demonizzazione di quanto avviene, per gli ostacoli frapposti, senza riguardo ai costi umani che ciò comporta, e per la criminalizzazione di ogni serio tentativo di approcciare il problema. Basta pensare, come esempio, all’esperimento Riace, il cui smantellamento è stato avviato dal centrosinistra e perfezionato dal centrodestra. Con tanto di accanimento giudiziario nei confronti di chi lo aveva meritoriamente messo in piedi: Mimmo Lucano.
Come ricordavamo qualche mese fa, in occasione di un attracco della Ocean Viking: «I morti in mare, gli accordi con gli aguzzini libici per trattenere i migranti, i finanziamenti erogati a chi con qualunque mezzo impedisce loro di arrivare in Italia, la mancanza di modalità “normali” cioè non illegali per arrivare nel nostro Paese, non nascono con questo Governo. Che è un Governo dichiaratamente di destra. Come invece non si definiva il Governo a guida Gentiloni che aveva ministro degli Interni un certo Marco Minniti di tessera piddina a cui si deve buona parte di quanto sopra descritto. O almeno il suo aggravamento, visto che un certo tipo di politiche nascono ben prima, quando ad esempio era ministro degli Interni un certo Giorgio Napolitano. Ben prima del vituperato Salvini e della Lamorgese che gli è succeduta».
Ravenna in Comune invita chi rivestiva incarichi di Governo alle 4.00 del 26 febbraio 2023 a vergognarsi. E a condividere il proprio senso di vergogna con quanti lo hanno preceduto nel ruolo. Senza eccezioni. Arretrando nel tempo di anni e anni. Nessuno di lorsignori e signore ci ha mai rappresentato nelle stanze di Governo. Noi, se guardiamo i resti che ogni tanto affiorano del barcone affondato un anno fa, dobbiamo sopportare la vergogna di appartenere al consorzio umano, di avere la cittadinanza italiana e di poterci muovere più o meno liberamente in Europa e nel mondo. Loro, quei politicanti merdosi di ogni genere e tessera, avrebbero ben di più da vergognarsi. Ma siamo certe e certi che non si vergognano affatto. E allora si portino dietro la maledizione delle donne, degli uomini e dei bambini che la disperazione ed i profittatori della tratta hanno condotto lungo le rotte della speranza. E che per la loro stolta inumanità di politicanti schifosi non sono arrivati a destino né sono riusciti a tornare indietro. Lasciando come unica traccia delle loro esistenze qualche scarpa o qualche giacchetta colorata. Approfittiamo di questo anniversario per dirlo forte e chiaro: siano maledette le loro esistenze finché durano e i loro nomi per l’eternità.
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Migranti. Un anno dopo sulla tragedia di Cutro è calato l’oblio