Il capitalismo di rapina, come sempre, cerca di spremere fino all’ultimo euro le risorse su cui mette le mani. Sono tanti gli esempi davanti ai nostri occhi. Basta pensare all’attività estrattiva davanti a Lido di Dante da parte di ENI con l’Angela-Angelina. Le promesse di chiusura sono andate a vuoto e, in realtà, il cane a sei zampe non solo vuol portare a termine la concessione ma punta anche a una proroga. E chi se ne frega se, come perfino i repubblicani sono costretti ad ammettere, l’attività è incompatibile con la tutela del territorio che, ogni anno, si abbassa molto più della media delle località vicine. Stesso discorso con la cava della Saint-Gobain. Neanche il tempo di gioire per il grande risultato del riconoscimento come sito UNESCO per la vena del Gesso ed ecco che la multinazionale vi antepone l’estrazione fino all’ultimo grammo con la relativa distruzione di quello che era un monte (Tondo) e le grotte sottostanti di valore immenso. È stata data notizia della presentazione di un ricorso della multinazionale che chiede al Tar di annullare una serie di pronunciamenti regionali e nazionali, a partire dal primo via libera alla candidatura dei Gessi formalizzato dall’Emilia Romagna nel dicembre 2016, per arrivare alla delibera del gennaio 2022 del consiglio direttivo di Unesco Italia (ente legato al MInistero della Cultura), e al successivo sì del Ministero dell’Ambiente datato marzo 2022.
L’azienda descrive il proprio comportamento come «una procedura di ricorso amministrativo a titolo prudenziale perché riteniamo necessario essere coinvolti nel trovare una positiva soluzione di convivenza e garantire i livelli occupazionali del territorio». In realtà è nota l’intenzione già formalizzata di ampliare nel tempo, nei luoghi e nei quantitativi la possibilità di estrarre. Così come è nota l’interlocuzione che ha avviato a questo scopo con il Ministero.
La Federazione Speleologica, a caldo, non ha dubbi nel tratteggiare lo scenario che si prefigura: «Se le amministrazioni avessero mantenuto gli impegni politici che si stabilirono nel 2001, in 20 anni avrebbero determinato una riconversione produttiva dello stabilimento, salvato l’occupazione e smesso di distruggere la Vena del Gesso. Le amministrazioni non hanno fatto nulla in tal senso e oggi ci troviamo in questa situazione. È sempre così: rimandano e rimandano e le cose si accumulano nel tempo e si continua a distruggere. Perché è la cosa più semplice da fare, anziché trovare delle alternative produttive, altre attività da fare e operare per riconvertire. È più facile distruggere l’ambiente in Italia e così a Casola Valsenio e Riolo Terme: avanti con la distruzione!».
Non ci rassicurano per niente le parole di de Pascale quando dice che «è essenziale aprire subito un tavolo con tutti gli attori coinvolti, il Governo con il Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, la Regione Emilia-Romagna e gli enti locali, coinvolgendo anche le imprese e i lavoratori. Ciò che deve essere chiaro è che non può accadere che si perdano i posti di lavoro». Si tratta dello stesso de Pascale che prima ha sbandierato un presunto accordo per la chiusura dell’Angela Angelina e poi ha detto che non se ne faceva niente e, anzi, andava meglio così.
Come Ravenna in Comune abbiamo chiesto già al momento dell’aggiudicazione del riconoscimento Unesco «di rendere possibile, al momento della chiusura della cava, una transizione ad un lavoro sostenibile sia economicamente che ambientalmente per il territorio. Perché non possono essere domani i lavoratori della cava a dover sostenere il costo delle feste di oggi». Ma il punto resta fermo: le attività estrattive devono arrivare a cessazione, la Saint-Gobain non deve continuare a distruggere i fenomeni carsici tutelati per farne cartongesso!
[Nell’immagine: l’attività estrattiva della Saint-Gobain nella Vena del Gesso]
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Ricorso della Saint-Gobain contro la candidatura Unesco