Ravenna in Comune, come noto, nasce a Ravenna nel 2015 come lista di cittadinanza attiva. Benché il nostro obiettivo principale sia sempre stato quello di incidere sulla politica locale, non abbiamo mai rinunciato ad esprimerci su temi e problemi anche quando possedevano un carattere regionale, nazionale o perfino internazionale. Questo, specie quando sedevamo in Consiglio Comunale, ci ha portato la critica di uscire dal seminato, in quanto, secondo chi si è così espresso, avremmo dovuto spegnere il nostro pensiero tutte le volte che una tematica avesse travalicato i confini comunali. Per la cronaca si tratta di critiche che provengono prevalentemente da destra e vengono prontamente dimenticate quando dalla stessa parte si rivolgono richieste di innalzare questa o quella bandiera di uno Stato estero o di prendere posizione a favore di qualche tematica fascistizzante. Ciò detto, ci siamo sempre rifiutate e rifiutati di lasciarci condizionare nell’espressione del nostro punto di vista dalla distanza dell’oggetto del discorso rispetto agli scranni di Palazzo Merlato. Tutta questa premessa per dire che oggi non possiamo trattenerci dal tornare a parlare di Palestina e Israele.
Ieri a Gaza è stata bombardata dall’Esercito Israeliano (IDF) prima la scuola di Al-Fakhoora e poi un’altra a Tal al-Zataar provocando una vergognosa carneficina. Si tratta di scuole gestite dalle Nazioni Unite che stanno dando rifugio a migliaia di palestinesi costretti a lasciare le loro case. Non è la prima volta e non è il primo obiettivo colpito nonostante facesse riferimento all’ONU che ha avuto, ad oggi, più di 100 operatori assassinati dalle azioni dell’IDF. Non sono errori o vittime collaterali: Israele vuole togliere di mezzo la presenza dell’ONU dalla Striscia.
Sempre ieri l’IDF ha anche chiuso il più grande ospedale della Striscia, quello di al-Shifa, costringendo all’evacuazione a piedi di personale, pazienti, parenti e rifugiati. Da parte dell’IDF l’ospedale era già stato colpito da azioni violente, perquisizione di ricoverati e danneggiamenti. Ora non esiste più, dopo essere sopravvissuto a tutte le guerre succedutesi dalla sua fondazione nel 1946. Non si è trattato di un infortunio dovuto alla presunta e mai provata presenza di Hamas da qualche parte nella struttura. L’ospedale era diventato un simbolo di forza e di resistenza. Le immagini di neonati morti e mutilati trasmesse al mondo dall’interno dell’ospedale hanno fatto il giro del mondo. Israele lo ha voluto cancellare per tutto ciò.
Sono solo due esempi recentissimi di una delle più feroci guerre mai scatenate contro civili, donne e bambini. Il bilancio ufficiale delle vittime a Gaza non viene aggiornato da giorni a causa del collasso del sistema sanitario dell’enclave, che sin qui aveva raccolto i dati. L’ultimo dato ufficiale risale al 16 novembre ed enumera 11.697 vittime palestinesi, di cui circa 200 in Cisgiordania. Delle vittime 4.800 sono bambini e 3.200 le donne. Ad oggi si stima che tutte le morti palestinesi abbiano in realtà già superato le 12.000 unità. Sono stati uccisi almeno 200 medici, infermieri e paramedici. Almeno 51 giornalisti e rappresentanti dei media sono stati uccisi. I feriti sono più di 30.000, il 75% dei quali sono donne e bambini. Circa 25 ospedali e 250 strutture mediche sono fuori servizio. Almeno 55 ambulanze sono state distrutte. Il numero totale di edifici governativi completamente distrutti supera i 95.000 fabbricati. Tra questi il Parlamento di Gaza. 57 moschee sono state completamente distrutte ed altre 165 moschee sono state prese di mira e danneggiate dai bombardamenti. Anche tre chiese sono state distrutte. Il 70% di chi vive nella Striscia non ha accesso ad acqua pulita, per non parlare di carburante, energia, alimenti, farmaci, ecc.
Israele è uno Stato in cui vige il regime di apartheid, è uno Stato colonialista, è uno Stato fascista che reprime con violenza il dissenso degli stessi cittadini israeliani, uno Stato che viola il diritto continuando a detenere 5mila palestinesi strafregandosene delle convenzioni internazionali, di cui 1.200 senza aver mai formulato un’accusa o avviato un processo. Il Governo Netanyahu sta attuando una politica di deliberata “pulizia etnica” a Gaza e intende poi procedere similmente in Cisgiordania. Il progetto, dichiarato, è quello di iniziare con la deportazione di tutti i palestinesi da Gaza ed il loro trasferimento in Egitto, su cui USA e UE stanno già facendo pressione perché accetti, in cambio del sostegno economico. La terra e il mare di Gaza, compresi i campi metaniferi che si trovano nelle sue acque territoriali, diventerebbero così disponibili per Israele, realizzando un altro passo verso Eretz Israel.
L’Assemblea e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno deliberato che in Palestina debbano cessare le azioni di guerra statuendo che né i 1.200 morti e i 5.600 feriti israeliani del 7 ottobre, né le 200 persone israeliane tenute prigioniere a seguito degli attacchi di Hamas, giustificano la continuazione dell’indiscriminata violenza applicata da Israele sui 2 milioni e 300mila palestinesi che vivono nella Striscia (né peraltro le continue violenze sui palestinesi della Cisgiordania). Ma Israele si sente al di sopra della Comunità Internazionale e continua nella mattanza.
Come Ravenna in Comune sentivamo il bisogno di ricordare tutto questo. Forse servirà per non vedere mai più un Consigliere Comunale affermare che Israele va sostenuto qualunque cosa faccia in quanto sarebbe l’unica democrazia del medio-oriente. Forse servirà anche ad evitare che un Sindaco affermi nuovamente la legittimità di esporre la bandiera di Israele a fianco di quella della pace in segno di solidarietà al solo popolo israeliano. Entrambi peraltro non hanno sentito il bisogno di aggiungere altro sulle violenze che insanguinano la Palestina da più di un mese a questa parte, a coronamento dei precedenti decenni di violenze israeliane: ben prima e anche dopo le violenze operate da Hamas, dunque. Sentivamo anche il bisogno di ricordare l’articolo 11 della Costituzione Italiana:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Sentivamo, infine, l’indispensabilità di ricordare la terribilità del conteggio dei morti. Tutte le sofferenze da qualunque parte subita sono per noi da condannare senza “se” e senza “ma” pur nella comprensione di cosa abbia spinto l’una parte e l’altra alla violenza. È una violenza senza sbocco quella che punta a vincere sulla parte avversaria annichilendola. Resta comunque impressionante la disparità dei numeri delle vittime di una parte e dell’altra: 1.200 israeliani per 12.000 palestinesi. La consonanza con quell’atroce rapporto di 1 a 10 che si è impresso a fuoco nella memoria resistenziale delle repressioni in Italia durante il nazifascismo è agghiacciante. Solo una pace giusta per entrambi i popoli può fermare per sempre tutto questo. Altrimenti sarà solo questione di tempo. Quello che passerà prima che i sopravvissuti all’oggi cerchino la loro vendetta domani.
[Immagine da Gaza: fonte Al Jazeera]
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Horrific and appalling: Israel attacks 2 UN schools steltering thousands