In Palestina, a Gaza, sono state assassinate dall’Esercito Israeliano più di 10mila persone di cui la metà bambini. Tre volte tanto sono i feriti. Per le Nazioni Unite tutto ciò è inaccettabile. L’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre, i morti, civili e militari, per lo più israeliani che ne sono derivati ed anche il rapimento di duecento persone non giustifica la vendetta scatenata sulla striscia di terra più densamente popolata al mondo. Non giustifica la sistematica e deliberata distruzione di abitazioni civili, ospedali, scuole. Lo sterminio in atto, che segue decenni di atti di violenza israeliana, discriminazione e apartheid sui palestinesi di Gaza ed della Cisgiordania come pure sugli arabi di Israele, deve essere fermato. Ma le Nazioni Unite sono rese impotenti nella loro azione nonostante la mozione per il cessate il fuoco immediato adottata dall’Assemblea con l’approvazione di oltre due terzi dei componenti (e nonostante la vergognosa astensione dell’Italia).
Bene ha fatto dunque il Collettivo dei Portuali di Genova ad indire per oggi, 10 novembre, una manifestazione ed un presidio al varco San Benigno del Porto di Genova: “Fermiamo la logistica di Guerra”. Questo il comunicato: «La guerra comincia qui. Mentre da quasi due anni in Ucraina si combatte una guerra fra blocchi di paesi capitalisti, mentre lo stato d’Israele massacra i palestinesi, mentre la guerra nucleare è dietro l’angolo, il Porto di Genova continua a caratterizzarsi come snodo della logistica di guerra: imbarchi di camion militari diretti alla Tunisia per il contrasto dei flussi migratori, passaggio di navi della ZIM, principale compagnia navale israeliana, nuovi materiali militari per l’aeronautica Saudita pronti per la prossima Bahri. Questo è quello che sta dietro ai varchi del porto di Genova. Basta traffici di armi in porto. Solidarietà internazionalista agli oppressi/e palestinesi. Il nemico è in casa nostra. Guerra alla Guerra».
È seguito un appello congiunto di sindacati dei trasporti di Grecia, Italia e Turchia: «Non possiamo tollerare la trasformazione dei porti, degli aeroporti, delle navi e dei treni d’Europa in centri di traffico di morte. Non possiamo tollerare le operazioni di carico e scarico di navi, aerei, ecc. che trasportano armi nel conflitto o che forniscono servizi logistici ad esso, per contribuire ad alimentare un sistema che massacra ogni giorno migliaia di persone innocenti, soprattutto donne e bambini. In risposta ai drammatici appelli del popolo e dei lavoratori palestinesi, i sindacati che firmano questo appello e che rappresentano i lavoratori dei trasporti in Italia, Grecia e Turchia, ribadiscono la propria decisione comune di fermare e impedire qualsiasi carico e scarico di armi, materiale bellico o qualsiasi mezzo che possa continuare ad alimentare il massacro del popolo palestinese».
Tra il 2013 e il 2022 le aziende italiane hanno venduto a Israele armamenti per un valore pari a quasi 120 milioni di euro. Nel solo 2022 Israele ha ricevuto armi italiane per circa 9,3 milioni di euro, compresi i razzi e le altre apparecchiature da guerra impiegati a Gaza. L’Italia non è l’unico paese in cui i portuali stanno facendo sentire il loro dissenso. Anche all’estero, specie dove il volume delle esportazioni di armi verso Israele è ingente, si susseguono presidi e manifestazioni. Stati Uniti, Belgio, Spagna, Australia, Grecia, Regno Unito sono solo gli ultimi Paesi in cui si sono realizzati blocchi in porti e aeroporti.
Dal porto di Ravenna transita un consistente flusso di merci verso Israele. Le linee di traffico sono settimanali, il lunedì, il giovedì e il sabato. Le compagnie di navigazione scalano regolarmente a San Vitale. Si tratta della israeliana Zim oltre a Msc e Borchard. «In partenza ceramica, macchinari, arredamento, bevande e concimi» dichiara la SFACS, per la quale il traffico con Israele rappresenta il 70% dei volumi trattati. In passato, però, anche Ravenna ha conosciuto l’indizione di scioperi per impedire l’imbarco di armamenti diretti ad Israele durante la precedente guerra scatenata dall’Esercito Israeliano contro Hamas, teoricamente, e contro tutta la popolazione residente a Gaza, nei fatti. «La compagnia marittima Zim ha messo a disposizione la sua flotta per portare armi verso Israele» ha spiegato Josè Nivoi, referente Mare e Porti dell’Unione sindacale di base. E, riferendosi a Genova, ha aggiunto: «Sappiamo che in questi giorni transiteranno di qua». Proprio per questo è stata scelta Genova per il presidio di oggi.
Ravenna in Comune invita i sindacati dei portuali, la Compagnia Portuale, le lavoratrici e i lavoratori del Porto a vigilare perché, nell’eventualità si profili un nuovo imbarco a Ravenna di materiale bellico destinato a protrarre il massacro di Gaza, lo si impedisca come già fatto negli anni passati. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha accusato Israele di aver trasformato Gaza in un cimitero di bambini. Questo sterminio è un crimine contro l’umanità e va fermato, anche a Ravenna, con azioni pacifiche di contrasto.
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“Governi complici dei massacri, fermiamo la lobby delle armi”: appello dei portuali di Genova a bloccare gli armamenti diretti in Israele