POCHI INFERMIERI? SPREMIAMOLI A FONDO!

Stiamo arrivando ancora più a fondo nella spremitura di infermiere e infermieri. E nello sprofondare del disastro della sanità romagnola. Dopo il taglio delle automediche, il disastro dei Pronto Soccorso, la perdita continua di posti letto negli ospedali, le liste di attesa infinite per visite ed esami, la chiusura di ginecologia come reparto autonomo a Ravenna, la chiusura dell’unità di terapia intensiva coronarica a Faenza e quella del punto nascita a Lugo, il buco nel bilancio che si allarga, ecco anche gli infermieri. Quelli che già erano gli angeli da sacrificare durante il covid da novembre saranno tutti, non solo per reparti particolari e condizioni di emergenza, al lavoro di giorno e a dover tenere sempre sotto controllo il telefono di notte. «Si chiede agli infermieri di coprire turni che l’Ausl Romagna non sa come gestire a causa della carenza di personale. Chi la mattina smonterà dal turno di notte potrà diventare reperibile già a partire dalle 16 del pomeriggio. E non per forza nel suo abituale reparto: la logica del dipartimento fa sì che un infermiere che abitualmente lavora ad esempio a Brisighella, potrebbe essere chiamato a Ravenna o Lugo, anche per un turno di notte» sottolineano i sindacati. Si capisce perché per oggi, lunedì 23 ottobre, abbiano organizzato manifestazioni di protesta davanti alle sedi dell’Ausl Romagna.

Come Ravenna in Comune già tre anni fa denunciavamo che la mancanza di personale infermieristico era divenuta cronica. Ora ad ammettere la carenza di personale è anche il Direttore Generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, che però prova a scaricarne tutte le responsabilità sul Governo Meloni: «Esiste, nessuno lo nega. Ma è un problema che non va fatto notare a me, quanto piuttosto al Ministero che non finanzia adeguatamente il Servizio sanitario nazionale». E a chi gli fa notare che non solo l’organico è insufficiente ma le condizioni di lavoro peggiorano la situazione, ammette nuovamente: «Confermo: l’Emilia Romagna conta circa 500 uscite all’anno sul totale dei suoi 10mila infermieri». Inoltre «l’Emilia Romagna conta attualmente un po’ meno di tre infermieri per ogni medico. Un abisso rispetto alla media europea di sei o sette». E allora gli si dovrebbe chiedere: quanti altri pensa abbandoneranno il posto nell’Ausl Romagna, per andare a lavorare altrove, dopo la prossima ulteriore spremitura che si annuncia?

Il Governo Meloni c’è da un anno e sicuramente non ha un profilo favorevole alla sanità pubblica. Ma il problema non è vecchio di un solo anno, visti i tempi in cui già lo denunciavamo. Forse che il Governo Draghi aveva una politica diversa? Sono decenni che al Governo si alterna centrodestra al centrosinistra ma le politiche restano le stesse. Tentare oggi da parte di PD & co. di fare scarica barile su chi sta agendo in ideale continuità con chi l’ha preceduta è a dir poco ridicolo. Così com’è ridicolo fingere di scordarsi che in Emilia Romagna, invece, per decenni c’è stata anche continuità di amministrazione. Vedere personaggi come Vasco Errani ergersi oggi a paladini della sanità pubblica dopo averne minato le fondamenta da Presidente della Regione, sinceramente, riesce indigeribile. E basta scorrere il curriculum di Carradori, che da decenni occupa i posti di comando da dove partono le sforbiciate al servizio pubblico, perché anche le sue responsabilità nello sfascio odierno risultino evidenti.

Ravenna in Comune si dichiara pienamente solidale con le lavoratrici e i lavoratori della sanità ed invita sia il Governo nazionale che i centri di governo locale ad un cambio radicale di politica. Basta con le risorse dirottate sul privato con le scuse più diverse, dalla riduzione delle liste di attesa all’integrazione dei servizi. Sicuramente è urgente una riorganizzazione della sanità che azzeri lo spreco di risorse, parallelamente ad una iniezione di risorse fresche, ma senza una ripubblicizzazione del servizio sanitario si continuerà sulla strada che ci ha portato sull’orlo del baratro. Nella sanità pubblica (e non è certo l’unico servizio) il privato è il problema, non la soluzione.

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Infermieri, la replica di Carradori: “Autogestione, il no è dei sindacati”. Il direttore dell’Ausl Romagna: “Peccato, quella era per me la soluzione migliore. Per questo motivo ci siamo ritrovati a dover valutare la sperimentazione della pronta disponibilità”.

Fonte: il Resto del Carlino del 20 ottobre 2023

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