Il rigassificatore di Piombino, la tristemente famosa Golar Tundra, attivata in fretta e furia per immettere il gas delle metaniere nella rete nazionale, è fermo. In quattro mesi e passa, del resto, ha lavorato solo 5 giorni. Uno solo il rifornimento di gas effettuato, peraltro parziale, nella notte tra il 7 e l’8 Luglio. E poi basta. No, non sono state le cittadine e i cittadini del porto toscano che per mesi e mesi hanno contestato la decisione unitamente al loro Sindaco a fermarlo. È che, molto semplicemente, non serve a niente.
Perché si sono autorizzati allora i rigassificatori voluti intensamente da ENI e, quindi, dal Governo Draghi (sorretto da quasi tutti i partiti all’epoca in Parlamento) e dal Governo Meloni (sorretto dal centrodestra che comunque non ha avuto dubbi a confermare Bonaccini e Giani, entrambi del PD, come commissari)? La domanda viene spontanea considerando la fretta, l’urgenza, quasi la corsa disperata, per iniziare e concludere alla meno peggio in 4 mesi procedimenti che altrove, ad esempio Porto Viro o Livorno, hanno richiesto anni di verifiche e modifiche. Naturalmente i procedimenti hanno saltato le verifiche imposte dalle normative Seveso (grandi rischi industriali) e VIA (valutazione impatto ambientale) ma non si può avere tutto… Così oggi abbiamo lavori in corso per realizzare l’impianto di Ravenna (costo un miliardo di euro) e un impianto già funzionante a Piombino (costato solo un po’ meno). A Piombino, si disse, era addirittura indispensabile realizzarlo in porto per fare prima. Uno sconcio e un oltraggio al buon senso oltre che alla sicurezza del territorio, ma tant’è…
Per i deboli di memoria (è un’epidemia dilagante dalle nostre parti) ricordiamo solo alcune delle perle elargite da de Pescale in questi mesi. Perle per quei pochi disposti ad apprezzarle.
L’11 ottobre 2022, a quella farsa andata in scena al Palazzo dei Congressi che, negli annunci, avrebbe dovuto rappresentare il coinvolgimento della cittadinanza, il Sindaco dichiarava: “la disponibilità data da Ravenna per ospitare la nave è dovuta all’emergenza energetica nazionale, che vede impegnate le più alte cariche istituzionali nel dare una risposta a famiglie e imprese“.
Pochi giorni dopo, il 18 ottobre, si presentava in Consiglio Comunale e all’uscita era raggiante: “Il consiglio comunale di Ravenna ha approvato all’unanimità (un astenuto) il progetto per il rigassificatore galleggiante, dimostrando un grande senso di responsabilità per sostenere famiglie e imprese in questo momento di pesante crisi energetica. Ringrazio la maggioranza che, seppur in un pluralismo di posizioni, ha votato compatta e anche le minoranze che hanno sostenuto il progetto”.
E di lì a qualche settimana, il 7 novembre, alla conferenza stampa indetta per mostrare in diretta urbi et orbi la firma di Bonaccini sull’autorizzazione, proclamava: “Ravenna si è messa al servizio del paese per fare fronte a tre emergenze: quella della sicurezza per acquisire l’autonomia energetica, quella economica perché interi comparti sono a rischio, quella sociale, per i costi della crisi energetica su imprese e famiglie”.
Quindi si trattava di salvare la patria con P maiuscola. A ben guardare, però, l’emergenza era stata creata in casa intendendo ridurre le importazioni dalla Russia via gasdotto a prezzo definito (e basso) sostituendole con altre fonti a prezzo variabile (alto). Il mix micidiale di richiesta per far riserva e di speculazione dei fornitori aveva spinto il gas a valori economici mai visti. Si poteva fare diversamente? Poiché si è trattato di una scelta politica imposta dall’alto ovviamente sì. Ma oramai il danno è fatto. In Italia l’import di metano dalla Russia è sceso dell’85% nel primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo 2021. E, ovviamente, gli USA sono il primo fornitore di gas liquefatto diretto ai rigassificatori europei. A prezzi molto più alti ma, esaurita la fiammata speculativa, inferiori a quelli dello scorso anno. Il ministro competente ha dichiarato che ad oggi l’Italia ha completato il 90% delle riserve. Ecco perché Piombino è fermo: come detto, non serve a niente.
Come Ravenna in Comune invitiamo la cittadinanza a ricordarsi che questo enorme spreco di risorse, impatto sul territorio, straordinario incremento del rischio che è in corso di realizzazione a Ravenna non serve a niente. De Pascale aveva definito il rigassificatore una “grande opportunità per l’occupazione e per il rilancio del nostro territorio“. Si sbagliava, ovviamente: insistere sul gas è infilare Ravenna in un vicolo cieco. L’opportunità la potrebbero dare invece le rinnovabili. Ma ENI non vuole…
[nella fotografia di Linda Maggiori: i lavori in corso, parte a terra, per il rigassificatore di Ravenna]
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“In 4 mesi l’impianto ha lavorato 5 giorni”
Fonte: Quinews del 22 agosto 2023