Il fascismo non è affatto il ricordo di un lontano passato. Purtroppo. E anche nella conclusione della vergognosa celebrazione annuale del gerarca in capo del partito nazionale fascista, Ettore Muti, c’è un ribollire puzzolente che continua ad uscir fuori da quelle fogne dove i nostalgici di una feroce dittatura dovrebbero dimorare. Subito dopo la ricorrenza, anche questa annuale, del brutale eccidio perpetrato il 25 agosto 1944 dalle brigate fasciste intitolate allo stesso Ettore Muti, sono state infatti infangate le corone commemorative innalzate davanti al monumento del Ponte dei Martiri antifascisti. Nello stesso luogo dove venerdì era avvenuta la celebrazione dell’anniversario e dove già si sono succeduti sfregi a base di simboli nazifascisti, offese e deturpazioni varie. “Ignoti al momento gli autori del gesto“, commenta il giornale. E tali rimarranno, purtroppo, aggiungiamo noi.
Quella che è una indubbia vittoria dell’antifascismo militante, la parola fine ad uno sconcio proprio davanti al cimitero cittadino, del resto, non la si deve a quelle Istituzioni democratiche che dovrebbero vigilare contro i rischi rappresentati dalla propaganda filofascista. Quelle Istituzioni ancora pochi giorni fa ripetevano che, se fosse stata richiesta, non sarebbe mancata l’autorizzazione anche per quest’anno. Un’autorizzazione rilasciata ad un’organizzazione che, oltre allo sconcio cimiteriale ravennate, è solita organizzarne altri in quel di Predappio in occasione di nascita e morte di Mussolini e della cosiddetta “marcia su Roma”. Ed altre in giro per l’Italia. In camicia nera e, caso mai si volesse variare, con tanto di maglietta “Auschwitzland” (ma questa, hanno sentenziato i tribunali, “non incita all’odio”…), braccia tese, canti del ventennio, “chiamata del presente” e simili. Se non basta tutto ciò a qualificarla come organizzazione filofascista, cosa si dovrebbe aggiungere?
E questo è il fascismo manifesto nei suoi simboli storici, anche se le Istituzioni si ostinano a non volerli riconoscere. Poi c’è quello dei contenuti. Che ormai non ripete neanche più il classico “io non sono fascista ma”, ma, appunto, di razzismo, discriminazione, confusione della libertà con la prevaricazione, spregio della democrazia, si nutre e si fa carico di promozione in ogni occasione. Sono contenuti ampiamente diffusi dai media, assieme allo spazio lasciato ai loro estensori. Che spesso, troppo spesso, capita appartengano alla categoria di quei professionisti pubblici autorizzati all’uso della forza o che autorizzano ad impiegarla. Vien da domandarsi se sia anche per questo che chi fa propaganda nazifascista non si trova mai perseguito al contrario di chi la contrasta.
Ravenna in Comune ha inscritto l’antifascismo nella propria carta dei valori e lo coltiva fin dalla fondazione. A noi e, soprattutto, a chi ci ha rappresentato in Consiglio Comunale, si deve se il fascismo storico ha perso tra i cittadini onorari ravennati Benito Mussolini. E poi si deve se oggi per avere uno spazio pubblico è richiesta la formale adesione ai principi antifascisti costituzionali. Sembrano cose scontate ma in tanti decenni non si era mai fatto. Come Ravenna in Comune siamo impegnate e impegnati sul territorio nella difesa dei valori democratici e nella diffusione degli stessi valori sui nostri social e a mezzo stampa (quando ci pubblicano, naturalmente). Siamo dalla parte di chi viene perseguito per quegli stessi valori e denunciamo ogni tentativo di promuovere il fascismo a livello simbolico o di contenuto. Ma non sentiamo le Istituzioni repubblicane dalla stessa parte con la stessa convinzione, purtroppo. E anche nel caso del nuovo oltraggio fascista al monumento ai 12 assassinati del Ponte degli Allocchi, temiamo, i responsabili resteranno ignoti, come sempre accaduto in passato. Una ragione in più perché alla giusta esultanza per la cessazione, auspichiamo definitiva, delle celebrazioni in memoria di un gerarca, si accompagni rinnovata attenzione verso i tentativi di promozione del fascismo nei simboli e nei contenuti. La memoria di tutte le persone morte e perseguitate per la causa antifascista lo rende un obbligo che, almeno per noi, non può essere trascurato. Dopo quello dell’alluvione, le fogne aspettano di riaccogliere il fango fascista.
[immagine ispirata ai mosaici fascisti del collegio aeronautico di Forlì]
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Divelte le corone per i partigiani al Monumento dei Martiri
Erano state deposte per commemorare l’eccidio. Sul posto per accertamenti agenti della Polizia locale
Le corone deposte venerdì sera presso il Monumento dei Martiri all’incrocio tra via Nullo Baldini, via Piave e via Porta di Gaza sono state ritrovate divelte nella giornata di ieri: una era stata gettata a terra, un’altra su un cespuglio, mentre una terza è stata spostata lontano dal complesso sorto in memoria dei caduti dell’eccidio di Ponte degli Allocchi, nel quale furono uccisi 12 partigiani e di cui proprio venerdì ricorreva il 79° anniversario, come sempre ricordato tramite diverse iniziative pubbliche. Nel primo pomeriggio di ieri sul posto erano presenti agenti della Polizia locale per eseguire alcuni accertamenti.
Ignoti, al momento, gli autori del gesto. Di certo la concomitanza temporale con la commemorazione dei caduti antifascisti, oltre alle consuete polemiche sulla figura del gerarca Ettore Muti, cui peraltro era intitolata la XXIX Brigata Nera che nel 1944 perpetrò l’eccidio, lasciano pensare che potrebbe essersi trattato dell’ennesimo episodio di matrice estremista che interessa il monumento, anche se non è da escludere che ad agire siano stati vandali senza connotazione politica.
In passato il Monumento dei Martiri aveva subito sfregi pesantissimi, questi sì di sicura matrice neofascista e neonazista, come accaduto ad esempio nel febbraio del 2020, quando sui volti dei partigiani comparve il simbolo delle “SS”, mentre sui lati della scultura furono vergate in nero scritte ingiuriose e persino un “Ciao Artioli” rivolto all’allora presidente dell’Anpi di Ravenna, Ivano Artioli.
Fonte: Corriere Romagna del 27 agosto 2023