Oggi è il giorno del rifugiato. Infatti, al fine di intensificare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti e contribuire alla pace e alla sicurezza dei rifugiati, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha scelto di celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato il 20 giugno di ogni anno. Sul sito dell’ONU leggiamo che l’obiettivo è «far conoscere i rifugiati attraverso i loro sogni e le loro speranze: prendersi cura della propria famiglia, avere un lavoro, andare a scuola e avere un posto che si possa chiamare casa. Una petizione verrà presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 19 settembre e consisterà in una serie di richieste rivolte ai governi: garantire che ogni bambino rifugiato possa accedere all’istruzione, che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere e garantire che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità».
La ricorrenza di oggi cade a pochi giorni dalla morte di centinaia e centinaia di persone a seguito dell’azione con cui una motovedetta della guarda costiera greca ha provato ad allontanare un’imbarcazione carica fino all’inverosimile di migranti causandone il rovesciamento. Non è che i greci sono cattivi e gli altri sono buoni. Nel 1997 fu una nave militare italiana a speronare una imbarcazione nel canale di Otranto per contrastarne il diritto di approdo in Italia. Un centinaio di morti. Un altro centinaio è morto davanti a Cutro a fine febbraio perché il soccorso non è intervenuto nonostante ci fosse piena conoscenza dei rischi che correvano le persone a bordo. Tra i due avvenimenti quasi non si contano le imbarcazioni affondate e i morti di ogni età affogati. La cosiddetta “tragedia di Lampedusa” avvenuta il 3 ottobre 2013, a poche miglia dal porto di Lampedusa, provocò 368 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, numeri che la pongono al secondo posto delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo. Al primo posto, almeno per il momento, c’è la cosiddetta “tragedia nel Canale di Sicilia”, avvenuta la notte del 18 aprile 2015 al largo delle coste della Libia. Alle 728 vittime immediatamente accertate, nel tempo se ne sono aggiunte altre 300 considerate disperse. I governi all’epoca in carica erano guidati, rispettivamente, da Enrico Letta e da Matteo Renzi. Ad essi succedette il Governo Gentiloni che aveva ministro degli Interni un certo Marco Minniti a cui va la paternità dei primi accordi con gli aguzzini libici. Tutti governi che si definivano di centrosinistra. L’attuale Governo Meloni di centrodestra, dunque, non ha inventato nulla.
Secondo il progetto Missing Migrants, dal 1° gennaio 2014 al 14 giugno scorso sono state sono 27.047 le persone scomparse nel Mediterraneo. Gli ultimi a morire, gli affogati al largo della Grecia, avevano pagato migliaia di euro per riuscire ad arrivare in Europa. Raccontare che stavano violando la legge è dimenticare che non c’è possibilità legale di entrare in Europa. Come Ravenna in Comune vogliamo essere chiare e chiari: nessun tentativo di fermare il flusso avrà mai successo, comprese le politiche di chi, consapevolmente, pensa di ostacolare i movimenti aumentando il rischio di morte per chi affronta il viaggio. In Italia centrodestra e centrosinistra si sono alternate al Governo del Paese senza cambiamenti importanti nelle politiche migratorie. Il fardello dei morti lo portano tutte e tutti coloro che continuano a condividere tali politiche.
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20 GIUGNO – GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO