«Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi». Lo disse Giovanni Falcone dopo l’attentato dell’Addaura fallito contro di lui tre anni prima di quello riuscito a Capaci.
Oggi è infatti il giorno dell’anniversario della strage di Capaci in cui vennero assassinati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Questo è anche l’anno in cui cade il 31esimo anniversario della strage di via d’Amelio in cui furono assassinati Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, a pochi mesi di distanza dall’altra strage. 23 maggio 1992 e 19 luglio 1992.
La lotta alle mafie, anche nella nostra Regione, soprattutto nella nostra Regione, è in corso e non la stiamo vincendo. Nonostante i grandi processi, gli arresti e le interdittive. Lo scorso anno la procuratrice generale reggente di Bologna, Lucia Musti, ha inaugurato l’anno giudiziario definendo la nostra Regione “distretto di Mafia”: «Uso questo termine perché, dalla corretta lettura delle indagini e dei processi contro la ndrangheta che si sono svolti nella regione Emilia Romagna, è evidente che non è più una questione di presenza di mafiosi, di diffusione della mentalità, ma piuttosto di condivisione del metodo mafioso anche da parte di taluni cittadini emiliano-romagnoli, imprenditori e colletti bianchi, ovverosia professionisti, i quali hanno deciso che “fare affari” con la ndrangheta è utile e comodo». Il Prefetto di Ravenna, Castrese De Rosa, a sua volta, non si nasconde dietro alle parole: «A Ravenna abbiamo storicamente la presenza di famiglie ‘ndranghetiste e camorriste che sono riuscite a trovare soggetti locali a cui aggrapparsi, disposti anche a fare da prestanome. Questi agganci possono essere ovunque, dall’imprenditoria alla politica».
Lo ha detto pochi mesi fa, all’inizio dell’anno, aggiungendo che «Dove ci sono soldi la mafia non resta a guardare e tenta di infiltrarsi». Lo tengano ben presente le Istituzioni nella rivendicazione di risorse per il disastro dell’alluvione. Il movimento terra, gli appalti in edilizia, gli interventi sulle infrastrutture e tutte le emergenze rappresentano uno dei business prediletti dalle mafie.
Ravenna in Comune invita il Sindaco e l’Amministrazione Comunale ad intensificare quella vigilanza, specie in sede di assegnazione dei pubblici appalti, che sino ad oggi non ha impedito il diffuso fenomeno di soggetti aggiudicari su cui poi calano interdittive a frotte. Sarebbe il miglior modo di onorare la memoria di Falcone e Borsellino ma anche di tutelare comunità già devastate da un disastro paragonabile solo dal passaggio del fronte nello scorso secolo. Avendo bene in mente che proprio la potenziale reiterazione di quanto avvenuto, una condizione di emergenza perenne, spalanca porte e finestre agli interessi mafiosi.
[nella foto di Massimo Argnani: i resti dell’auto di scorta al giudice Giovanni Falcone esposti in Piazza Garibaldi a Ravenna il 29 marzo 2022]
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31 anni fa la strage di Capaci
Fonte: ANSA del 23 maggio 2023
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Mafie, la procuratrice di Bologna Musti: “Silenzio e menefreghismo fanno più danni della armi”
Fonte: Il Resto del Calino del 24 marzo 2023
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ABBIAMO PUBBLICATO IDRA. IL NUOVO RAPPORTO SULLE MAFIE IN EMILIA-ROMAGNA
Fonte: Mafie sotto casa