Il ministro della Cultura del Governo Meloni ha rivendicato Dante alla destra. Lo ha definito «il fondatore del pensiero di destra». Certo, si potrebbe dire, come già qualcuno ha fatto, che retrodatare a cavallo tra Duecento e Trecento un termine come “destra” costituisca un anacronismo: la parola non aveva infatti allora nessun nesso con la politica. Vale anche per “sinistra” ovviamente. Ogni tempo e ogni cultura associa alle parole significati propri. Basti pensare all’uso disinvolto che viene fatto oggi del vocabolo “sinistra” dalla cronaca politica. Talmente disinvolto da aver smarrito per strada, nell’uso giornalistico, i contenuti che lo qualificavano in maniera chiara e senza ambiguità rispetto a “destra”. Un lettore del secolo scorso, per intenderci, sarebbe inorridito a vederlo associato ad un partito convintamente liberista come è il PD. Oggi, invece, sulla stampa lo si direbbe solo l’indifferente segnavia per indirizzare i parlamentari alla zona dell’emiciclo dove è loro riservata la poltrona. E basta. Purtroppo.
Ritornando a Dante, è un fatto che collocarlo a “destra” nella Ravenna trecentesca avrebbe la stessa assurdità che qualificare, ad esempio, di “sinistra” i Da Polenta che reggevano la Città. Per il Novecento invece è un altro discorso. Il fascismo infatti si impossessò di Dante già prima del cosiddetto ventennio e proprio il legame di Ravenna con Dante fu l’occasione per mettere a frutto l’appropriazione. Per celebrare “degnamente” il 600esimo anniversario della morte del poeta, infatti, nel settembre 1921 piombarono sulla Città migliaia di fascisti con conseguenti violenze e devastazioni, tra cui quella della Camera del Lavoro. Fu una vera e propria marcia, anticipatrice di quella su Roma dell’anno seguente, coordinata dai gerarchi Dino Grandi ed Italo Balbo, in cui i partecipanti sfoggiavano per la prima volta le camicie nere. Si tratta di vicende che per noi sono un patrimonio di memorie irrinunciabile per mantenere vivo il significato di orrore per la dittatura fascista.
Come Ravenna in Comune ringraziamo pertanto il ministro Sangiuliano per averci dato modo di ricordare che il tentativo di appropriazione di Dante da parte della destra è iniziato con il fascismo. Se oggi il partito della Meloni si fa carico di rinnovare questo tentativo qualcosa, forse, vorrà dire.
[nell’immagine sotto il titolo: la locandina della mostra organizzata da ANPI Massa Lombarda nel 2021. Qui sopra: gli squadristi di Balbo e Grandi a Ravenna il 12 settembre 1921]
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Quel veterocomunista del Ministro Sangiuliano. Dante, culture della destra, padri fondatori e diritta via, fra Marx e Mussolini, Renzi e Augias