Ravenna e Piombino quest’anno hanno sviluppato un legame speciale. L’imposizione di un impianto di rigassificazione da parte del governo Draghi, condiviso dalla gran parte delle forze politiche a livello nazionale, indipendentemente che fossero in maggioranza o all’opposizione, ha creato questo vincolo. Entrambe le città poi hanno visto nominato un commissario nella persona del presidente della rispettiva regione per evitare “l’incomodo” di rispettare norme e leggi, tra cui la valutazione di impatto ambientale e la procedura legata agli impianti a rischio di incidente rilevante. Di fatto, però, SNAM ha presentato per prima la domanda a Piombino, facendo sì nella città toscana si testasse con giorni o settimane di anticipo su Ravenna quanto la città romagnola avrebbe incontrato successivamente. Questo ci ha consentito volta a volta di sapere cosa aspettarci a Ravenna semplicemente prestando attenzione a cosa avveniva a Piombino. Così è stato anche con il rilascio dell’autorizzazione commissariale avvenuta con diversi giorni di differenza tra i due siti: prima a Piombino e poi a Ravenna.
Venendo a scadere prima i termini per la presentazione del ricorso, a Piombino l’opposizione al rigassificatore ha annunciato di averlo depositato avanti al TAR, segnalando anche che si è richiesta la sospensiva del provvedimento autorizzativo nelle more della decisione nel merito. Come detto, a Ravenna i termini scadono più avanti e la situazione ravennate non è completamente assimilabile a quella piombinese. Innanzi tutto spiccano le differenze tra le due Amministrazioni comunali. A Ravenna il Sindaco è completamente appiattito sulla posizione della SNAM, al punto di aver ribaltato la precedente decisione dell’Amministrazione ravennate assunta nel 2008 di non consentire un impianto di rigassificazione. A Piombino, invece, è stata proprio l’Amministrazione comunale a presentare il ricorso che, come dichiarato dal Sindaco:
«contiene una lunga serie di contestazioni sull’autorizzazione rilasciata dal Commissario incentrate principalmente sulla tutela della salute e dell’incolumità pubblica, oltre che sulla inidoneità della nave, dal punto di vista strutturale, ad operare in sicurezza nel porto. Il recente avvio dei cantieri, inoltre, ha imposto che il ricorso includesse una richiesta cautelare di sospensiva che determinerà anche un’accelerazione dei tempi del giudizio».
A Ravenna faremo comunque anche in questo caso tesoro della esperienza piombinese per resistere all’assurda decisione di imporre un quarto di secolo di rigassificazione davanti alle spiagge turistiche di Punta e Marina. Come Ravenna in Comune, lo abbiamo detto molte volte, abbiamo ritenuto che andasse privilegiata l’efficacia dell’azione rispetto al piantare la bandierina sulle diverse iniziative. Così, pur essendo stata la prima forza politica a dichiarare l’opposizione al ribaltone antidemocratico di de Pascale avallato dalla sua maggioranza ma anche dall’attuale opposizione consiliare, Ravenna in Comune si considera parte sia della campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile ravennate che della rete nazionale di contrasto ai rigassificatori. A questo proposito forniamo un aggiornamento del coordinamento ravennate di Per il Clima – Fuori dal Fossile dopo l’Assemblea della Rete nazionale svoltasi lo scorso 19 novembre a Piombino. Di seguito riproduciamo uno stralcio del comunicato che pubblichiamo integralmente qui di seguito sul nostro sito:
«Si è appena conclusa la COP 27 di Sharm El Sheik, e proprio in tale sede è stata fatta una volta di più una fotografia estremamente preoccupata e preoccupante della situazione, anche se poi gli impegni presi realmente concreti sono pochi, fumosi e scarsamente vincolanti. Anche perché i vari Paesi e le diverse aree del mondo si sono molto impegnati nel darsi le colpe gli uni con gli altri, e assai poco ad assumersi la propria parte di responsabilità e di compiti urgenti da svolgere. Per chi non lo sapesse, nel decennio 1970-1980 in tutta Europa si sono registrati 46 (quarantasei) eventi climatici estremi, che nel periodo 1990-2000 erano diventati 353 (trecentocinquantatre), e nel decennio 2010-2020 sono stati 10.000 (diecimila). Ciò vuol dire che ogni cinque anni il numero degli eventi climatici estremi raddoppia, che sta a significare che nel prossimo decennio, cioè arrivando a poco dopo il 2030, potremmo averne 40.000 (quarantamila). […]
È ampiamente acquisito nel mondo scientifico (la percentuale degli scettici, sommata a quella dei veri e propri negazionisti, ormai è irrisoria) che la causa prima di tali disastri, a proposito dei quali non sappiamo se si riuscirà mai ad invertire la rotta, sia rappresentata dalle emissioni climalteranti, e che la principale fonte di esse risieda nell’utilizzo dei combustibili fossili. […] E come ormai è arcinoto, dichiarato, divulgato, il gas metano non è affatto un “gas pulito” come qualcuno vuole ancora far credere. Se è vero che la sua combustione è un po’ meno inquinante di quella del petrolio e del carbone, è altrettanto vero che le perdite libere di metano in atmosfera costituiscono un elemento climalterante decine di volte superiore alla stessa anidride carbonica. E in tutto il mondo sono ben poche le strutture metanifere che non comportino emissioni di gas libero in atmosfera. Né vale l’obiezione che il metano si degrada e scompare “rapidamente” (venti anni!) se nel frattempo se ne continua a immettere sempre di più. […]
Da Sharm El Sheik ancora una volta sono usciti fiumi di interessanti parole ma ben pochi impegni concreti e ancor meno conseguenti atti vincolanti, dalla nostra politica ancora una volta esce la mancanza di volontà di percorrere le strade giuste.
Nello stesso momento, tuttavia, a Piombino si è svolta l’assemblea nazionale della Rete contro i rigassificatori, con decine di realtà che in ogni territorio stanno costruendo le vertenze di contrasto alle scelte fossili. Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” è stato presente a Piombino con la sua delegazione ed ha portato il proprio contributo. Adesso bisogna cercare tutte le possibili convergenze con chiunque voglia costruire un futuro di giustizia climatica e sociale, come già si è visto in numerose manifestazioni che in tutto quest’ anno stanno percorrendo il Paese.
Il prossimo 17 dicembre, a due anni dall’ emanazione del “Patto per il lavoro e per il clima” redatto dalla Regione (che sta dimostrando tutte le contraddizioni, le lentezze e le mancanze allora denunciate da una gran parte del mondo ambientalista emiliano-romagnolo), e ad un anno dal lancio delle quattro leggi regionali di iniziativa popolare finalizzate a una politica regionale realmente orientata alla transizione, ci si troverà a Bologna per esprimere la protesta e le proposte di chi non si vuole rassegnare, e vuole costruire un futuro diverso e libero dalla schiavitù del fossile». [Pippo Tadolini, Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”, Ravenna, 20 novembre 2022]
[nell’immagine: l’arrivo a Punta Marina della marcia contro i rigassificatori dell’11 settembre scorso organizzata dal coordinamento ravennate della Campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile”, da Legambiente e dai Fridays for Future]
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Fra “trivelle sacrosante” e il “traguardo” dei rigassificatori il pianeta va a fuoco
Ma gli ecologisti restano in campo. L’assemblea della Rete nazionale contro i rigassificatori rilancia la lotta. Primo appuntamento il 17 dicembre a Bologna
Ha dell’incredibile come il nostro Governo, la nostra Regione, Ravenna e le sue Istituzioni siano così scarsamente permeabili ad accettare la realtà che sostengono da decenni sia la stragrande maggioranza degli scienziati, sia numerose autorità internazionali, e sulla quale vengono lanciati sempre più accorati allarmi. Non solo, ma è sorprendente come insistano nel sostenere una visione “tranquillizzante” della situazione climatica e ambientale, che anche quando non coincide con il puro e semplice negazionismo, comunque gli si avvicina considerevolmente.
Si è appena conclusa la COP 27 di Sharm El Sheik, e proprio in tale sede è stata fatta una volta di più una fotografia estremamente preoccupata e preoccupante della situazione, anche se poi gli impegni presi realmente concreti sono pochi, fumosi e scarsamente vincolanti. Anche perché i vari Paesi e le diverse aree del mondo si sono molto impegnati nel darsi le colpe gli uni con gli altri, e assai poco ad assumersi la propria parte di responsabilità e di compiti urgenti da svolgere.
Per chi non lo sapesse, nel decennio 1970-1980 in tutta Europa si sono registrati 46 (quarantasei) eventi climatici estremi, che nel periodo 1990-2000 erano diventati 353 (trecentocinquantatre), e nel decennio 2010-2020 sono stati 10.000 (diecimila). Ciò vuol dire che ogni cinque anni il numero degli eventi climatici estremi raddoppia, che sta a significare che nel prossimo decennio, cioè arrivando a poco dopo il 2030, potremmo averne 40.000 (quarantamila).
E in altre parti del mondo va ancora peggio.
Una progressione spaventosa, che ci mette di fronte ad uno scenario che da inquietante sta diventando assolutamente catastrofico.
D’altra parte , se guardiamo anche solo all’ Italia e prendiamo in considerazione il passato recentissimo, osserviamo che nei primi dieci mesi dell’ anno in corso si sono verificati 254 eventi climatici estremi, esattamente il 27 per cento in più rispetto all’intero numero di quelli occorsi nel 2021. Che a loro volta erano in aumento rispetto agli anni precedenti. Dal 2010 a fine ottobre di quest’anno gli eventi estremi (soprattutto allagamenti da piogge intense, esondazioni, trombe d’aria e altro) sono stati 1.503, hanno interessato 780 comuni italiani e hanno causato 279 vittime. L’ Emilia Romagna risulta essere nei primi cinque posti della classifica.
E ogni anno spendiamo fior di miliardi per riparare i danni dovuti a questi accadimenti.
E’ ampiamente acquisito nel mondo scientifico (la percentuale degli scettici, sommata a quella dei veri e propri negazionisti, ormai è irrisoria) che la causa prima di tali disastri, a proposito dei quali non sappiamo se si riuscirà mai ad invertire la rotta, sia rappresentata dalle emissioni climalteranti, e che la principale fonte di esse risieda nell’utilizzo dei combustibili fossili.
La logica conseguenza è che tali emissioni devono al più presto essere abbattute, e per abbatterla bisogna – lapalissiano – iniziare a ridurle fin da subito. Lo stesso Presidente delle Nazioni Unite Antonio Guterres lancia da tempo, ed ha ribadito a Sharm El Sheik, drammatici appelli all’urgenza delle scelte radicali e rapide, indispensabili se si vuole preservare noi stessi, i nostri figli, figlie e nipoti, e chi verrà dopo di loro da un futuro veramente infernale.
Se ne dovrebbe dedurre che ogni scelta che vada nel senso opposto, cioè nel senso dell’aumento dell’utilizzo dei fossili (tutti i fossili, compreso il gas metano) sia non solo sbagliata nell’ immediato, ma anche costituisca un’ ipoteca pesantissima sulla vita di chi verrà dopo di noi, e quindi sia da considerare irresponsabile.
Ma fino ad ora l’epiteto di irresponsabile è stato affibbiato sempre siltanto a noi, a quelli che cercano di far presente con forza ciò che dicono gli scienziati e di proporre alternative che non ingannino le persone con finte promesse tranquillizzanti.
Perché a tutt’oggi sia il Governo centrale, sia quelli regionali e gran parte di quelli locali pare proprio che non si siano presi la pena di riflettere un po’ di più su questa realtà angosciante, e non solo non mettono in atto concreti piani di riduzione delle fonti fossili, ma spingono sull’acceleratore del loro incremento, con una determinazione che ha pochi precedenti. Prevedono un’espansione, mai vista prima, della filiera del gas liquefatto con la decisione di installare (come a Ravenna) nuovi rigassificatori, diverse sedi di deposito del GNL, attivano un programma di aumento delle trivellazioni ovunque, anche in aree (per esempio al di qua delle 12 miglia marine) dove i pur recenti e non certo troppo rigorosi piani del Governo precedente ponevano delle restrizioni, e prevedono la costruzione di nuovi gasdotti in varie parti d’ Italia.
Il tutto sbandierando numeri mirabolanti sulle quantità di gas disponibile nel giacimento nazionale, che secondo l’ ing. Tabarelli di Nomisma sarebbe di almeno 200 miliardi di metri cubi, e che per alti dirigenti del gas&oil nostrano, nel solo Alto Adriatico conterrebbe 350 miliardi di metri cubi. Quando i dati ufficiali, forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico (quindi non da “ambientalisti radicali”, come spesso veniamo etichettati noi) fino a pochi mesi fa parlavano di un totale di 70-90 miliardi, di cui soltanto quaranta o poco più utilizzabili in tempi ravvicinati.
E come ormai è arcinoto, dichiarato, divulgato, il gas metano non è affatto un “gas pulito” come qualcuno vuole ancora far credere. Se è vero che la sua combustione è un po’ meno inquinante di quella del petrolio e del carbone, è altrettanto vero che le perdite libere di metano in atmosfera costituiscono un elemento climalterante decine di volte superiore alla stessa anidride carbonica. E in tutto il mondo sono ben poche le strutture metanifere che non comportino emissioni di gas libero in atmosfera. Né vale l’obiezione che il metano si degrada e scompare “rapidamente” (venti anni !) se nel frattempo se ne continua a immettere sempre di più.
Se poi si ragiona sul fatto che alcune di queste scelte distruttive vengono fatte in maniera da aggirare sostanzialmente la VIA (valutazione di impatto ambientale) e le usuali normative, come nel caso del rigassificatore di Ravenna, ci si rende conto di come si vogliano prendere pericolose scorciatoie, che comportano danni all’ambiente, inquinamento dell’ aria circostante, rischio per la salute e la vivibilità presenti e future, probabili futuri danni all’economia. E soprattutto ci legano per l’eternità alla schiavitù delle fonti fossili, in totale contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione e contenimento del cambiamento climatico.
Con buona pace di chi aveva voluto credere alla favola della temporaneità dell’ utilizzo del gas. Anzi, stando alle dichiarazioni di autorevoli politici locali (ad esempio del tutto recentemente il segretario del PD Barattoni, ma non solo) “per un tempo che non sarà breve gas naturale e rinnovabili sono destinate a viaggiare di pari passo(…)”. Se la lingua italiana ha ancora un senso, l’espressione “di pari passo” dovrebbe voler dire che mentre si mantiene (e non si aumenta) la produzione e l’utilizzo del gas attuale, si incrementa lo sviluppo delle rinnovabili nelle loro varie forme e lo si porta almeno allo stesso livello. Mentre, a tutt’oggi, si potenzia come mai prima d’ora il sistema del gas mentre al modello basato sulle rinnovabili si mette ogni tipo di bastone fra le ruote.
Il “traguardo raggiunto” con la firma del decreto di approvazione del provvedimento autorizzativo per il rigassificatore, e il provvedimento governativo che sblocca praticamente tutte le operazioni di trivellazione, che il nostro sindaco definisce “sacrosante”, costituirebbero una tappa storica per Ravenna e per il Paese. Ma l’opinione pubblica deve anche sapere che questo risultato costa e costerà la sospensione della carta costituzionale: l’art. 41, infatti, stabilisce che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.”.
Oltre che a Ravenna, in molte altre parti d’ Italia (Piombino, Sardegna, Calabria, Puglia e altre località sia costiere che di entroterra) si ipotizzano analoghi progetti, e questo evidenzia come l’ intenzione del Governo nazionale, di quelli regionali e di gran parte di quelli locali sia di fare della filiera del gas il pilastro del futuro del Paese. Tutte le parole spese sulla transizione ecologica non sono state che una “riverniciatura verde”, finalizzata ad confondere la popolazione, con grandi benefici soltanto per i profitti dei colossi del fossile.
Da Sharm El Sheik ancora una volta sono usciti fiumi di interessanti parole ma ben pochi impegni concreti e ancor meno conseguenti atti vincolanti, dalla nostra politica ancora una volta esce la mancanza di volontà di percorrere le strade giuste.
Nello stesso momento, tuttavia, a Piombino si è svolta l’ assemblea nazionale della Rete contro i rigassificatori, con decine di realtà che in ogni territorio stanno costruendo le vertenze di contrasto alle scelte fossili. Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” è stato presente a Piombino con la sua delegazione ed ha portato il proprio contributo. Adesso bisogna cercare tutte le possibili convergenze con chiunque voglia costruire un futuro di giustizia climatica e sociale, come già si è visto in numerose manifestazioni che in tutto quest’ anno stanno percorrendo il Paese.
Il prossimo 17 dicembre, a due anni dall’emanazione del “Patto per il lavoro e per il clima” redatto dalla Regione (che sta dimostrando tutte le contraddizioni, le lentezze e le mancanze allora denunciate da una gran parte del mondo ambientalista emiliano-romagnolo), e ad un anno dal lancio delle quattro leggi regionali di iniziativa popolare finalizzate a una politica regionale realmente orientata alla transizione, ci si troverà a Bologna per esprimere la protesta e le proposte di chi non si vuole rassegnare, e vuole costruire un futuro diverso e libero dalla schiavitù del fossile.
Pippo Tadolini
Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”
Ravenna, 20 novembre 2022
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«Fra “trivelle sacrosante” e il “traguardo” dei rigassificatori il pianeta brucia»