La promessa era che la scuola post-pandemica fosse finalmente messa tra le priorità assolute delle politiche nazionali e locali. Come la sanità. Si è visto: proprio come nella sanità le risorse vengono tagliate per essere dislocate altrove. Sbagliamo a dire che ci sono meno problemi nello stanziare i soldi per le nuove armi con cui alimentare il conflitto ucraino e con cui foraggere le missioni di “pace” che servono a proteggere i nostri fornitori di energie fossili?
La realtà, anche da noi, non è quella tutta rose e fiori dipinta dal Sindaco ancora pochi giorni fa, decantando un futuro di strabilianti finanziamenti di cui avrebbero beneficiato le nostre scuole: «voglio fare i miei migliori auguri agli studenti e alle studentesse che si apprestano a ritornare sui banchi di scuola, perché possano sfruttare al meglio le opportunità che questi finanziamenti comporteranno; e a tutto il personale scolastico, docente e non docente, e al nostro Ufficio scolastico regionale – ambito di Ravenna, che avranno l’impegnativo ed entusiasmante compito di metterli a frutto».
È chiara e circostanziata la denuncia della CGIL: «Dopo due anni di retorica sul ruolo centrale della scuola, impegni assunti e siglati sul rafforzamento degli organici, sulla riduzione degli alunni per classe e sulla copertura di tutti i posti liberi, anche questo anno scolastico la campanella suonerà in provincia di Ravenna con numeri impietosi». Il buco è di 1.359 docenti e di 266 lavoratori (cosiddetti Ata). La soluzione è sempre la stessa: precariato, precariato e, ancora, precariato. In altre parole, supplenze e contratto a termine con cui provare a salvare il salvabile del prossimo anno scolastico. Commenta sempre la CGIL: «In una logica del risparmio, come accade ormai da troppi anni, avremo docenti precari che, invece di essere stabilizzati, lavoreranno senza poter garantire alcuna soluzione di continuità didattica. Per il personale Ata sono stati 69 i posti autorizzati nella nostra provincia per il conferimento di contratto a tempo indeterminato. Percentuali molto basse rispetto al reale fabbisogno delle nostre istituzioni scolastiche, considerando, anche, che quasi tutte le segreterie sono al collasso: poco personale, spesso precario, senza la possibilità di formarsi per gestire il complesso lavoro da fare e una mole di lavoro sempre crescente».
Come Ravenna in Comune lo avevamo già denunciato per tempo, provando, senza riuscirci, evidentemente, a dare la sveglia al Sindaco nell’aprile scorso: «Il suo partito, il PD, assieme al centrodestra e al centrosinistra con cui governa, ha appena ridotto gli investimenti sulla scuola. Il DEF (Documento di economia e finanza) per il prossimo triennio, reso pubblico dal Governo Draghi, infatti, prevede una riduzione rispetto agli ultimi anni, ponendo il tetto di spesa al 3,5% rispetto al famoso PIL (Prodotto Interno Lordo). La media europea è del 4,7% che equivarrebbe per noi ad una ventina di miliardi di euro in più. Se ci fossero. Ma, appunto, non ci sono né ci saranno. Quelle che ci saranno ancora, invece, saranno le classi pollaio, proprio quelle dove il Covid-19 ha potuto dilagare, quelle che hanno costretto alla DaD milioni di studenti…».
Sulle classi pollaio, in particolare, avevamo insistito come Ravenna in Comune: trovarci all’ultimo posto della vergognosa classifica relativa agli alunni per classe era sinceramente indegno di quell’eccellenza che, una volta, le scuole di Ravenna vantavano. Ultimi in tutta Italia! Aveva ammesso il Sindaco: «il dato è estremamente negativo per il territorio di Ravenna e merita una riflessione». Visto quello che ora si prospetta per il prossimo anno scolastico, ci viene il dubbio che, a forza di rifletterci sopra, il Sindaco abbia finito per addormentarsi anche su questo problema.
[Nell’attesa che il Sindaco si svegli dal suo sonno profondo, gli offriamo una bella immagine da sognare presa da “Che cos’è la scuola” di Luca Tortolini e Marco Somà]
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