«Siccità, la Regione chiede lo stato di emergenza. La provincia di Ravenna è una delle più in crisi». Così abbiamo letto ieri sui giornali. Qualche giorno prima avevamo letto sul tema della carenza di acqua anche Luca Mercalli, meteorologo tra i più noti («Ci restano 10 anni»):
«Per i climatologi e gli idrologi questi dati non stupiscono, in quanto previsti ed evidenziati nei rapporti tecnici ormai da un buon trentennio. Una quantità di ricerca scientifica sostanzialmente ignorata, inutilizzata, sepolta nelle biblioteche dell’accademia e nei cassetti delle commissioni, che quando occasionalmente è riuscita a diventare oggetto di dibattito pubblico è subito stata bollata di catastrofismo, di inutile allarmismo.
La necessità di preparare strategie di gestione multifunzionale delle risorse idriche, di riparare le falle dei nostri vetusti acquedotti, di progettare nuovi invasi di ritenuta per le acque meteoriche nelle stagioni in cui sono abbondanti in modo da poterne usufruire durante le siccità, è stata più e più volte portata all’attenzione della politica, ma con risultati molto modesti, piccole operazioni locali che non hanno dato luogo a un piano nazionale organico e indifferibile».
Dunque manca l’acqua e dunque non è una scoperta dell’ultimo minuto. Conosciamo anche la ragione da altrettanto tempo. Ce lo ricorda, ancora una volta, lo stesso Mercalli: si tratta infatti di «un altro evento attribuibile al riscaldamento globale dovuto alle emissioni delle attività umane».
La cura? Intanto occorre smettere di bruciare le fonti fossili per ottenere energia. Anche il gas, naturalmente. Soprattutto il gas che, a seguito della riduzione delle fonti considerate più impattanti nella produzione di CO2, ha fatto un vero e proprio balzo in avanti nella classifica di chi quantitativamente impatta di più. Oltretutto il metano ha un effetto climalterante di per sé, indipendente dalla produzione di CO2: basta l’immissione diretta, anche involontaria, in atmosfera.
E poi, ovviamente, bisogna agire sulle risorse idriche, evitando gli sprechi, le perdite, cambiando il modello dei consumi, tenendo conto anche del fattore consumo acqua come bene prezioso nella scelta delle colture in agricoltura, nelle metodiche di produzione nell’industria, nell’uso quotidiano, ecc.
Cambiare però è impopolare, a qualcuno disturba e qualcun altro teme la riduzione dei propri profitti. Nel 2017 Ravenna in Comune, per il tramite del proprio capogruppo Massimo Manzoli, presentò al Consiglio Comunale un ordine del giorno dal titolo “Crisi idrica” che chiedeva di impegnare il Sindaco e la Giunta ad interventi di questo tipo. Un anno dopo, il 31 luglio 2018, quando finalmente fu messo in discussione, venne respinto compattamente dal voto di tutta la maggioranza. Compresa quella componente che esprimeva l’assessore all’ambiente e ora assessore alla transizione ecologica Gianandrea “Giangi” Baroncini. La stessa componente (si chiamava Sinistra per Ravenna ed ora si chiama Ravenna Coraggiosa) che poco tempo fa ha approvato tutta felice il piano di incremento nello sfruttamento del gas presentato dal Sindaco (di allora e di oggi) Michele de Pascale.
Ora i giornali ci ricordano che «Ravenna si approvvigiona attraverso il Canale Emiliano-Romagnolo, che è in stato d’allerta ma non è ancora in stato di fermo impianto. Dobbiamo scongiurare che il livello scenda sotto i 2,58 metri sul livello del mare. Per ora siamo 10 centimetri sopra».
«Continuiamo così, facciamoci del male». Lo diceva Nanni Moretti e lo ripetiamo anche noi di Ravenna in Comune. La responsabilità ricade su chi è stato ed è ancora complice di quanto accade. A pagarne le conseguenze, però, saremo tutte e tutti. E si comincia già ora.
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Siccità, la Regione chiede lo stato di emergenza. La provincia di Ravenna è una delle più in crisi
Fonte: Corriere Romagna del 22 giugno 2022