Chi dice che Ravenna è arrabbiata perché non si finisce di svuotare quel poco di gas rimasto al largo la racconta a modo suo. Fa propaganda solo alle sue posizioni e a quelle della lobby del fossile, insomma. E trascura, consapevolmente, quella importante (maggioritaria) parte della comunità che, invece, chiede da tempo che si avvii quello che non si è mai avviato: la transizione energetica per un futuro sostenibile per Ravenna e per il pianeta. Il problema energetico di oggi, se c’è, visto che per tutto l’inverno sono continuate le esportazioni di gas dall’Italia verso l’estero, è dovuto alla mancata transizione ad energie che possiamo ricavarci in casa. ENI, invece, preferisce fare affari all’estero con il fossile. I soldi son soldi. Si fanno con Putin o con al-Sisi: un autocrate vale l’altro se si tratta di riconoscere 86 centesimi per azione ad ogni azionista. Del resto il bilancio consolidato del cane a sei zampe si è chiuso con utile di quasi sei miliardi di euro. Fatti vendendo energia a prezzo rialzato. E anche se de Pascale si fa paladino della “Ravenna arrabbiata” e incontra il ministro di turno (quel Cingolani a cui solo i 5stelle potevano dar credito come ambientalista), le cose non cambieranno per Ravenna: se non c’è vantaggio economico non c’è Pitesai modificato che farà aprire nuovi rubinetti. Piuttosto è certo che non farà chiudere quelli vecchi, per i quali l’ammortamento dei costi è stato già ampiamente completato. Dovremo tenerci le Angela e Angelina che pur lo stesso de Pascale aveva promesso di riuscire a chiudere. E quella parte di comunità di cui a de Pascale nulla importa, quella che abita il territorio che gli impianti troppo vicini alla costa fanno abbassare continuamente, dovrà subire nuovi arretramenti della linea di costa e nuovi disastri al cambio di stagione. Cui seguiranno nuovi ripascimenti, naturalmente. È stato in azione in questi giorni il quarto progettone regionale: 23 milioni di euro per pompare più di un milione di metri cubi di sabbia prelevata al largo su 15 chilometri di arenile. Lavoro immane che si spera regga almeno fino alle mareggiate del prossimo autunno.
Quello che potrebbe arrivare, invece, è un rigassificatore galleggiante, quello che Bonaccini ha chiamato “recupero di una sfida persa”. In realtà l’operazione rigassificatore di dieci anni fa era voluta solo da chi contava di farci i soldi sopra. Una comunità forte e coesa, all’epoca, riuscì a respingere al mittente la “generosa” offerta. Questa volta, a quanto pare, nuovi forti interessi concorrono alla sua realizzazione. Pensare che a Piombino, dove si vorrebbe mettere il secondo, saggiamente lo si respinge. Come in Puglia del resto. Perché per noi dovrebbe essere un vantaggio ciò che gli altri considerano una iattura? E naturalmente non serve a nulla per l’oggi. Dicono i giornali che sarà un “terminale al largo di Ravenna che se tutto andrà come programmato ieri, ospiterà tra 12 mesi una nave rigassificatrice da 5 miliardi di metri cubi di gas annui”. Anche facendo finta di credere ai 12 mesi si continua a legare mani e piedi il futuro energetico al gas, estero per giunta. Nuovi costi che richiederanno anni per essere recuperati. O si pensa che i privati si facciano coinvolgere per beneficenza e amore patriottico disinteressato? Delle istituzioni responsabili dovrebbero considerare di quanto andrà ad aumentare il rischio per un’area già fortemente in pericolo come quella ravennate a causa del pericolosissimo gas metano. Il Paguro, tanto per fare un esempio, prima di essere un’attrazione subacquea, è stata una piattaforma distrutta da un’eruzione di gas con 3 morti, anche si fa finta di dimenticarsene. Da tempo avrebbero dovuto iniziare un’opera di progressiva sostituzione delle situazioni più a rischio, tutte concentrate in zona porto. Per questo si era detto “no” all’incremento del rischio causato da un rigassificatore. La “sfida persa” a cui fa riferimento Bonaccini nel 2008 vide opporsi una intera comunità a cui non mancò l’appoggio del PD e del PRI di allora.
Su quanto peserà per il futuro la discarica di CO2 come Ravenna in Comune abbiamo già detto più volte. Così come dei timori che sia solo greenwashing il voler citare il progetto AGNES, l’unico al quale prestiamo attenzione, legandolo sempre però all’avanzamento di tutto ciò che non ha niente a che fare con le energie rinnovabili. Dell’emergenza climatica, a quanto pare, il Sindaco ha smesso di interessarsi già il giorno dopo di averla dichiarata in Consiglio Comunale. Era il 16 luglio 2019: da allora il cambio di passo di cui de Pascale parlava non lo ha visto nessuno.
Ravenna in Comune si sente parte della Ravenna arrabbiata, non quella lobby del fossile che il Sindaco vorrebbe rappresentare però, ma quella fatta di cittadine e cittadini, attenta al futuro proprio e dei propri figli, prima che ai portafogli di alcuni privati ben identificati. Ravenna in Comune era in piazza Kennedy il 12 maggio di un anno fa per partecipare alla grande e riuscita manifestazione per un futuro sostenibile e rinnovabile. Ci torneremo presto.
[nell’immagine: il disastro del Paguro il 28 settembre 1965. Spesso ci si dimentica quanto il gas sia pericoloso]
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Una riflessione ambientalista sull’ipotesi del rigassificatore a Ravenna
Fonte: Ravenna Notizie del 4 maggio 2022
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Il ‘ragno’ è pronto, rigassificatore tra un anno
Fonte: Il Resto del Carlino del 5 maggio 2022