È giunta a conclusione l’indagine sulla presunta serie di reati che avrebbe coinvolto 60 (sessanta!) albergatori, ristoratori e titolari di stabilimenti balneari del territorio. Li avrebbe coinvolti come presunti autori, non come vittime. I giornali parlano di somministrazione illecita di manodopera ed emissione di fatture inesistenti, finti licenziamenti per ottenere la disoccupazione con conseguente truffa all’Inps, associazione per delinquere… I giornali danno anche, per una volta, nomi e cognomi dei cosiddetti “imprenditori del turismo” a cui la Procura contesta i reati.
Lasciamo da parte ogni valutazione di natura penale. C’è un sistema giudiziario, terzo pilastro dei poteri su cui si fondano gli stati moderni, cui è demandato, attraverso complessi procedimenti e diversi gradi nelle decisioni, accertare la “verità”, che sarà comunque sempre e solo giudiziale. Concentriamoci invece sulla valutazione politica della vicenda. Qui c’è un soggetto che, facendosi pagare per il servizio, si è interposto tra chi lavorava e chi beneficiava del lavoro fornito. Invece di rappresentare un sovraccosto, come accade nel caso delle agenzie di somministrazione di manodopera, in questo caso invece i fruitori del cosiddetto servizio ne uscivano con più soldi di prima, avendo “risparmiato” su tasse e contributi. Merce di scambio erano i lavoratori, girati formalmente alla gestione del fornitore del servizio, pur mantenendosi di fatto inalterata la “catena di comando” in capo agli “imprenditori” originari. Non c’è trucco e non c’è inganno? Di sicuro la promessa, mantenuta, era quella di ottenere consistenti risparmi di imposta, sgravi contributivi, oltre a detrazioni Iva ed utili vari. Ecco perché in sessanta si sono mostrati interessati al servizio.
La domanda, politica, che come Ravenna in Comune poniamo è se sia questa l’attività “imprenditoriale” che l’Amministrazione Comunale intende promuovere per il benessere del nostro territorio. La risposta, in realtà, l’ha già data il Sindaco in più occasioni. L’ultima, in ordine di tempo, si è avuta quando, pur nella consapevolezza di questa vicenda, il mese scorso de Pascale ha inaugurato uno stabilimento balneare rilevato da uno dei sessanta. «Siete tra le persone che meglio incarnano l’imprenditorialità di questa terra, tra coraggio, visionarietà, talento e tanto lavoro» così ha sentenziato il Sindaco.
Ravenna in Comune è di avviso contrario e pensa che l’impiego consapevole di mezzi che, al meglio, si possono qualificare come sul filo del rasoio non debba essere incentivato. Ravenna in Comune sostiene che non si incarna il meglio dell’imprenditorialità quando per far più soldi, ci si attacca a tutto pur di pagare meno tasse, dirette e indirette, e meno contributi previdenziali ai lavoratori. Ravenna in Comune ha dichiarato che se le Istituzioni facessero un taglio di nastro in meno e operassero distinzioni tra i diversi modi in cui si può fare “l’imprenditore del turismo” non veicolerebbero il pericolosissimo messaggio che prima vengono i soldi, gli “investimenti”, e poi, solo poi, il rispetto delle regole. Il Sindaco, la Giunta, e i partiti che compongono questa maggioranza, nessuno escluso, evidentemente, la pensano diversamente. A nessuno di loro infatti è venuto in mente di dire a voce alta che di questo modo di “fare impresa” Ravenna può tranquillamente fare a meno.
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Evasione e truffa, chiusa maxi inchiesta a Ravenna. Indagati 60 imprenditori del turismo
Fonte: Il Resto del Carlino del 12 aprile 2022
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Addio degrado, è nato il bagno Ondina