Ravenna in Comune ripudia la guerra. Come la nostra Costituzione “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il ripudio della guerra, oggi, riguarda il conflitto in corso in Ucraina. Che certo non è l’unico conflitto armato che sta divampando nel mondo e nemmeno il primo che abbia interessato l’Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale, pensando al “contributo” italiano nelle guerre di quella che ora è chiamata ex Jugoslavia. Eppure è quello che sta catalizzando l’attenzione mediatica o, viceversa, che per il pervasivo focus mediatico, sta catalizzando l’attenzione pubblica. Dallo Yemen al Kurdistan, dalla Palestina all’Etiopia, solo per citare i primi che vengono in mente, tanti luoghi del pianeta sono interessati da sofferenze e violenze nella sostanziale indifferenza generale.
Il conflitto ucraino origina in ciò che è stato fatto e in ciò che non è stato fatto durante l’Unione Sovietica e dopo la conclusione di quell’esperienza storica, in Ucraina certo, ma anche ad occidente e oriente. Il tutto alimentato da un viluppo di interessi in cui è problematico tracciare una linea e ricostruire una serie storica senza guardare al passaggio precedente. Non si capisce la guerra attuale se si tralasciano i combattimenti che insanguinano il Donbass russofono da otto anni, causa la mancata implementazione degli accordi di pace di Minsk. Non si capisce l’elezione a presidente vero di un attore che già aveva interpretato lo stesso ruolo per finta, se si dimenticano i fallimenti politici dei governi filo-occidentali e filo-russi che lo hanno preceduto. E così via, dove capire non è giustificare ma è piuttosto l’inquadramento del contesto indispensabile ad ogni futura azione di pacificazione.
“Il 24 febbraio la Russia invade l’Ucraina riportando la guerra nel cuore dell’Europa. La risposta immediata che arriva da chi ci governa è inviare armi all’Ucraina. Noi pensiamo che inviare armi non serva a riportare la pace, ma solo ad aumentare la violenza e il numero delle vittime.
Ancora una volta, chi governa pensa che la guerra sia l’unica soluzione. Ci dice che la guerra può essere “giusta”, “necessaria”, e “inevitabile”: non è vero, non esistono guerre giuste, la guerra appare inevitabile solo a chi non ha fatto nulla per evitarla con i negoziati e la diplomazia. Ci dice che la guerra può essere “umanitaria”: non è vero, la guerra porta sempre morte e distruzione, è la negazione dell’umanità. Ci dice che le spese militari sono necessarie a mantenere la sicurezza: non è vero, negli ultimi 20 anni sono più che raddoppiate ma non viviamo in un mondo più sicuro. Per poter sperare in un futuro migliore, quei soldi andrebbero investiti in ospedali, scuole, lavoro, pensioni. Ci dice che la guerra serve a costruire la pace: non è vero, solo la pratica dei diritti umani può costruire la pace. Non ci dice mai, invece, che i civili sono le prime vittime della guerra, di qualsiasi guerra”.
Il virgolettato non è nostro ma di Emergency, l’organizzazione fondata da Gino Strada che ben conosce gli effetti dalla guerra che attraversano i corpi assieme alle pallottole e agli altri strumenti di morte. Quei corpi che Emergency cura in ogni parte del mondo dagli effetti devastanti della guerra. Come Ravenna in Comune condividiamo ogni singolo passaggio dell’appello con cui Emergency ha convocato presidi e manifestazioni in tutta Italia.
A RAVENNA IL SIT-IN E’ OGGI POMERIGGIO, SABATO 26 MARZO, DALLE ORE 16.00 IN PIAZZA DEL POPOLO.
Invitiamo chi condivide i nostri valori, chi ci segue e, comunque, chi non vuole alimentare il fuoco della guerra, di tutte le guerre, anche di quelle che mietono le loro vittime senza che nessuno se ne curi, a partecipare.
Come dice Emergency:
“I cittadini del mondo sanno benissimo che la guerra è il problema, e non la soluzione, ma spesso non hanno voce. Per questo motivo vogliamo dare voce a chi non ce l’ha: con un semplice pezzo di stoffa bianca, uno straccio di pace. Appeso allo zaino, al balcone, legato al guinzaglio del cane, all’antenna della macchina, al passeggino del bambino, alla cartella di scuola… un modo semplice e immediato per esprimere il nostro ripudio della guerra, del terrorismo, della violenza”.
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“SI VIS PACEM, PARA PACEM”