Torniamo, purtroppo, sul tema caldissimo della sicurezza sul lavoro. Ogni giorno si affollano nuove notizie. Per cui gli infortuni senza esito mortale scompaiono dai giornali. E le morti più eclatanti sommergono quelle più “normali”. Come se morire sul luogo di lavoro potesse mai essere considerato “normale”.
Eppure il fatto che nella “civilissima” Emilia-Romagna sia morto sabato mattina un lavoratore di 70 (settanta!) anni cadendo da un tetto non può essere lasciato correre via senza lasciare un profondo segno. L’indice di rischio morte durante il lavoro su base annua è attorno a 3 ogni centomila lavoratori in Regione e più o meno lo stesso in Romagna e nella nostra provincia. Arriva quasi a 3,5 il dato nazionale.
Parliamo del 2020. L’anno delle chiusure per Covid. Sempre nel 2020 la nostra provincia ha avuto un indice riferito agli infortuni di oltre 2 casi ogni 100 lavoratori (2,1 per cento) mentre in Italia l’indice di rischio infortunio è stato pari a 1,6 per cento.
Come immaginabile, l’effetto “rimbalzo” nel 2021 pesa anche sugli infortuni. A luglio Ravenna contava già 3.511 casi contro i 3.048 del periodo corrispondente dell’anno precedente. E tutti questi dati sono falsati da ciò che non viene denunciato all’INAIL. È solo la punta emergente di un iceberg.
Come abbiamo detto più volte, non è il fato crudele a pretendere il sangue delle lavoratrici e dei lavoratori. È il disinteresse verso la sicurezza per i costi economici che produce a fronte di costi penali pressoché irrilevanti per i padroni. Se qualche rara volta viene condannato un manager, sempre più frequenti sono le condanne dei colleghi dell’infortunato e pressoché inesistenti le volte in cui è coinvolto un padrone vero e proprio.
Incidono la precarietà, il nero, il caporalato, i subappalti, la produttività, il profitto, ecc. ecc. Incide anche l’assoluta mancanza di stigma sociale per i padroni che si rendono responsabili di tutto ciò. È ancora ben presente nei nostri ricordi l’onore tributato ai fratelli padroni Marcegaglia a Palazzo Merlato. Proprio quella Marcegaglia che a Ravenna si distingue per l’uso smodato di subappalti e i conseguenti problemi di sicurezza.
A Ravenna come Ravenna in Comune nella scorsa consigliatura abbiamo contribuito alla istituzione di un Osservatorio per la legalità e la sicurezza del lavoro. Il contributo del sindaco e della maggioranza è stato quello di svilirne il significato rendendolo pressoché inutile. Lasciamo il nostro lavoro in eredità al nuovo Consiglio Comunale. È l’occasione per chi si dichiara di sinistra di fare qualcosa di utile a livello comunale per contrastare l’insicurezza sul lavoro. Qualcosa che vada al di là del “mai più” pronunciato ogni volta che si aggiunge un nuovo decesso alla lista.
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Infortuni sul lavoro: a Ravenna l’indice di rischio è più alto della media italiana