Martedì scorso il Comune di Ravenna ha presentato, nell’ultimo giorno in cui si poteva ancora farlo, le sue osservazioni al Pitesai, il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee. Cioè il piano in base al quale potrà riprendere in alcune porzioni del territorio nazionale l’attività di ricerca e successiva estrazione di idrocarburi. Qualcosa di importantissimo per il nostro territorio, qualunque posizione si assuma al riguardo.
Come noto, Ravenna in Comune è assolutamente contraria ad un incremento delle attività estrattive al largo delle coste di Ravenna. Siamo contrari per ragioni ambientali di carattere locale. Infatti è noto come alla sottrazione di gas dai depositi sotterranei corrisponda un abbassamento del suolo che, per molte aree del nostro comune, significa il concreto rischio di scomparsa o, comunque, di subire gravi danni dovuti all’ingressione marina. Siamo contrari anche per ragioni ambientali di respiro globale. Come noto il gas è diventato, in termini assoluti, la maggior fonte di incremento della CO2. E non stiamo qui a ricordare che de Pascale ha dichiarato l’emergenza climatica solo per dimenticarsene il giorno dopo del titolo sul giornale. Siamo però contrari anche per ragioni economiche. Ogni ritardo nell’avvio della transizione dall’economia off-shore dipendente ad una delle energie rinnovabili comporterà un costo sempre più alto a livello occupazionale di quello che sarebbe prevenendone le conseguenze. Al centrosinistra che ancora amministra il Comune, ma anche al centrodestra, tutto questo non importa. Nessuno vuole rinunciare al voto dei lavoratori e degli imprenditori del settore. E quando, inevitabilmente, faranno la fine dei minatori inglesi, si dicono, sarà poi il problema che affronterà qualcun altro dopo le elezioni.
Le osservazioni presentate dal Comune di Ravenna al Pitesai si potrebbero definire il “minimo sindacale”. Giusto quel tanto di indispensabile perché non si dica che l’Amministrazione comunale è stata completamente silente. Come pure avrebbe voluto, probabilmente, se solo ne avesse avuto il coraggio.
La stampa ha giustamente definito queste osservazioni come “piuttosto scarne”. Due paginette striminzite in caratteri belli grandi come facevano una volta gli studenti che non sapevano cosa inventarsi per arrivare in fondo al tema di italiano. E scarno è anche il contenuto. Più che altro osservazioni formali. Eppure sarebbe stata l’occasione giusta, se non altro, per mettere la parola fine alla indecorosa vicenda dell’Angela Angelina.
Il Comune di Comacchio, nelle sue osservazioni, richiede “di non concedere il rilascio di ulteriori concessioni di: ricerca, di coltivazione e stoccaggio di idrocarburi nel territorio del Delta del Po trattandosi di area particolarmente fragile, soggetta a subsidenza, a dissesto idraulico”. E anticipa che ricorrerà al tribunale amministrativo se l’osservazione non verrà recepita. La nostra Regione fa sua la stessa osservazione, mettendola assieme alle altre in 7 fitte e dense pagine. La Regione, che pure è favorevole alla ripresa delle prospezioni, prende in esame tutte le criticità del piano e le contesta senza timidezze, passando dai problemi legati alla subsidenza alla dismissione delle piattaforme, solo per dirne qualcuno. Anche Arpae non risparmia critiche e chiede vincoli e divieti assoluti sia per i siti Unesco che per le aree dei parchi e in tutti i casi in cui la subsidenza è superiore ai 10 mm/l’anno, come accade, ad esempio, a Lido di Dante e Lido Adriano.
Il Comune di Ravenna si limita a rivolgere una cortese preghiera: “Nella definizione del vincolo assoluto n. 15 il tasso di subsidenza superiore a 25 mm/anno pare troppo elevato e poco significativo se non riportato alla situazione ante operam”. Sta al buon cuore del ministro attribuire un qualsivoglia contenuto a quel “troppo elevato”.
Che PD, PRI e Coraggiosa fossero favorevoli a continuare le estrazioni off-shore non era in dubbio. Ma a pagina 27 del suo attuale programma elettorale de Pascale sostiene che almeno l’Angela Angelina andrebbe chiuso: “come più volte auspicato anche dal Consiglio Comunale, va eliminato il punto di estrazione Angela e Angelina per l’eccessiva vicinanza alla costa e i suoi effetti nell’area molto fragile di Lido di Dante, Lido Adriano e foce Bevano”. Lo aveva già detto altre volte. Lo aveva garantito già quattro anni fa, sostenendo di aver ottenuto l’assenso di ENI. La verità, però, sta in quanto sta scritto, o meglio, non scritto, nelle Osservazioni da lui presentate al Pitesai.
Ravenna in Comune chiede conto all’attuale Sindaco della palese volontà della coalizione che lo sostiene di lasciare continuare a lavorare l’Angela Angelina come se non ci fosse un domani, mandando a fondo definitivamente Lido di Dante, Lido Adriano e la foce Bevano.
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Estrazioni gas Ravenna, “no” di Arpae nelle aree a forte subsidenza