In Italia è stato stabilito costituzionalmente che le decisioni politiche siano assunte con metodo democratico. La democrazia si declina in tanti modi possibili ma, da noi, la versione che va per la maggiore è quella della democrazia rappresentativa. Che prevede una elezione per individuare delle persone, che ne rappresentino una pluralità di altre, nel momento di assumere le decisioni. Teoricamente, ogni persona eletta potrebbe trovarsi dalla stessa parte di qualunque altra, quando si tratta di operare delle scelte vincolanti per tutte e tutti. Senza predeterminazioni. E, sempre teoricamente, alla scelta di quale strada percorrere per conseguire un obiettivo della collettività si potrebbe giungere attraverso tantissimi modi. Non con il solo voto a maggioranza. In realtà, come ben noto, la rappresentanza è organizzata per raggruppamenti, che restano per lo più sempre gli stessi, indipendentemente dall’argomento trattato. E la scelta, a sua volta, è effettuata per lo più attraverso la formazione di maggioranze, a favore o contro, piuttosto che attraverso diverse forme partecipative.
Tutto questo per dire che a qualunque livello, compreso quello locale comunale, alle elezioni non si formano solo le rappresentanze ma anche la dimensione numerica delle possibili maggioranze e minoranze. Inoltre può accadere, come succede nel nostro sistema, che il risultato elettorale garantisca una rappresentanza non proporzionale ai voti ottenuti, ma conceda a chi “vince” un numero maggiore di seggi in “premio”. Di fatto, ci sono cittadine e cittadini che non vedranno mai assunta una decisione conforme ai loro desideri per cinque anni, in quanto “i giochi” sono fatti fin dall’inizio. La maggioranza uscita dalle elezioni farà e disfarrà a proprio piacimento senza render conto a nessuno. A cosa serve dunque “l’opposizione” in Consiglio Comunale? Essenzialmente ad avere una sponda istituzionale per veicolare le proprie idee attraverso il voto contrario alle proposte della maggioranza o attraverso proprie proposte alternative/modificative di minoranza. E, ancora, all’opposizione spetta l’esercizio della critica motivata attraverso la segnalazione di “ciò che non va” nelle decisioni assunte dalla maggioranza.
È stato questo il lavoro svolto molto bene da Ravenna in Comune in questa consigliatura. L’unico che poteva fare dentro le istituzioni, perché il resto del lavoro politico lo abbiamo effettuato direttamente sul territorio. In consiglio comunale abbiamo presentato proposte, spiegato perché si sarebbero dovute respingere le decisioni della maggioranza, segnalato “mancanze”. Lo abbiamo fatto presentando ordini del giorno, interrogazioni, question time, deliberazioni. A cui abbiamo dato evidenza attraverso un capillare lavoro di comunicazione. Comunicazione di proposte e critiche che sta proseguendo anche in questi mesi in cui il Consiglio Comunale, pur non ancora scaduto, è di fatto chiuso.
De Pascale (e con lui chi lo sostiene) ha dimostrato durante tutto il suo mandato e sta continuando a dimostrare ora la propria insofferenza verso ciò che significa democrazia e verso il ruolo dell’opposizione. Insofferenza e indifferenza. Spesso evita di nominare l’opposizione, si appropria delle proposte altrui senza riconoscerne la paternità, trascura di rispondere ai problemi sollevati. Problemi e proposte che sono quelli delle cittadine e dei cittadini che non hanno ritenuto che lui e la sua coalizione fossero in grado di rappresentarli. Cosa pensa di loro de Pascale?
Ha detto che «non esiste città italiana dove non ci sia qualcosa da qualche parte che non va e l’opposizione non può limitarsi ad andare a cercare queste cose in giro per il comune per dimostrare l’indimostrabile».
E del valore apportato alla democrazia dall’opposizione?
Ha detto che «Ravenna in Comune ha al suo interno tante forze con alcune delle quali, come Rifondazione o Pap, non ci sono condizioni minime per costruire qualcosa».
E delle nostre proposte sviluppate in questi anni? Di qualcuna se ne è appropriato, come detto, in genere stravolgendola e rendendola inoffensiva. Pensiamo ad esempio all’Osservatorio per la legalità e la sicurezza sul lavoro. Così il nostro Consigliere Massimo Manzoli: «L’osservatorio che avevamo proposto non esiste. La nostra idea prevedeva un osservatorio di natura comunale, ciò significa metter risorse e tempo per coordinarlo per mappare e tenere monitorate le situazioni critiche del nostro territorio, relative alle infiltrazioni mafiose e alle situazioni di illegalità e alle zone grigie del lavoro. […] Nulla di ciò che immaginava la nostra proposta è stato fatto». Della maggior parte non si è nemmeno preoccupato di dire per quale motivo le avversava: tanto bastava il voto negativo della maggioranza per affossarle. E le interrogazioni? Poche le risposte e a distanza di anni da quando il tema era stato proposto.
E di quel che scriviamo oggi, giorno per giorno? Niente sul contrasto ai fascismi, niente sul sostegno ai diritti umani, niente sullo stop alle cementificazioni, niente sul cambiamento climatico, niente sul turismo, niente sul porto, niente sulla sicurezza del distretto industriale, ecc. ecc.
Per de Pascale “a Ravenna si può” purché nessuno disturbi il manovratore…
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Intervista a de Pascale
Fonte: Ravenna & Dintorni 4-10 marzo 2021, pag. 10