Da tempo dobbiamo star dietro all’emergenza sanitaria che ha colpito Ravenna. Non parliamo del Covid, naturalmente. La pandemia ha solo fatto emergere le criticità già presenti. Problemi che affondano le loro radici nelle scelte del “partitone” in Regione e in sede locale. Scelte non di ieri, che assommano, per portare qualche esempio, le convenzioni col privato, la concentrazione nell’Auslona, la riduzione di costi, le carenze numeriche di personale medico ed infermieristico volontariamente non coperte. Scelte di cui l’attuale Direttore Generale, Carradori, è stato corresponsabile, avendo ricoperto incarichi di vertice in tutti questi anni. Scelte disgraziate venute al pettine nel primo momento di crisi, con il blocco di tutte le attività “normali”, come se la gente avesse smesso di avere problemi oculistici, cardiaci, oncologici…
È proprio su queste ultime problematiche che si concentra un informato articolo di Alessandro Montanari per il Corriere Romagna di ieri (“Screening oncologici, tempi lunghi. Ravenna è sotto gli standard Ausl”). Ne riportiamo uno stralcio che punta il dito proprio su Ravenna:
«Dopo l’emergenza sanitaria della primavera 2020, che aveva bloccato buona parte dell’attività ordinaria dell’ospedale, il personale sanitario è stato immerso in una mole di lavoro importante per recuperare il tempo perduto. Secondo le ultime relazioni Ausl ci sono però alcune criticità a Ravenna che riguardano soprattutto i tempi di attesa dei referti e degli approfondimenti per gli esami oncologici a cui si sottopongono le donne, come mammografia e pap test. In alcuni casi la refertazione arriva oltre il tempo limite, in altri gli esami di approfondimento vengono fissati entro la soglia temporale indicata dall’Ausl: 60 giorni. Il motivo? Carenza di personale, si legge nell’ultima relazione dell’azienda sanitaria. […] Per quanto riguarda le mammografie, solo il 62% dei referti negativi eseguiti nel periodo preso in esame è arrivato entro i 21 giorni (a Cesena questa percentuale è pari al 99%) contro uno standard Ausl fissato all’85%. Vanno meglio le cose per quanto riguarda i pap test, ovvero lo screening cervicale, il cui referto negativo arriva nel cento per cento dei casi entro le quattro settimane. Tuttavia in caso si riscontri una necessità di approfondimento, la colposcopia viene fissata entro i 60 giorni standard soltanto nel 55% dei casi. L’Ausl fissa la soglia minima al 90%».
Nelle prime settimane di dicembre 2020 avevamo ricevuto dal sindacato Nursind una relazione che metteva in luce le enormi criticità presenti nel nostro ospedale. Massimo Manzoli, il capogruppo di Ravenna in Comune, l’ha trasformata in un “question time” nella speranza che la Giunta intervenisse con immediatezza.
Questo non è propriamente accaduto tanto che, purtroppo, la situazione al “Pronto Soccorso” è talmente degenerata all’inizio di quest’anno da costringere il Sindaco alle scuse e Carradori a formulare promesse per il futuro. Il problema che noi avevamo anticipato, però, è strutturale e non solo riferito al “Pronto Soccorso”. A pesare, infatti, (tra le altre mancanze) è proprio la carenza cronica di personale infermieristico all’ospedale di Ravenna.
No, caro Sindaco e caro Presidente della Regione, il problema della nostra sanità non è quello dei detrattori che ne parlerebbero male. Il problema è nostro, di cittadine e cittadini che ogni giorno siamo costretti a subire le conseguenze delle vostre scelte sbagliate.
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Screening oncologici, tempi lunghi. Ravenna è sotto gli standard
Fonte: Corriere Romagna dell’11 luglio 2021