COSÌ LONTANO COSÌ VICINO

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente contributo di Sonia Zarri

27 GIUGNO 2021

Non se ne avrà Wim Wenders se prendo a prestito il titolo del suo celebre film del 1993 per parlare di qualcosa che dovrebbe preoccupare molto tutti noi.

L’Europa è la regione del mondo dove i diritti delle donne e della comunità Lgbt+ sono maggiormente rispettati. Ci sono però stati membri dell’Unione europea in cui i diritti delle donne e della comunità Lgbt+ non solo non sono garantiti, ma fortemente osteggiati, da governi e organizzazioni varie. Soprattutto nell’Europa dell’ Est. 

Prendiamo il caso della Polonia.

Proprio nel 1993 in Polonia viene trovato un compromesso su un argomento molto dibattuto e discusso in un paese molto cattolico: l’aborto.

La legge che ne scaturisce consente l’aborto solo in 3 casi: 

  • gravidanze dovute a stupro o incesto;
  • gravidanze che mettono in pericolo la vita della donna;
  • in caso di grave malformazioni del feto.

Una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa.

La vittoria  del PIS (“Diritto e  Giustizia”), partito dell’ultradestra cattolica sia delle eleziomìe presidenziali sia delle parlamentari ha reso facile al governo portare avanti le proprie iniziative.

Fra le quali una vera e propria guerra contro l’aborto e la comunità Lgbt+

 

ABORTO

Il 23 settembre 2016 la camera bassa del parlamento approva un disegno di legge su iniziativa del movimento fondamentalista cattolico pro-life Ordo Iuris, che prevede il divieto assoluto dell’aborto, con responsabilità penale per chiunque causi l’interruzione di gravidanza, compresa la madre. 

Subito si verificano proteste spontanee e il 3 ottobre il “Movimento delle Donne in Nero” organizza “Lo sciopero delle donne” (ispirato a quello avvenuto in Islanda nel 1975). Migliaia di donne si astengono dal lavoro, rifiutano di andare a scuola o di fare le faccende domestiche, e scendono in piazza vestite di nero in segno di lutto per i loro diritti. 

Vengono organizzati blocchi stradali e lunghe marce dalla sede del governo a quella di Ordo Iuris.

Le proteste inducono il governo a temporeggiare. Ma un centinaio di parlamentari del PIS decide di ricorrere contro la legge del 1993 facendo appello alla corte costituzionale, allo scopo di eliminare il diritto all’aborto in caso di malformazione del feto, in quanto violerebbe i principi della costituzione.

 

Chi o cosa è Ordo Iuris?
Sulla carta è una fondazione della società civile polacca.  Un think tank, ossia un gruppo di esperti, nato nel 2013 e diventato in pochissimi anni una delle ONG più grandi della Polonia. E’ composto da legali e giuristi e finalizzato a formare giovani avvocati su temi come la libertà religiosa, matrimonio e famiglia, diritti civili. 
Nella pratica  è un’organizzazione caratterizzata da estremismo religioso, di orientamento decisamente conservatore.  Nikodema Bernaciak, analista legale di O.I., intervistato, dice sull’aborto: “Il codice DNA individuale è una prova sufficiente che il feto, appena concepito, è un essere umano”. Interrogato poi sull’apertura di Papa Francesco agli omosessuali, afferma: “Quella degli omosessuali è come una mafia. E Dio ama ogni essere umano e ogni mafioso. Non significa che la Chiesa debba benedire il matrimonio omosessuale o le strutture mafiose”. E’ capace oggi di sviluppare sofisticati pacchetti legislativi con cui avanzare proposte di legge al governo, come abbiamo visto riguardo al disegno di legge del 2016 per vietare e penalizzare l’aborto. E’ artefice inoltre del disegno di legge per rendere illegale l’educazione sessuale e di quello per imporre restrizioni alla fecondazione in vitro. Fra i suoi obiettivi  anche forti restrizioni al divorzio e l’uscita della Polonia dalla Convenzione di Istanbul. O.I. È capace anche di infiltrarsi in quei contesti in cui avvengono i processi decisionali. Tymoteusz Zych, vicepresidente dell’organizzazione, è stato proposto dal governo polacco alla nomina nel Comitato Europeo Economico e Sociale, l’organismo europeo che si occupa di eguaglianza e diritti Lgbt+. Il fondatore di O.I. (Aleksander Stepkowski) ha fatto parte della lista dei candidati polacchi alla Corte di Strasburgo, che è stata però completamente respinta dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. 

 

La Corte Costituzionale si è riunisce il 22 ottobre 2020 e si esprime contro l’aborto per  malformazioni del feto, in quanto contro la Costituzione, che protegge e garantisce la vita di ogni individuo.

A questo punto non si tratta più di una semplice proposta di legge, ma di qualcosa di inappellabile, cioè appunto una sentenza della corte costituzionale. Il governo può  semplicemente farla propria.

Tenuto conto che la quasi totalità degli aborti in Polonia avviene proprio per gravi malformazioni del feto, la sentenza della corte rappresenta un divieto quasi totale all’aborto.

Nel pomeriggio di quello stesso 22 ottobre 2020 ripartono le proteste che vanno avanti quotidianamente fino a dicembre. In particolare venerdì 30 ottobre 2020 si è tenuta a Varsavia la più grande protesta contro il governo polacco da quando al potere c’è il partito Diritto e Giustizia.

E riprendono ancor più aspre nel gennaio 2021, quando il governo annuncia che la legge che fa propria la sentenza della corte costituzionale entrerà in vigore in contemporanea con la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, cioè il 27 gennaio 2021. Le proteste hanno luogo soprattutto a Varsavia, ma anche nelle campagne, considerate la roccaforte del partito di governo.

Con l’inasprirsi della protesta si è inasprita anche la repressione delle manifestazioni: arresti indiscriminati, ricorso allo spray urticante e incitamento alla violenza nei loro confronti da parte di autorità pubbliche. 

Le donne scese in strada sono state anche accusate dal governo di essere naziste. Nel 2016, quando ci furono le prime proteste, uno dei simboli più usato dalle manifestanti è stato il fulmine, a rappresentare rabbia e indigna- zione.Il governo non perse tempo a far notare, anche attraverso i media nazionali, la  simi- litudine fra il fulmine e le due rune usate dalle SS.

Non va meglio per la comunità Lgbt+.

Nella tv pubblica, che è l’unica tv a cui ha accesso gran parte della popolazione, gli omosessuali sono paragonati ai pedofili. Un servizio della tv pubblica ha raccontato che a Bruxelles  c’è un mercato dove le coppie gay vanno a comprare i bambini.

A giugno 2020,100 municipalità si sono autodichiarate “Zone libere da Lgbt” o “Zone libere dall’ideologia Lgbt” o, ancora, “Zone Lgbt free” . Dichiarazioni simboliche, ma aventi l’effetto di stigmatizzare le persone della comunità Lgbt+. In queste città ormai è diventato pericoloso anche solo girare per strada se si è gay, lesbiche, trans.

Una di queste città è Pulawy, tra Varsavia e Lublino. La città ha adottato una risoluzione per liberarsi della presunta ideologia lgbt. Qui vive David Socha che comincia a incollare ovunque adesivi con la scritta “Ci mancherete”, rivolto ai membri della comunità Lgbt. Quando fu intervistato a proposito di questa iniziativa da una tv locale, per lui iniziò l’inferno. I neonazisti una volta lo hanno inseguito, gli hanno riempito la cassetta delle lettere di volantini con frasi tipo: “Gli omosessuali crepano più spesso di AIDS” o “gli omosessuali sono pedofili”.

David ammette di avere paura.  Ci sono quartieri dai quali David deve tenersi lontano. Dice: “Prima o poi mi spaccano la faccia, sanno dove abito, è solo questione di tempo”.

Vi è stata anche una sorta di chiamata alle armi di nazionalisti ultraconservatori che hanno dato vita ad azioni violente di tipo squadrista un po’ in tutta la Polonia. 

E l’11 novembre 2020 si è svolta la “Marcia dell’Indipendenza”, un corteo enorme di ultrà che ha sfilato lungo le strade di Varsavia. Hanno gridato slogan di odio e incitamento alla violenza contro gli omosessuali, come: “Vietiamo di essere froci”. Ma anche contro gli ebrei.

Nel paese sono comparsi ovunque, misteriosamente, degli enormi cartelloni che recitano “mamma e papà si vogliono bene” o che mostrano un feto a forma di cuore.

Ma cominciamo ora ad avvicinarci all’Italia.

Perché Ordo Iuris non agisce solo in Polonia.

Fa parte del “Tradition, Family and Property”, rete nata in Brasile dal latifondista Plinio Correa De Oliveira nel 1960, oggi attiva in tutta Europa, di ispirazione cattolica, caratterizzata da conservatorismo sociale e iper-liberismo economico.

O.I. Ha filiali ufficiali in Croazia, Lituania ed Estonia ed è presente in Spagna, Belgio, Germania, Francia e Paesi Bassi.

E in Italia? 

O.I. Fa parte anche del Congresso Mondiale delle Famiglie che, nel 2019 si è tenuto a Verona. 

Il 29-30 novembre 2019 O.I. è stata fra gli organizzatori del convegno “The house on the Rock – Axiology of Law for the Europe Tomorrow” (La Casa sulla Roccia – L’assiologia del diritto per l’Europa di domani), che si è tenuta presso la Pontificia Università di San Tommaso di San Tommaso d’Aquino (Angelicum), che ha sede in vaticano.

Per farsi un’idea del tenore degli interventi, Paweł Lisicki, giornalista e saggista polacco, durante il convegno, ha definito come contrarie all’ordine della natura e immorali le leggi che hanno regolamentato e consentito l’aborto, l’eutanasia e il matrimonio tra persone dello stesso sesso. A tal riguardo, ribadendo che “Il fine ultimo delle nozze è la procreazione», ha sostenuto che quei paesi, che hanno normato il matrimonio egualitario o le unioni civili, hanno agito come chi “volesse ritenere che i cerchi sono quadrati. Ciò che rende molto difficile contrastare tali norme sono le leggi contro le discriminazioni. Perché prima si richiede la tolleranza, poi l’accettazione, quindi l’affermazione di sé fino al matrimonio e al diritto ai figli. In questo modo tutti potranno dimostrare di essere orientati all’omosessualità. Il che è innaturale. Non esistono quindi diritti delle persone Lgbt”. 

Tra i finanziatori del convegno anche Gianluca Savoini e Roberto Fiore di Forza Nuova.

Sempre riguardo i diritti delle donne e della comunità Lgbt+, a Ravenna,  alle prossime amministrative, in programma in ottobre, ci sarà anche il “Popolo della Famiglia”, il movimento politico ultracattolico fondato da Mario Adinolfi e rappresentato sul territorio da Mirko De Carli, che farà parte della possibile nuova mini-coalizione civica che sta nascendo attorno a Lista per Ravenna. 

Ma chi è Mario Adinolfi, oltre ad essere il fondatore del “Popolo della Famiglia”? Classe 1971, è, ci informa wikipedia, un giornalista, blogger e giocatore di poker. Per capire quali siano le sue idee politiche ci possiamo affidare ad alcune delle sue dichiarazioni.

Definisce “falsi miti di progresso” ( povero Battiato) l’aborto, il matrimonio omosessuale e la surrogazione di maternità”. Esprime posizioni contrarie anche riguardo la legalizzazione di tutte le droghe e l’eutanasia.

Nel gennaio 2015, in un’intervista alla trasmissione radiofonica “La Zanzara” su Radio24,

dichiarò che “nel matrimonio la donna deve essere sottomessa al marito”, chiarendo tuttavia che “sottomessa non significa che non c’è la parità, sono due cose diverse”. Secondo Adinolfi la sottomissione della donna deve essere intesa nel senso di pietra fondante della famiglia, cioè di ruolo centrale e perno di essa. 

Adinolfi ha più volte ribadito la sua contrarietà all’utilizzo del profilattico e ha dichiarato che tale oggetto non abbia alcuna capacità di limitare il contagio delle malattie veneree come l’HIV.

Il 23 luglio 2016 Adinolfi fu al centro dell’attenzione mediatica a causa di un tweet riguardante la prostituzione e gli omosessuali: “Avrei voluto essere il ribelle di una società bigotta, ma in una società di troie e rottinculo l’unica ribellione possibile è essere bigotti”.

Adinolfi, assieme al partito da lui fondato, sostiene l’esistenza di una teoria del complotto sull’ideologia del gender, secondo la quale vi sarebbe un processo di manipolazione culturale da parte delle lobby Lgbt+:  Secondo Adinolfi poi, la comunità Lgbt+  è una lobby davvero insaziabile, visto che negli ultimi anni ha ottenuto più di altre categorie nel nostro Paese, sia in termini di leggi ad hoc, che di tutele, che di denari.

Definisce l’aborto uno scandalo del Cristianesimo. Il suo sogno più recondito? Che tutti i medici diventino obiettori cosicché le donne non possano più abortire. L’ha detto a David Parenzo, papale papale: “Davanti all’ingerenza veramente vergognosa del Consiglio d’Europa io dico che poiché in Italia non esiste un caso in cui una donna non sia riuscita ad abortire, mentre 105.000 donne sono riuscite ad ottenere l’interruzione di gravidanza, il mio auspicio è che i medici, rispettando il giuramento di Ippocrate, non pratichino più aborti e quindi diventino tutti obiettori di coscienza”.

Il “Popolo della famiglia” non partecipò al “Congresso Mondiale delle Famiglie” che, come già detto sopra, nel 2019 si è tenuto a Verona. Ma non per un disaccordo con le idee li espresse e sostenute, ma perché c’era Salvini, che quasi monopolizzò l’evento. Mentre per Adinolfi il Congresso doveva essere apartitico.

Ora non vogliamo fare confronti fra Ordo Iuris  e il Popolo della Famiglia, soprattutto in quanto a potere di orientamento delle politiche nazionali e non. Ma ci sembra un brutto segnale l’arrivo di Adinolfi e del suo partito alle amministrative a Ravenna. O, perlomeno, qualcosa da tenere d’occhio e su cui riflettere.

Sonia Zarri zarri_sonia@libero .it

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