RAVENNA IN COMUNE CONTRO LE GRANDI OPERE VOLUTE DAL PD

Sabato un grande corteo ha ricordato in Val Susa che, dopo 30 anni, la protesta è ancora forte e il TAV non va da nessuna parte. Ne parliamo qui perché Ravenna ha un forte legame con la lotta di questa valle, che è diventata suo malgrado un simbolo contro la sopraffazione affaristica, militarmente imposta a protezione di un tunnel che non va da nessuna parte. Il legame si è costruito attraverso il sostegno di chi, partendo da Ravenna, ha partecipato a questa e altre manifestazioni in valle. Purtroppo il vincolo deriva anche dalla partecipazione della ravennate C.M.C. all’opera di devastazione della valle. Un vincolo al sistema delle grandi opere che ha portato una cooperativa centenaria sull’orlo del fallimento, a causa dei debiti contratti proprio per sostenere la propria partecipazione a quel sistema. Quasi dieci anni fa, nel 2012, una grande manifestazione, qui a Ravenna, segnò per sempre la distanza tra chi sostiene il modello delle grandi opere, dal PD cittadino a quello nazionale, e chi invece lo contrasta per gli effetti devastanti che produce.

Ravenna in Comune non era ancora nata quando la macchina da soldi della TAV si mise in moto. E non c’era ancora nemmeno all’epoca della manifestazione ravennate. È dal 2015, per forza di cose, che data il nostro impegno contro le devastazioni compiute a livello locale ed anche nazionale (ad esempio attraverso la nostra partecipazione alla campagna referendaria contro le trivellazioni in mare). Con coerenza.

Lo stesso impegno che mettiamo oggi nel ribadire l’assoluta incompatibilità del liberismo, per sua natura a vantaggio dei pochi, praticato dal PD, rispetto ai nostri valori. Lo stesso impegno che mettiamo per “risvegliare dall’ingenuità” chi racconta di volersi alleare con quel partito proprio per attenuarne il liberismo. Quel liberismo che il PD abbraccia convintamente dalla sua fondazione. No, non c’è possibilità di stare dalla stessa parte di chi ha circondato una valle con il filo spinato a protezione di un buco.

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Fonte: Il Fatto Quotidiano del 12 giugno 2021

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