Le lavoratrici e i lavoratori della cosiddetta filiera logistica, cioè quella che fa in modo che merci e materiali arrivino nel luogo previsto, sono in agitazione. Si tratta di chi ha continuato a far andare avanti il Paese durante la pandemia, ossia di chi si è ammalato perché non si è mai fermato. Anche per loro si è sprecato il vocabolo “eroismo”. Per chi lavora nei magazzini, portuali e dell’entroterra, per fare facchinaggio; per chi invece fa arrivare quanto richiesto direttamente a casa, come i riders o per chi lavora per un corriere. O ancora per chi lavora nelle spedizioni. E poi c’è anche chi guida camion. Poco c’è di pubblico nella filiera (tipo i treni) in Italia e quasi tutto è movimentato da privati con contratti (quando ci sono) privatistici.
Come abbiamo sperimentato ancor più in questi tempi il settore è indispensabile. E fa affari d’oro. Meno ci muoviamo direttamente e più gira il fatturato. Il fatturato e quindi gli utili delle imprese, non gli stipendi di lavoratrici e lavoratori. Il contratto collettivo (come molti altri) è scaduto. Hanno messo in piazza, i sindacati, le condizioni che ha posto il padronato per il rinnovo: si parla «di precarizzare il mercato del lavoro, di abolire gli scatti di anzianità, di ridurre le giornate di ferie e permessi retribuiti, di abolire il pagamento delle festività, di impoverire la clausola sociale in caso di cambio appalti, messa a garanzia dell’occupazione e del reddito». Così i confederali. Aggiunge SGB: «Il contratto è scaduto nel 2019, con i salari da allora bloccati. Retribuzioni che mediamente faticano ad arrivare a 1.200, per lavoratori impegnati in giorni festivi e in turni notturni, in un lavoro estremamente gravoso. Nella piattaforma, i lavoratori della logistica, rivendicano un giusto salario che paghi la loro fatica e il loro impegno professionale, ma anche un contratto che garantisca diritti e migliori condizioni di lavoro. Chiedono la disapplicazione della parte speciale riservata alle aziende cooperative. Un vero e proprio “contratto pirata” che permette alle cooperative di peggiorare le condizioni dei soci: non riconoscendo le prime tre giornate di malattia, riducendo i permessi retribuiti, rubando tredicesime e quattordicesime, rubandogli ore di straordinario». Ma c’è anche chi lotta «contro condizioni di vero e proprio caporalato, che sono stati colpiti dalla repressione dello Stato, con cariche della polizia e provvedimenti di ritiro del permesso di soggiorno e rimpatrio per i lavoratori immigrati, disposte sulla base del Decreto Salvini. Sanzioni, queste ultime, vergognose perché colpiscono lavoratori che oggi più di altri subiscono lo sfruttamento da parte dei datori di lavoro».
Ravenna in Comune esprime solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori in lotta. Leggiamo quotidianamente di forze politiche in equilibrio tra ragioni del padrone e di chi lavora. Qualcuno parla di «valore sociale dell’impresa e del lavoro, dentro un’idea di comunità». Ravenna in Comune, invece, è partigiana. Sta con le lavoratrici e i lavoratori. Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo. Senza se e senza ma. Nel pieno rispetto della Costituzione: «L’iniziativa economica privata è libera». Ma «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
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Sciopero degli operatori di trasporti e logistica: “le nostre aziende guadagnano e a noi danno le briciole”
Fonte: RavennaNotizie del 27 marzo 2021
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SGB Ravenna: “Lavoratori della logistica in presidio per il rinnovo del contratto nazionale”
Fonte: RavennaNotizie del 26 marzo 2021
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Vasco Errani (LeU): è cambiato il mondo, cambiamo la sinistra. Serve visione su vaccini, beni comuni, lavoro, uguaglianza, ambiente, comunità
È davvero possibile per una sinistra che vuole governare un paese moderno tenere insieme le ragioni del capitale e delle imprese da una parte e quelle del lavoro e della classe operaia dall’altra? E come?
“Certamente. E qui si vede la differenza fra la destra e la sinistra. Lo possiamo fare se pensiamo al valore sociale dell’impresa e del lavoro, dentro un’idea di comunità […]”