Sui nostri lidi tanti circoli velici fanno meritoria e continua attività di promozione e scuola. Fanno meno notizia dei buchi di Marinara ma costituiscono tante realtà vive e vivaci. Ci si ricorda che esistono soprattutto quando qualche grande impresa finisce sui giornali. Come hanno fatto le vittorie e sconfitte, in questi giorni, di Luna Rossa e del suo contorno ravennate. Proprio in questi giorni, tra l’altro, un altro nome è approdato sui giornali, quello del Moro, altra barca in gara per la Coppa America, anche quella legata ad un ravennate.
Una delle quattro copie dello scafo che gareggiò nel 1992 (quello “vero” è a Venezia) è stata portata alla radice della Darsena. A pochi metri da dove già stava dal 2013. Sullo stesso piedistallo di prima, almeno per ora. E meno accessibile di quando era in mostra nel cortile dell’Autorità Portuale (speriamo solo fino alla fine dei lavori). Là c’era arrivata per iniziativa dell’allora Presidente dell’Ente Porto, quel Galliano di Marco che l’aveva tolta dal cantiere in cui vegetava dal 2008 proprio per renderla fruibile alla cittadinanza in sicurezza. Era stato Cino Ricci in persona a dare la dritta al suo predecessore, Giuseppe Parrello, che, dopo l’acquisto, l’aveva parcheggiata al Pier 12 in attesa di tempi migliori.
Il Sindaco, che pretendeva stesse a secco proprio dove il Moro alla fine è stato messo, ha commentato: “Il luogo non è scelto a caso”. Come Ravenna in Comune l’avremmo preferito in galleggiamento, naturalmente. L’attuale Presidente di AP, all’inizio del mandato, sembrava del nostro stesso avviso: “Le barche sono fatte per stare in acqua, non sui piedistalli”. A vela mai sottovalutare il vento che tira: qualche volta si scuffia.
[nella foto di Carlo Borlenghi: il Moro, quello vero, durante l’America’s Cup 1992. Il Moro, quello vero, continua a stare in acqua… a Venezia, però]
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Il Moro di Venezia approda in Darsena. De Pascale: “Tutti potranno ammirare la mitica imbarcazione”
Fonte: RavennaToday del 19 marzo 2021
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Uno studio per riportare in acqua il Moro di Venezia. Il mito di Gardini vive ancora
