Soltanto pochi giorni fa, domenica scorsa, CMC ha celebrato il suo 120esimo anno di vita. Ha dichiarato il Presidente Alfredo Fioretti: “La Cooperativa ha attraversato negli ultimi due anni una crisi senza precedenti ma, a dispetto di tutte le previsioni, è ancora qui. Ci aspettano sicuramente momenti ancora molto impegnativi, ma li affronteremo con quella determinazione che ci caratterizza da 120 anni, guardando al futuro con fiducia, per salvaguardare e rilanciare CMC, un’impresa patrimonio del nostro Paese”.
Tre giorni dopo la Guardia di Finanza si è presentata nella sede storica della cooperativa. Riportano i giornali che “gli uomini della Guardia di Finanza sono arrivati agli uffici di via Trieste mercoledì scorso con in mano un decreto di perquisizione e sequestro, firmato con urgenza dai due pubblici ministeri per evitare il possibile occultamento o distruzioni di documenti fondamentali per l’inchiesta.
Per tutta la giornata sono stati operati sequestri nella sede della più grande cooperativa di costruzioni d’Italia, ma anche perquisizioni domiciliari, personali e in qualunque altro luogo nella disponibilità dei quattro indagati. I finanzieri hanno riempito le loro auto con documentazione contabile, extracontabile, bancaria, amministrativa e di cantiere, oltre a corrispondenza informativa e ogni altro tipo di documentazione ritenuta utile, sia in formato cartaceo che elettronico”.
Apprendiamo, sempre dalla stampa, che è stato eseguito il “sequestro di materiale – sia su carta che elettronico – da analizzare in maniera minuziosa al fine di potere confermare o meno le ipotesi preliminari. Della lista fanno parte documentazione contabile e non, rapporti bancari, analisi cantieristiche, corrispondenza e relazioni amministrative dei tre anni precedenti alla richiesta di concordato: vale sia per Cmc che per le società controllate o comunque collegate. I PM hanno chiesto di potere disporre anche degli atti riguardanti nello specifico sei commesse: ovvero la Agrigento-Caltanissetta lotto 2 (due commesse), la Palermo – Lercara – Friddi, la Stazione Monte Po e Stesicoro, vari lavori affidati dalla ex Tecnis e alcuni scavi per acque in Nepal. Non compaiono invece né la commessa per la costruzione delle due dighe in Kenya nel 2019 finita sotto alla lente d’ingrandimento della magistratura del Paese africano. Né i lavori per un quartiere residenziale in Kuwait nell’ambito dei quali nel 2018 due dipendenti CMC erano stati bloccati e poi rilasciati”.
La SS. 640 Agrigento-Caltanisetta è la grande opera per la quale, pochi giorni fa, è arrivato un aut aut per CMC da parte dell’assessore alle infrastrutture della Regione Sicilia che minaccia la rescissione del contratto se entro il 30 aprile non ripartissero i lavori dell’opera ferma da tempo. Un grave problema, al netto dell’attuale inchiesta, perché la sua mancata soluzione è di ostacolo all’adempimento degli obblighi di cui al concordato di cui si occupa l’attuale indagine.
Il sospetto è che “crediti, rimanenze e partecipazioni possano essere stati inseriti dentro i bilanci con dolose sopravvalutazioni”. Leggiamo ancora: “Gli inquirenti sospettano infatti che i quattro indagati (si tratta del presidente Alfredo Fioretti, del procuratore speciale Marcello Cacucciolo, dell’ex responsabile dei servizi amministrazione e bilancio Mauro Calandrini e dell’ex direttore generale Roberto Macrì) abbiano concorso a falsificare i bilanci del 2016 e del 2017, tacendo e in parte aggravando il dissesto della Cooperativa Muratori Cementisti che a dicembre del 2018 – per cercare di superare una profonda crisi aziendale e superare una montagna di debiti grande 2 miliardi di euro – aveva chiesto l’accesso al concordato in bianco. Oltre all’accusa di bancarotta, i quattro sono accusati di aver simulato crediti in tutto o in parte inesistenti al solo scopo di essere ammessi alla procedura di concordato preventivo, per ottenere la maggioranza e infine l’omologa (arrivata infatti a maggio dell’anno scorso)”.
Le redini della cooperativa oggi sono state messe in mano ad un amministratore proveniente del sistema bancario e di fiducia del sistema stesso a cui (è Fioretti a dirlo) sono state affidate le deleghe per ottemperare agli obblighi del piano.
In più interventi, come Ravenna in Comune, avevamo “sollecitato CMC ad un cambio di passo, a darsi obiettivi coerenti con i valori storici della cooperazione, abbandonando il sistema delle grandi opere, a sottolineare la pesantezza della situazione debitoria e delle connesse responsabilità della dirigenza della cooperativa, a criticare l’atteggiamento del Sindaco che, nelle parole, aveva plaudito a quella stessa dirigenza per i risultati raggiunti e, nei fatti, continuava a sostenerla. A qualcuno il nostro intervento non era piaciuto. Quasi che stessimo turbando l’intimità di una famiglia e non ci stessimo preoccupando della salvaguardia dei posti di lavoro e del bene collettivo rappresentato da una collettività ravennate con più di un secolo di storia”.
Ci ha pensato il sistema bancario ad imporre il cambio di passo. Come Ravenna in Comune abbiamo forti dubbi che l’interesse del sistema bancario coincida con quello della cittadinanza e dei lavoratori della CMC. Dubitiamo, dunque, che al cambio di guida segua un cambio nelle politiche della cooperativa a vantaggio della collettività. A partire dalla vendita della storica sede per far cassa (per il concordato) con il solito (e inutile) residenziale e commerciale. Abbiamo però almeno constatato che, visto l’avvio di una raccolta di firme per dire “no” a quest’ultima lottizzazione, non è la nostra l’unica voce in questo senso.
[nella foto: l’area della CMC in Darsena di Città. Il Sindaco ha applaudito alla realizzazione di palazzoni e area commerciale. Il gruppo Ravenna Può ha iniziato una raccolta firme per impedirlo]
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Inchiesta sui conti della Cmc Al setaccio le ultime grandi opere
Non sono solo i bilanci gli aspetti su cui la Procura della Repubblica vuole andare a fondo. Gli uomini della guardia di finanza che mercoledì scorso si sono presentati agli uffici della Cmc sono andati alla ricerca anche di particolare documentazione, riguardante specificamente alcune commesse su cui i sostituti procuratore Lucrezia Ciriello e Marilù Gattelli sospettano evidentemente delle anomalie. Le prime commesse esaminate sono quelle siciliane della SS640 Agrigento-Caltanisetta in mano alla controllata “Empedocle” e commissionate da Anas. Si tratta proprio della grande opera per la quale, pochi giorni fa, è arrivato un aut aut per Cmc da parte dell’assessore alle infrastrutture della Regione Sicilia, Marco Falcone, che minaccia la rescissione del contratto se entro il 30 aprile la cooperativa di via Trieste non avrà ripreso in mano l’opera e risolto la controversia con Anas per la perizia di variante da 24 milioni di euro.
Gli inquirenti hanno chiesto ai finanzieri di sequestrare anche documentazione riguardante la commessa “Palermo-Lercara-Friddi”, gara d’appalto Anas vinta dall’altra controllata Bolognetta (aziende anch’essa in concordato e facente parte della galassia Cmc). Gli interessi della Procura di Ravenna si concentrano poi sui lavori della Stazione metropolitana Monte Po e Stesicoro di Catania e commissionati da Circumetnea, sull’affidamento delle opere per i lavori ex Tecnis di Palermo e, infine, sugli scavi per il trasferimento delle acque in Nepal, grande opera commissionata dal “Melamchi water supply development board” del Governo nepalese.
L’inchiesta
Di ognuna di queste commesse i pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto il sequestro di tutta la documentazione. Il sospetto è che crediti, rimanenze e partecipazioni riguardanti questi appalti in particolare possano essere stati inseriti dentro i bilanci con dolose sopravvalutazioni.
Gli inquirenti sospettano infatti che i quattro indagati (si tratta del presidente Alfredo Fioretti, del procuratore speciale Marcello Cacucciolo, dell’ex responsabile dei servizi amministrazione e bilancio Mauro Calandrini e dell’ex direttore generale Roberto Macrì) abbiano concorso a falsificare i bilanci del 2016 e del 2017, tacendo e in parte aggravando il dissesto della Cooperativa Muratori Cementisti che a dicembre del 2018 – per cercare di superare una profonda crisi aziendale e superare una montagna di debiti grande 2 miliardi di euro – aveva chiesto l’accesso al concordato in bianco. Oltre all’accusa di bancarotta, i quattro sono accusati di aver simulato crediti in tutto o in parte inesistenti al solo scopo di essere ammessi alla procedura di concordato preventivo, per ottenere la maggioranza e infine l’omologa (arrivata infatti a maggio dell’anno scorso).
Mercoledì scorso le Fiamme Gialle hanno operato ingenti sequestri nella sede di Cmc, ma anche perquisizioni domiciliari.
È stata portata via documentazione contabile, extracontabile, bancaria, amministrativa e di cantiere, oltre a corrispondenza informativa e ogni altro tipo di documentazione ritenuta utile, sia in formato cartaceo che elettronico.
Nessuna dichiarazione
Interpellati sull’indagine in corso, al momento, da Cmc hanno preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.
Tuttavia, la notizia dell’inchiesta ha portato un primo effetto: il gruppo Facebook “Ravenna può”, nato per proporre un progetto alternativo a quello di Conad di utilizzo della sede di via Trieste, ha annunciato di voler sospendere la raccolta firme, rimanendo «in attesa di sviluppi».
Alessandro Cicognani
Fonte: Corriere di Romagna dell’11 marzo 2021
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Sei appalti della Cmc passati al setaccio. Per l’accusa il colosso di via Trieste avrebbe falsificato il bilancio per riuscire a far ‘promuovere’ il concordato. Perquisita la sede
La ricerca di documentazione legata all’attività della Cmc tra il 2015 e il 2018. Ma soprattutto l’acquisizione di atti inerenti a sei specifiche commesse tra Italia ed estero. La Procura di Ravenna ha delegato la guardia di Finanza a una perquisizione al colosso di via Trieste con contestuale notifica di un avviso di garanzia a 4 dirigenti Cmc, attuali o ex, tra responsabili d’area o membri del Cda a loro volta interessati da analoghi accertamenti domiciliari dei finanzieri. L’ipotesi di reato formulata in concorso, è legata sia alla legge fallimentare che al regio decreto che disciplina fallimenti e concordati: ovvero la bancarotta concordataria per l’aggravamento del dissesto e l’avere simulato crediti in tutto o in parte inesistenti al solo scopo di essere ammessi alla procedura di concordato preventivo, un percorso avviato nel 2018 e approvato nel 2020.
La procedura concordataria aveva tra le altre cose permesso di collocare l’esposizione Cmc a circa un miliardo e 600 milioni di euro: inevitabile un vaglio della magistratura in effetti scattato nel 2019 (non è escluso insomma che gli indagati possano essere di più). Secondo quanto finora contestato nelle indagini coordinate dai pm Lucrezia Ciriello e Marilù Gattelli, i quattro, in relazione ai ruoli ricoperti, avrebbero aggravato il dissesto della Cmc omettendo di palesare lo stato di insolvenza nel quale la cooperativa si trovava dall’esercizio del 2016. Ci sarebbero riusciti grazie alla possibile falsificazione dei bilanci sia al 31 dicembre 2016 che al 31 dicembre 2017: è in quelle carte che avrebbero riportato un attivo del patrimonio superiore alla portata effettiva.
I riflettori degli inquirenti si sono in particolare concentrati su crediti, partecipazioni e rimanenze. E si arriva qui alla richiesta di perquisizione con sequestro di materiale – sia su carta che elettronico – da analizzare in maniera minuziosa al fine di potere confermare o meno le ipotesi preliminari. Della lista fanno parte documentazione contabile e non, rapporti bancari, analisi cantieristiche, corrispondenza e relazioni amministrative dei tre anni precedenti alla richiesta di concordato: vale sia per Cmc che per le società controllate o comunque collegate. I pm hanno chiesto di potere disporre anche degli atti riguardanti nello specifico sei commesse: ovvero la Agrigento-Caltanissetta lotto 2 (due commesse), la Palermo – Lercara – Friddi, la Stazione Monte Po e Stesicoro, vari lavoro affidati dalla ex Tecnis e alcuni scavi per acque in Nepal. Non compaiono invece né la commessa per la costruzione delle due dighe in Kenya nel 2019 finita sotto alla lente d’ingrandimento della magistratura del Paese africano. Né i lavori per un quartiere residenziale in Kuwait nell’ambito dei quali nel 2018 due dipendenti Cmc erano stati bloccati e poi rilasciati.
Il concordato preventivo in continuazione aziendale, omologato dal tribunale a fine primavera scorsa, prevede che i creditori privilegiati (91 milioni di euro) vengano saldati entro un anno a partire dal via libera. Per tutti gli altri, i cosiddetti chirografari, sono state individuate 6 classi a seconda dell’attribuita priorità. E in questo caso, per la prima classe (più di 34 milioni di euro) il pagamento è stato fissato entro due anni dall’omologazione. Mentre dalle classe 2 alla 5, la proposta prevede un soddisfacimento partecipativo: strumenti finanziari emessi dall’azienda del valore nominale di un euro, fino all’80% del capitale, a favore dei creditori con una obbligazione che, comunque vada, garantirà la restituzione di almeno il 10% del credito. La Cmc, interpellata dal Carlino, al momento non rilascia dichiarazioni.
Andrea Colombari
Fonte: Il Resto del Carlino dell’11 marzo 2021