Il processo di appello a Bologna ha visto l’assoluzione dell’ultimo Presidente dell’Autorità Portuale di Ravenna prima della trasformazione in Autorità di Sistema Portuale. Lo ricordiamo: il processo avanti il tribunale di Ravenna, nel gennaio 2019, aveva stabilito che i fanghi depositati per anni nei terreni di proprietà della Sapir, lungo il Candiano, nelle casse di colmata, erano rifiuti configurandosi il reato di discarica abusiva.
Le conseguenze della sentenza saranno pienamente comprensibili solo quando sarà conosciuta nella sua completezza e nelle motivazioni. Per ora registriamo il fatto che Galliano Di Marco era stato condannato in primo grado nonostante non fosse mai riuscito a scavare un grammo di sabbia dal canale per l’opposizione dei poteri politici ed economici locali. L’opposizione ai suoi tentativi e la sua mancata conferma nel 2016 hanno comportato un ritardo di almeno cinque anni. Senza contare quelli precedenti. Se il porto di Ravenna versa nella crisi che descrivevamo ieri la responsabilità sta in capo agli stessi poteri che hanno boicottato l’azione di Di Marco.
Se è riconosciuta la sua assoluzione in quella che è stata la conduzione del porto per gli anni a lui precedenti, andrà politicamente analizzata la responsabilità di chi invece ne è stato l’effettivo artefice. Anche perché nel porto i poteri di allora sono gli stessi di adesso.
[nell’immagine: l’antico porto nel VI secolo]
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