LA DELEGA CHE AFFONDA IL PORTO

Facciamo il punto su com’è andato il nostro porto nell’anno appena trascorso e cosa c’è da aspettarsi per il futuro. Ovviamente, come del resto era facile prevedere e, peraltro, avevamo previsto, è andata male. Gli effetti della pandemia si sono fatti sentire dovunque e, quindi, non era possibile che Ravenna passasse indenne da tutto ciò. D’altra parte la Camera di Commercio ha registrato la caduta, nel 2020, della “ricchezza” prodotta nella nostra provincia di un -8,2 %. Un dato leggermente migliore di quello regionale (-9,2 %) che è risultato grosso modo in linea con quello nazionale (-9,1 %). Naturalmente il dato del porto non è sovrapponibile, poiché l’area di riferimento non è limitata alla provincia. Così, il confronto con il 2019 dà un -14,7 % di merci movimentate. Si tratta di un dato sicuramente migliore di quello atteso grazie ad un “brillante” +10,9 % a dicembre ma, sicuramente, resta una perdita pesante in quanto si traduce in quasi 300 navi (283 toccate) in meno, sfiorando un calo di quasi 4 milioni di tonnellate in merci (-3.848.767 tonn.). Nessuna categoria merceologica si salva, eccettuati i mangimi. Si va da un -100 % delle crociere (come in qualsiasi porto) ad un -10 % (circa) sia per i container che per i trailer e per le rinfuse liquide. Le merci secche vanno giù del 15,5 % con pesantissimi cali nei cereali e nei coils (in entrambi i casi manca all’appello più di un milione di tonnellate a testa) e nelle materie prime destinate all’industria ceramica (anche qui quasi un milione di tonnellate).

Non bene anche nel confronto con gli altri porti italiani nord adriatici che, per quanto col segno meno, vedono sia Trieste che Venezia ridurre le perdite rispetto a Ravenna. Allargando lo sguardo alla portualità italiana il sistema portuale di Ravenna (Autorità di Sistema del Mare Adriatico centro-settentrionale) occupa il decimo posto nella classifica tra le autorità portuali italiane. Tenendo in considerazione i singoli scali (l’AdSP con sede a Ravenna concentra tutte le attività in un solo porto a differenza di altre Autorità), Ravenna è l’ottavo porto nazionale per le movimentazioni. Al primo posto c’è Trieste con 54.148.767 tonnellate. Al secondo posto c’è Genova con 44.141.364 tonn. Gioia Tauro (39.683.896 tonn.) e Livorno (31.781.949 tonn.) nella fascia superiore ai 30 milioni di tonnellate. Poi Cagliari, Augusta e, in settima posizione, Venezia. Ravenna, come detto, è ottava avendo movimentato 22.407.481 tonnellate nell’anno appena trascorso.

Il confronto tra 2019 e 2020, però, può essere fuorviante visto il condizionamento operato dalla pandemia. L’Ente di via Antico Squero ha infatti segnalato che già il mese di gennaio di quest’anno ha prodotto un risultato migliore (4 % circa) rispetto al gennaio 2020. Il problema, infatti, risulta evidente solo allargando lo sguardo a quello che è stato l’andamento nei porti italiani in un periodo più lungo. Tornando al secolo scorso, il 1998 vedeva i tre principali porti adriatici con risultati molto simili nel traffico container. Venezia, che era il primo porto per risultati, e Ravenna, che chiudeva la fila, erano separati da soli 33.000 Teus (206.000 contro 173.000). Trieste poteva contare su soli 1.000 Teus più di Ravenna. Lo scorso anno Ravenna ha movimentato 194.868 Teus., Venezia 529.064 Teus e Trieste 776.022. In poco più di 20 anni Ravenna è riuscita a movimentare circa 20.000 Teus in più. Venezia 320.000 Teus in più e Trieste 600.000 Teus in più. Certo, i fondali di Trieste sono irraggiungibili per Ravenna, ma Venezia è teoricamente equiparabile per fondali e per porto. Anzi, le note vicende del Mose, avrebbero dovuto rappresentare un notevole handicap per il porto veneziano. In astratto. In realtà le miopi scelte ravennati, dei partiti di maggioranza andati a traino dei cosiddetti poteri forti locali, hanno fatto perdere un tempo incolmabile. Incolmabile in quanto quando, tra altri dieci anni, Ravenna avrà finalmente approfondito i fondali, si troverà con un chilometro di banchine destinato ad un traffico (quello dei container) consolidato da più di 30 anni negli altri due porti nord adriatici italiani.

Non solo. I lavori che a breve (auspicabilmente) interesseranno le banchine del porto di Ravenna non terranno conto dell’ammodernamento dell’alimentazione navale. Ravenna avrebbe un’occasione storica, visti gli interventi sulle banchine, di passare al cosiddetto cold iron, cioè la possibilità di alimentare le navi con corrente elettrica fornita da terra, mentre sono ferme in banchina. Si tratta di una modalità di alimentazione, alternativa rispetto a quella di tenere permanentemente i motori accesi, verso cui si stanno orientando i più lungimiranti scali mondiali. Ma, come dichiarato dal neoconfermato presidente Rossi dell’Autorità Portuale, questo tipo di lavori non è previsto. Non ci sono i soldi. O, meglio, ci sarebbero se non fosse che verranno destinati a quell’inutile chilometro di banchine per un nuovo terminal container. Talmente indispensabile che né Sapir né la sua socia Contship hanno stanziato o, almeno, messo in previsione le risorse finanziarie per realizzarlo.

È solo un esempio, per quanto importante, che ci impedisce di confidare in una pronta ripresa per il futuro prossimo. Eppure ce ne sarebbe assolutamente bisogno visto che il porto è uno dei principali settori su cui si stanno concentrando gli investimenti pubblici nel nostro territorio. E da cui, dunque, si dovrebbe trarre il maggior beneficio come occasioni di reddito e di lavoro. Lo spazio per migliorare, del resto, ci sarebbe. Secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dall’Autorità Portuale nei primi otto mesi dello scorso anno si sono perse più di 9.000 giornate di lavoro per i soli soci e dipendenti della Compagnia Portuale, pressoché raddoppiando le giornate di mancato avviamento al lavoro rispetto all’anno precedente. Altre 6.500 giornate in meno hanno invece riguardato i lavoratori meno garantiti sulle banchine, quelli precari con contratto di “somministrazione”.

Come Ravenna in Comune continueremo a spronare l’attuale maggioranza ad un più responsabile utilizzo di quella che è una delle più pesanti deleghe nella Giunta: quella al porto. Ne va del futuro di Ravenna.

[il rendering nella foto è quello di un terminal container per il quale l’Autorità Portuale costruirà un chilometro di banchine a costo pubblico mentre SAPIR e i privati, che non hanno stanziato un euro, ne stanno ancora solo parlando]

#MassimoManzoli #RavennainComune #Ravenna #porto #traffici #crisi

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