Lo scorso 14 gennaio è morto Christian Vernocchi, ucciso mentre lavorava in circostanze in corso di approfondimento da parte della magistratura che ha in corso un’indagine. Ce ne siamo occupati non appena è accaduto scrivendo che:
“La morte sul lavoro non è un incidente. È l’evento che consegue ad azioni che, dopo esser stato messo in conto che potessero accadere (il rischio), si è consentito che accadessero. Per cause immediate differenti ma per una causa prima chiamata profitto”.
Abbiamo chiesto al Sindaco di Ravenna di rendere visibili i dati che vengono raccolti dall’Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza sul Lavoro avviato presso la Prefettura su nostro impulso, dopo anni di impegno, avendo ottenuto l’approvazione senza nessun voto contrario da parte del Consiglio Comunale. Sosteniamo l’indispensabilità di un approfondimento degli “incidenti sul lavoro” in relazione al numero di passaggi che passa tra il padrone e il lavoratore. Perché di appalti e subappalti, di lavoro nero e caporalato, spesso, si muore. Fino ad oggi non abbiamo avuto alcun riscontro.
Prende spunto dalla morte di Christian Vernocchi per parlare di questi temi anche la Cgil di Ravenna, per bocca del suo responsabile Salute e Sicurezza. Lo fa attraverso un articolo apparso sul numero di febbraio di Appunti dal lavoro (Incidente mortale sul lavoro. La vittima aveva appena 26 anni. Fare chiarezza sull’accaduto”). Riproduciamo di seguito la parte che riporta l’intervista ad Andrea Marchetti:
“Gli infortuni che non si possono evitare, se esistono, sono rarissimi – commenta Andrea Marchetti, responsabile Salute e Sicurezza per la Cgil di Ravenna -. Per evitarli occorre innanzitutto agire sulla prevenzione, che è un’azione continua di ricerca e individuazione di misure di miglioramento della situazione in essere.
L’approccio di alcune aziende, che si limitano ad affermare ‘abbiamo i documenti aggiornati’, è del tutto insufficiente. Si deve poter lavorare solo in sicurezza, con una valutazione accurata di tutti i rischi presenti nell’attività lavorativa, formazione efficace, organici adeguati, diritti per tutti con particolare riferimento al mondo degli appalti dove, sotto il ricatto occupazionale, si ha più timore di rivendicarli e dove il sindacato viene spesso lasciato ai margini”.
Marchetti sottolinea il fatto che spesso viene effettuata una valutazione dei rischi poco accurata, “a volte può essere più puntuale – dice Marchetti – ma anche in questi casi succede frequentemente che il modo in cui si permette di lavorare, o si ‘auspica’ si lavori, è un altro. La cultura della prevenzione non è vedere la salute e sicurezza come un mero adempimento: valutazione dei rischi, misure di prevenzione e protezione, vigilanza continua sulla loro applicazione devono essere efficacemente attuate. Diversamente, nel mondo del lavoro di oggi, chi comanda è la fretta con la gestione improvvisata di urgenze e picchi di lavoro. In questo contesto le regole più elementari possono saltare con conseguenze spesso molto gravi”.
Marchetti conclude l’intervento con una riflessione sulla sicurezza sul lavoro in fase pandemica: “La lotta al Covid è diventata prioritaria, ma accanto a essa permangono altre problematiche. Non ci si ammala solo di Covid, i rischi sul lavoro sono anche altri. La pandemia sembra aver spazzato via tutti gli altri temi, ma non è così, tanto più che il timore dei contagi ha radicalmente cambiato il mondo del lavoro. Come Cgil non ci stancheremo mai di incalzare le aziende, nella consapevolezza che la sicurezza non è un costo, ma un investimento”.
[Nella fotografia di Massimo Fiorentini: il mezzo meccanico che ha travolto Christian]
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È MORTO UN ALTRO RAGAZZO MENTRE LAVORAVA: NON È STATO UN INCIDENTE PERCHÉ GLI INCIDENTI SUL LAVORO NON ESISTONO