Se vi chiedessimo un parere su un’iniziativa dove, a fronte di un acquisto, una percentuale della stessa viene messa a disposizione di una scuola a scelta? È davvero tutto oro quel che luccica?
Di primo acchito tutti potremmo considerarci entusiasti di una iniziativa che mette a disposizione contributi importanti per i nostri istituti. Ma la risposta all’ultima domanda posta è “no, non è tutto oro quel che luccica”.
Un lettore del nostro blog ci ha segnalato l’iniziativa e non possiamo che provare disagio per come si sta provando a utilizzare la scuola, come volano e grimaldello per assumere una posizione di monopolio per tutto quello che ruota attorno agli acquisti della scuola.
“Un click per la scuola”, è l’iniziativa in questione promossa da Amazon, promette di destinare una percentuale dei propri acquisti all’istituto scelto in precedenza, credito che la scuola può utilizzare per acquistare materiale sempre all’interno del negozio virtuale.
Il sindacato dei librai e cartolibrai ha scritto, nel dicembre scorso, una lettera all’allora ministra Azzolina (QUI il link) per denunciare atteggiamenti volti a favorire gli acquisti sulla piattaforma statunitense, un marketing studiato che costringe i dirigenti scolastici ad essere vittime e allo stesso tempo carnefici.
Mantenendo il focus sul singolo plesso scolastico passiamo ora ad analizzare più fattori che operano contemporaneamente e che rendono la situazione molto preoccupante.
Amazon sfrutta quanto è stato fatto dai governi che si sono susseguiti da almeno da 20 anni a questa parte: tagli.
Se prendiamo un articolo dal sito www.Lumsanews.it è facile notare come l’Italia dal 2008 in poi ha tagliato i fondi sulla scuola in maniera costante e risulta essere una delle nazioni che investe meno sull’istruzione e sul futuro dei nostri figli. Nella legge di bilancio viene destinato un incremento di 113 miliardi nel 2020 ma al contempo, nel biennio successivo, viene prevista una diminuzione di ben 4 (quattro) miliardi di euro.
Senza andare troppo nel particolare dei numeri è fin troppo facile capire che le scarse risorse messe a disposizione per la scuola, rendano la vita pressoché impossibile a quei dirigenti che vogliano garantire una buona scuola ai propri studenti.
Al contempo, concedere il privilegio ad una multinazionale di operare in questo modo, permette alla stessa di assumere una posizione dominante che stritola i piccoli librai e le piccole cartolibrerie che operano sul territorio.
Ravenna in Comune si è già espressa sulla questione della concorrenza sleale che Amazon ha su tutto il territorio italiano: tasse pressoché inesistenti, se messe in confronto con le botteghe e con i negozi tradizionali, condizioni di lavoro tutte da verificare e dispersione di ricchezza che, anziché rimanere sul territorio, migra verso le tasche di Mr. Bezos.
Non vorremmo che i genitori dovessero scegliere tra il proprio posto di lavoro, la serranda del proprio negozio alzata o abbassata, o la cultura e la preparazione del proprio figlio.
Noi di Ravenna in Comune facciamo un caloroso appello a tutte le categorie in ballo: chiediamo ai dirigenti scolastici di non accettare i finanziamenti che creeranno dolore e povertà tra i commercianti, anzi chiediamo a chi gestisce le scuole di unirsi alle nostre rivendicazioni per una scuola pubblica, che possa sostenersi solo sul denaro pubblico, per essere libera da qualsiasi speculazione o atto di marketing feroce.
Chiediamo alla giunta e al sindaco Michele de Pascale di unirsi alla nostra battaglia e che operi nelle sedi istituzionali per incrementare i fondi per le scuole pubbliche.
Infine, soprattutto, chiediamo a tutti i cittadini di favorire un commercio fatto di passione, impegno e sudore, chiediamo di incentivare il commercio a km 0, il commercio della porta accanto.
Ravenna in Comune è e sarà sempre dalla parte della pubblica istruzione libera da vincoli e da qualsiasi forma di interessi economici.
[nella foto: uno sciopero dei “driver” che lavorano per Amazon a Milano due anni fa]
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