Un articolo uscito su Il Sole 24Ore sabato scorso è stato dedicato a Ravenna: “Ravenna, hub dell’energia pulita” è intitolato. Decisamente una buona notizia se le “energie pulite” del titolo si limitassero ai parchi solari ed eolici del progetto di Qint’X e Saipem. Ma sarebbe davvero troppo bello scoprire che il quotidiano espressione di Confindustria (e quindi la posizione delle associazioni degli industriali italiani) si è convertita alle energie rinnovabili. Infatti non è così. La parte del leone nell’articolo la fanno gli investimenti ENI nel progetto di cattura e stoccaggio della CO2: “il più grande hub per la CO2 del mondo” nelle parole di Descalzi in un’intervista proprio a Il Sole 24Ore dell’estate scorsa. Il progetto della più grande “discarica di CO2 al mondo” l’abbiamo ribattezzata noi di Ravenna in Comune fin dal primo momento. E non solo noi a dire il vero. Dall’estate si sono susseguite prese di posizione contrarie da parte del movimento dei Fridays for Future, di Legambiente, di Greenpeace, di altre associazioni ambientaliste, di molte forze politiche… Vi è un vero e proprio coordinamento delle azioni di contrasto attraverso la messa in rete dei diversi comitati nel raggruppamento “Per il clima, fuori dal fossile”.
Stupisce pertanto leggere nel seguito dell’articolo un’intervista al Sindaco di Ravenna che sembra dimenticarsi di tutto questo. Riportiamo lo stralcio dell’articolo con l’intervista:
“c’è il fatto, non scontato, che nel Ravennate i piani di Eni e Saipem hanno messo d’accordo tutti. Istituzioni locali, aziende, sindacati. Nessuna protesta. «Nel nostro programma contro i cambiamenti climatici abbiamo già inserito i due progetti – conferma il sindaco Michele de Pascale -. Parliamo di una partita che è sempre stata gestita all’unanimità. Non si sono costituiti comitati cittadini, come in altre parti d’Italia, per bloccare le opere. La popolazione, qui, ha una storica cultura industriale, è vocata all’innovazione. E il Comune ha sempre agito come soggetto propulsore». Una sponda istituzionale forte abbinata al know how”.
Da ieri giungono comunicati di associazioni e partiti che non si riconoscono nelle parole del Sindaco. Anche Ravenna in Comune, naturalmente, resta contraria ai tentativi dei padroni del fossile di bruciare (letteralmente) il nostro futuro. L’idea alla base dell’operazione CCS (Carbon Capture and Storage) è quella di continuare come prima a bruciare energia fossile per un lungo periodo chiamato transizione, raccontando però che la CO2 emessa va sottratta dal computo perché non dispersa nell’atmosfera. Noi pensiamo che il futuro, anche la capacità di creare lavoro per Ravenna, sia nelle rinnovabili e che ogni azione tesa a rinviare questo momento rischi di farci sprecare risorse, posti di lavoro e anche chance di sopravvivenza. Proprio per questo siamo d’accordo con il Sindaco quando dice che a Ravenna ci deve essere una vocazione all’innovazione. Accettare la discarica di CO2 come predica de Pascale, però, vorrebbe dire proprio tradire questa vocazione.
#MassimoManzoli #RavennainComune #Ravenna #CO2 #CCS #rinnovabili #fossili
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Ravenna hub dell’energia pulita
con gli investimenti di Eni e Saipem
Da un lato c’è Eni, con un maxi-piano da 2 miliardi per la cattura e il riutilizzo dell’anidride carbonica. Dall’altro lato, c’è Saipem, con un parco eolico dotato di 56 turbine e un impianto fotovoltaico galleggiante, il primo di taglio commerciale nel mare Adriatico, con una potenza complessiva di 550 MW: una operazione da un miliardo, con lo sviluppo di soluzioni integrate per la produzione di idrogeno. Per entrambi i progetti il 2022 sarà l’anno della svolta, con la partenza dei lavori.
E lo sarà anche per Ravenna, sito ideale. Non solo per la sua ampia disponibilità di grandi giacimenti naturali che hanno contenuto gas naturale per milioni di anni e che ora possono essere riconvertiti, mantenendone attivi solo un piccolo numero per l’iniezione di anidride carbonica. Il distretto romagnolo, infatti, è ricco di impianti e infrastrutture onshore e offshore. Dispone di un grande porto commerciale, di collegamenti ferroviari. Soprattutto può mettere al servizio di Eni e Saipem una filiera di elevate competenze, capace di contribuire in modo decisivo al traghettamento del Paese verso la decarbonizzazione.
«Con questi progetti le nostre aziende hanno la possibilità di aprirsi nuovi spazi di mercato» dice Franco Nanni, presidente di Roca, l’associazione alla quale fanno capo una cinquantina di aziende del polo dell’oil&gas. Un distretto che oggi non nasconde le proprie difficoltà. Negli ultimi anni alla crisi petrolifera si sono aggiunti lo stallo dovuto allo stop alle trivelle e poi la pandemia, che ha bloccato le commesse all’estero, ridimensionando i numeri attesi per il 2020. «All’inizio dell’anno avevamo previsto oltre 1,6 miliardi di fatturato – spiega Nanni – ma a causa della crisi pandemica, che ha bloccato i cantieri dove siamo presenti nel mondo, abbiamo chiuso il primo semestre con 600 milioni. Una impasse che ha portato alla perdita di circa un migliaio di posti di lavoro: oggi siamo a quota 4.500 operatori». Ma proprio l’alta specializzazione delle aziende del polo romagnolo, molto richiesta all’estero (si va dall’Africa al Sudamerica al Nord Europa) è diventata adesso il fattore chiave per fare del Ravennate un hub nazionale dell’energia.
«Quest’area ha un alto potenziale – spiegano da Eni – per catturare e stoccare da 300 a 500 milioni di tonnellate di anidride carbonica. E abbiamo già individuato i giacimenti idonei per l’iniezione in profondità della C02. E stiamo solo aspettando la conclusione degli iter autorizzativi». A Ravenna, del resto, ci sono le tecnologie più avanzate. Come quella utilizzata dalla storica Fratelli Righini (80 dipendenti), che ha messo a punto un sistema di livellamento idraulico che serve per posizionare le piattaforme eoliche in mare. «Sistema che stiamo installando in Scozia – spiega l’amministratore delegato Renzo Righini – e che è molto richiesto nei Paesi del Nord Europa e nel Sud-Est asiatico». Poi c’è il fatto, non scontato, che nel Ravennate i piani di Eni e Saipem hanno messo d’accordo tutti. Istituzioni locali, aziende, sindacati. Nessuna protesta. «Nel nostro programma contro i cambiamenti climatici abbiamo già inserito i due progetti – conferma il sindaco Michele De Pascale -. Parliamo di una partita che è sempre stata gestita all’unanimità. Non si sono costituiti comitati cittadini, come in altre parti d’Italia, per bloccare le opere. La popolazione, qui, ha una storica cultura industriale, è vocata all’innovazione. E il Comune ha sempre agito come soggetto propulsore». Una sponda istituzionale forte abbinata al know how.
Eni, che si è da poco aggiudicata un bando nel Regno Unito per la realizzazione di un’area di stoccaggio dell’anidride carbonica, qui ha puntato le sue carte. I giacimenti dell’offshore antistanti la costa saranno dedicati soltanto allo stoccaggio, per contribuire alla sostenibilità della produzione industriale nell’intera regione. Con un intervento ben diverso da quella tecnologia chiamata “recupero assistito” che è stata utilizzata soprattutto in passato, negli Stati Uniti: l’iniezione di CO2 veniva utilizzata per incrementare la produzione di idrocarburi liquidi di giacimenti ancora attivi.
Poi c’è Saipem – il colosso nel settore della prestazione di servizi per il settore petrolifero, specializzato nella realizzazione di infrastrutture per i giacimenti di idrocarburi e nella produzione di oleodotti e gasdotti – che si sta orientando sempre di più verso il green. Attraverso la divisione Xsight, dedicata all’ingegneria concettuale, Saipem parteciperà allo sviluppo del un parco eolico in partnership con due aziende del luogo. Una è Agnes, che si è occupata di tutto il processo autorizzativo. L’altra è Qint’x (energie rinnovabili). «Abbiamo già completato l’iter di presentazione della documentazione necessaria ai ministeri dello Sviluppo economico e dei Trasporti – spiega Francesco Balestrino, product manager di Xsight -. Per realizzare l’opera prevediamo due o tre anni di tempo, coinvolgendo le aziende del territorio». Saranno due i siti al largo di Ravenna, uno intorno alle otto miglia, con il solare flottante e il parco eolico. Il secondo a 12 miglia, a cavallo delle acque internazionali. La visibilità dalla costa sarà quindi molto bassa. L’eccesso di energia potrà essere utilizzato per produrre idrogeno green , attraverso gli elettrolizzatori installati sulle piattaforme oil&gas. «Un grande vantaggio è costituito dal fatto che potremo fare leva su una filiera corta – aggiunge Balestrino – per razionalizzare i costi. E saremo tra i primi in Europa per la produzione di idrogeno offshore».
Natascia Ronchetti
Fonte: Il Sole 24Ore del 16 gennaio 2021
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Ambientalisti contro il sindaco: “Scelga se sostenere Eni o la lotta ai cambiamenti climatici”